La conoscenza è il nostro peccato originale, quello vero, quello che realmente trasmettiamo alle future generazioni; è la “colpa” che ha portato una creatura del creato a considerarsi creatore del proprio mondo, del proprio destino, della propria sorte.
La conoscenza non è solo quella razionale consapevolezza del proprio posto nella natura, ma la tentazione, il desiderio, la capacità, la volontà di ripensarla, di modificarla, di decostruirla e ricostruirla partendo dai suoi elementi stessi.
La storia umana è la storia di queste infinite fratture e ricostruzioni di equilibri sempre più sofisticati e complessi. Non c’è mai stato, nè mai ci sarà, un ritorno “sic et simpliciter” a stati, momenti precedenti della nostra storia, un ritorno a quel mitico paradiso terrestre perduto, ma sempre vagheggiato, per la semplice ragione che nessuno vuole ritornare a quello stato di indistinzione , di semplice percezione sensibile, di perdita dell’Io che è la caratteristica fondamentale dello stato di natura.
Chi sogna tale età mitica si prepari a mangiare le ghiande, a trovare riparo in qualche caverna e a vivere all’incirca trenta anni.
Il desiderio, allora, di un ritorno a quella purezza naturale che abbiamo distrutto, ad un passato armonico con la natura impossibile da ritrovare, è la risposta utopistica al tempo della scienza e della tecnica che stiamo vivendo e che sembra dominare e sovrastare i suoi stessi inventori.
Più che di minor tecnica abbiamo bisogno di maggiore Humanitas, di sentirci non solo “colpevoli” verso le nuovissime e future generazioni per le invenzioni, scoperte e innovazioni, ma di saperle gestire in modo responsabile e positivo per quel sistema Io-Mondo che l’uomo ha costruito.
E’ la mancanza di umanità, di consapevolezza e responsabilità, e non l’eccesso di tecnica che è alla radice del malessere dell’uomo moderno. La tecnica è neutra; l’uomo la rende positiva o negativa attraverso il grado di humanitas presente in lui.
Oggi, però, ci si chiede un atto di contrizione, di senso di colpa collettivo frutto di una visione apocalittica e catastrofica del futuro e di una mancanza di fiducia nel genere umano. Bisogna rispondere con un gesto di fiducia collettivo nei confronti dell’uomo, della sua intelligenza, della sua sensibilità, della sua creatività, della sua inventiva, del suo essere uomo nell’accezione più potente, più alta, più rivoluzionaria che ci possa essere.
Nessuno è innocente, nessuno ruba o ha rubato un futuro che siamo chiamati a costruire insieme attimo dopo attimo, generazione dopo generazione.
Angelo Mancini