
Cosa desidera maggiormente un uomo se non il potere sugli altri e sulle cose? L’onnipotenza di avere il destino degli altri e del mondo nelle proprie mani? La convinzione profonda di essere il signore della vita e della morte?
Che cosa è, allora, il potere, questo desiderio di potenza così spasmodicamente ricercato da taluni?
E’ un fenomeno essenzialmente sociale, di relazione: per esercitare potere bisogna che si sia almeno in due.
Possiamo, allora, definire potere quella possibilità che qualcuno ha di agire sugli altri senza che questi ultimi reagiscano nei suoi confronti pur avendone le possibilità.
Al potere di qualcuno corrisponde, allora, l’impotenza di uno o di molti.
Un potere siffatto non si basa sulla forza, sulla coercizione, sulla minaccia, sul ricatto, non va confuso con la dimensione della dominanza che richiede sottomissione, ma sulla capacità da parte di uno di instillare convinzioni profonde e durature in un altro individuo in modo che quest’ultimo accetti senza riserve mentali un sistema di valori, di visione della realtà e di azione sociale.
Il vero potere, allora, è quello della parola, l’unico elemento umano che ha la capacità di modificare nel profondo, ed in modo inconsapevole, la psiche e l’anima di un individuo. E’ il mantello del sapiente, oggi passato sulle spalle di maghi, di santoni, di ideologi delle tantissime sette e gruppi identitari che pullulano questo vasto mondo, imbonitori di attese e speranze fideistiche e di visioni nichiliste della realtà.
La loro abilità è essenzialmente quella di aggirare la sfera razionale del soggetto e di arrivare al disagio profondo, emozionale, dell’individuo, alle sue paure ataviche, individuandone il nemico esterno responsabile e di rimotivarlo alla rimozione del malessere eliminando la causa stessa.
Le parole disegnano una realtà ideale, modellano identità, fiducia e obbedienza cieca in questi demagoghi della parola, in questi maghi della manipolazione profonda dell’essere, veri signori della vita e della morte, capaci di dare senso a quel bisogno di significato di cui è privo il mondo reale, giudicato avverso e pericoloso.
Un nemico da abbattere, un universo ostile da rimodellare e una prospettiva fideistica di felicità e di assenza di ogni tensione sono gli ingredienti verbali, l’armamentario semplicistico ma efficace di questi illusionisti della parola, manipolatori abili di coscienze culturalmente deprivate e socialmente emarginate.
Sul disagio e sull’assenza di una capacità culturale di lettura della realtà, ieri come oggi, si governa.
Angelo Mancini