Il giorno del 27 aprile 2020 resterà nella mente di tutti noi, senza alcun dubbio, per la sua singolarità: l’impossibilità di fare memoria di Aldo Iermano, Raffaele Delcogliano e Tiziano Della Ratta insieme a tutti coloro che, negli anni, avevano contribuito a rendere importante questa data è stato un elemento unico e, speriamo, non ripetibile. Ma vogliamo comunque sottolineare la bellissima  e massiva partecipazione che abbiamo riscontrato e condiviso. Abbiamo creato un prato meraviglioso di petali di speranza con le tante foto pubblicate e ricevute. Attraverso gli elaborati dei ragazzi abbiano provato  ad alimentare  l’importanza di essere sentinelle sul territorio contro reati ed atteggiamenti corruttivi. La bellezza della trasversalità generazionale che si incontra, seppure virtualmente, uniti dalla responsabilità della memoria.

Ci auguriamo, d’altro canto, di non ricordare questo giorno anche come la data in cui si è permessa la scarcerazione di molti boss della criminalità organizzata. In questi giorni, infatti, è importante che lo Stato, attraverso il Ministero della Giustizia e, in particolare, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non permetta ai detenuti che si sono macchiati di gravi reati, di stragi per cui ancora oggi la memoria è viva nella carne del Paese, di poter utilizzare l’emergenza sanitaria per chiedere l’esecuzione della pena al proprio domicilio, e quindi ritornare negli stessi territori che hanno dominato, esponendoli alla possibilità di nuovi insediamenti e nuove infiltrazioni. 

Don Luigi Ciotti è intervenuto sul tema, affermando: “Che le mafie siano pronte a trarre profitto dalla crisi socio-economica non prodotta ma certo aggravata dall’emergenza sanitaria, lo denunciamo da tempo. Ma che sia lo Stato stesso a offrire loro opportunità di ricchezza e potere è davvero inaccettabile. Sì, perché va in questa direzione anche il permesso concesso ad alcuni boss mafiosi di commutare il regime carcerario del 41-bis in arresto domiciliare”. Chiediamo, perciò, ha concluso il presidente di Libera, “di porre al più presto rimedio al provvedimento scellerato che trasforma la detenzione al 41-bis dei boss mafiosi in arresti domiciliari”. 

È bene che lo Stato ponga rimedio proprio per rafforzare la memoria: il non arretrare rispetto alla lotta contro le mafie lo dobbiamo, infatti, soprattutto ai familiari delle vittime di mafie, la maggioranza dei quali non conosce ancora la verità sulla morte dei loro cari e non ha avuto una risposta di giustizia e verità, che, invece, un comportamento collaborativo da parte di alcuni soggetti appartenenti ai vari clan mafiosi, avrebbe potuto facilitare.

La memoria rafforza l’impegno e, in un momento così decisivo, è importante che tutti, anche le Istituzioni, facciano la propria parte.

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