L’unicità del formaggio sta nelle caratteristiche del suo territorio, di cui scrisse anche Virgilio nell’Eneide: merito delle sorgenti sulfuree di quest’area in Irpinia
Nel cuore dell’Irpinia, in provincia di Avellino, c’è un luogo raccontato anche da Virgilio, nel libro settimo dell’Eneide. Una valle, scriveva il poeta mantovano, caratterizzata da “oscure selve”, da “un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade” e “che fa spelonca orribile e vorago onde spira Acheronte”.
Quel luogo è la valle d’Ansanto e, abbozzando una parafrasi senza alcuna velleità letteraria, possiamo interpretare quella descrizione con la Mefite di Rocca San Felice, un piccolo lago alimentato da pozze sulfuree, che ribolle a seguito delle emissioni di gas provenienti dal sottosuolo.
È in quest’angolo della Campania, e più precisamente in Località Carmasciano (nei Comuni di Sant’Angelo de’ Lombardi, Rocca San Felice, Guardia de’ Lombardi, Frigento e Villamaina) che nasce il pecorino di Carmasciano, appena diventato un nuovo Presidio Slow Food.
I sentori di zolfo, il marchio di fabbrica del Carmasciano
Il pecorino di Carmasciano è particolare per due ragioni, spiega Angelo Lo Conte, fiduciario della Condotta Slow Food Irpinia Colline dell’Ufita e Taurasi: «La prima sono le caratteristiche esalazioni di zolfo che, entrando nel circolo della crescita delle erbe spontanee e quindi dei foraggi di cui si nutrono le pecore, si riscontrano anche nel latte e i cui sentori si ritrovano pertanto anche nel formaggio».
La seconda ragione riguarda invece gli animali: «Le pecore sono di due razze differenti, chiamate laticauda e bagnolese, entrambe tipiche dell’Irpinia» prosegue Lo Conte. La prima, che deve il nome alla sua caratteristica coda larga, è a sua volta un Presidio Slow Food; la seconda, invece, è inclusa nell’Arca del Gusto di Slow Food, il progetto con cui la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus segnala le specie vegetali e le razze animali che rischiano l’estinzione.
Serve insomma dare una scossa, provare a innescare un circolo virtuoso che rianimi l’economia della zona. Il pecorino può aiutare, anche se la sua lavorazione dura soltanto il periodo del pascolo, cioè tra dicembre e luglio: «Quest’area dell’Irpinia non è un ambiente dove l’industria si incastona bene – sostiene Annamaria Rosamilia, referente dei produttori – L’unica via di uscita, forse, è proprio fare qualcosa che dia valore al territorio». A partire dal pecorino, ma senza fermarsi qui.
Il Presidio è sostenuto dalla Condotta Slow Food Alta Irpinia e dalla Condotta Slow Food Valle dell’Ufita e Taurasi, grazie al contributo del Premio Rita Abagnale.
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Marco Gritti – m.gritti@slowfood.it press@slowfood.it