Amo passeggiare per le strade di Telese. Spesso lo faccio per andare a prendere il caffè. Lo trovo il modo migliore per staccare la spina dal lavoro, per ritemprare lo spirito. Partire e poi ritornare. Non è lungo il viaggio, ma profondo. Mi consente di andare indietro nel tempo. Nelle strade, nelle piante, nelle pietre, nei corsi d’acqua, nei portoni di questo paese è impressa buona parte della memoria della mia esistenza. Risuonano ancora le voci degli amici di un tempo. Risuonano perché sono eterne. Per il semplice fatto di averle ascoltate una volta, non possono essere venute dal nulla e non possono andare nel nulla. Circondate dal nulla sarebbero esse stesse nulla. Invece sono voci chiare, inequivoche. Dunque eterne. E così pure risplendono – eterni – i sorrisi delle persone scomparse. Vivono anch’essi nello spirito e nelle cose della nostra città solfurea.
Il viaggio…tra le righe del telesino Mario Alterio non è nient’altro che una passeggiata in solitaria per le strade di Telese. Una sosta in un pomeriggio di lavoro. È un intendere voci impresse nelle pietre cadenti dei Bagni vecchi e sorrisi che risplendono nelle acque dei Tre colori. Non è per caso che Mario Alterio – uno di quei miei amici di infanzia di cui sento ancora nitida la voce – ha deciso di accoppiare le parole dell’anima alle immagini rarefatte di Telese. Lo ha fatto perché le parole che battono nel suo petto sono le stesse parole che ha ascoltato un tempo e che oggi risente echeggiare potenti nei luoghi che attraversa con i suoi passi. C’è stato un tempo, / un tempo in cui ho amato, / o, perlomeno, non so, / ci ho provato. / Un tempo, / non saprei, / a dir poco smisurato. / Un tempo / in cui tutto / compariva illimitato. Ed è al passato che Mario Alterio guarda per conoscere se stesso e per creare il futuro. Il passato è l’unica realtà che possiamo conoscere e la poesia è la forma di conoscenza più alta. Egli è consapevole che ogni piccolo ricordo […] è indelebile e non si può lavare. La forma musicale della poesia di Mario Alterio è sostanza, è interiorizzazione e concettualizzazione del silenzio, autoironia. Ho scelto il silenzio / perché è il mio migliore nemico […] perché nonostante tutto / è sempre il solo unico presente / che veramente ha capito.
La silloge si compone di trentatre poesie. Anche il numero non è casuale. Segue la logica del sacro, quale dimensione immanente alle nostre vite. Il sacro di Mario Alterio è però panteismo, volontà e capacità di riconoscere dio in ogni manifestazione della natura e dell’uomo. Anche nella donna a ore, e in chi la cerca […] perché […] si è perso e si vuole trovare oppure nel bambino appena nato oppure ancora in chi è senza bandiera, / senza filiera, / senza timbro / e / senza cerniera.
Consiglio di acquistare e leggere questo libro di poesie – edito dalla casa editrice casertana Brignoli con prefazione di Maria Grazia Porceddu e introduzione di Anna Paola Tantucci, Reodolfo Antonio Mongillo – perché ha il valore di una bella e ritemprante passeggiata pomeridiana. Di quelle passeggiate in cui sogni di poter tornare indietro nel tempo oppure ti avvedi che in fondo il tempo è solo un’illusione da smascherare nella gioia della parola.
Alessandro Liverini

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