Classico è qualcosa che ci sta sempre davanti, come sostiene il filosofo Martin Heidegger. Non dietro, alle nostre spalle, lontano nel tempo e nella memoria, ma vivo e attuale.  E’ tutto il corpus di conoscenze, sedimentate nella mente e nella cultura dei popoli, che determina il nostro modo di essere, di agire ed interagire con il mondo, che dà significato alla realtà esteriore ed interiore di ciascuno di noi e da cui non possiamo assolutamente prescindere se non vogliamo smarrire la nostra essenza più autentica  e profonda.

Lo studio dei classici, il liceo classico, non è, perciò, una storia obsoleta,  appartenuta ad altri, ammuffita in libri polverosi, che interessa solo qualche nostalgico accademico , ma costruzione del nostro essere, conoscenza delle dinamiche  che muovono l’agire umano, conoscenza del nostro mondo, di tutto ciò che abbiamo pensato, ideato e costruito, con cui interagiamo, anche inconsapevolmente, in ogni momento della nostra vita. 

Classico è un qualcosa di unitario.  Non contrappone una disciplina ad un’altra disciplina , un sapere ad un altro,  ma li contempera entro una visione sistemica, dentro una realtà unitaria. L’universo è come un grande dado che rotola sul tappeto dell’infinito: ogni disciplina è solo una delle sue facce. Prendere consapevolezza di questa verità, dell’unitarietà produttiva dei saperi, è lo scopo del Liceo Classico. 

Nel mondo classico non c’è antitesi tra discipline umanistiche e scientifiche; questa impostazione dicotomica è frutto più della riforma Gentile che dell’effettivo  “clima culturale” dell’età classica. La sola distinzione che si potrebbe individuare per l’età classica è quella tra la ricerca dei principi primi e lo sviluppo di scienze particolari, ma le forme di sapere non rappresentano altro che facce di una stessa episteme.

Ritornare all’impostazione originaria, che tanta fecondità di pensiero e di scoperte ha generato, è la sfida che il Liceo Classico deve accettare per il suo futuro e quello della formazione delle future generazioni.

Lucio Russo  nella sua “ La rivoluzione dimenticata” sostiene la tesi che gli antichi siano i veri precursori, i veri  autori della scienza e che la “scientia” costituisce un unicum: attraverso la lettura delle opere di matematici, astronomi, fisici e letterati del mondo antico, si dimostra come molte intuizioni del passato siano oggi i paradigmi della nostra realtà…

Se non c’è frattura tra ambito umanistico e ambito scientifico, non ci devono essere barriere tra  il dentro, il “classico” e il fuori, “il moderno”, fra il “sano”, la classicità secondo la visione di Goethe, e il  “malato”, l’età moderna..

Inglobare in un’unica realtà culturale questi due momenti, renderli partecipi, ognuno con le proprie peculiarità, della crescita personale , culturale e civile di ogni studente, è il fine concreto del nostro Liceo classico.

Angelo Mancini

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