
Se è facile comprendere perché San Barbato sia il patrono di Castelvenere e San Menna Eremita patrono di Vitulano ( ci sono nati in quei paesi) o intuitivo perché San Lorenzello e San Lorenzo Maggiore abbiano scelto San Lorenzo Martire come santo protettore, così come pure San Lupo abbia San Lupo di Troyes, un po’ più complicato è capire quali motivazioni, quali miracoli, quale “voto” da sciogliere abbiano indotto gli altri paesi a mettersi sotto la tutela proprio di quel Santo piuttosto che di un altro.
Se prendiamo in considerazione i 78 comuni che formano la provincia di Benevento troviamo che il più presente è San Nicola di Bari con 12 comuni di cui è protettore (13 se inseriamo anche Massa di Faicchio), segue Sant’Antonio da Padova con 6 comuni, San Giovanni Battista con 5, San Giorgio con 4, San Rocco con 3 e così via.
Cinque Madonne, invece, e due sole Sante, Sant’Anna ad Apollosa e Santa Giuliana a Frasso Telesino.
A volte era il Signore di un territorio, devoto a qualche Santo in particolare, che faceva erigere una chiesa, una cappella introducendo e, in qualche modo, imponendo un particolare culto, altre volte le circostanze sono state del tutto diverse.
Molto plausibilmente la scelta di San Filippo Neri da parte della comunità di Guardia Sanframondi si deve all’influenza e all’autorevolezza di padre Marzio Picccirilli nato a Guardia nel 1598. Padre Piccirilli, dopo essere stato ordinato sacerdote e aver frequentato i filippini di Roma, torna a Guardia, dove diventa arciprete, e diffonde il culto del santo “della gioia” e della semplicità tanto che San Filippo nel 1626 (a soli 4 anni dalla sua canonizzazione) viene già proclamato protettore di Guardia.
Padre Marzio, nonostante le avversità di alcuni notabili del paese, prosegue l’opera di carità verso i suoi concittadini finché riesce a fondare a Guardia, nel 1638, uno dei primi Oratori filippini. (Fonte: Luigi Rotondi)
Con l’arrivo dei longobardi nel sud Italia ed il conseguente scontro con i bizantini, si stabilì una sorta di scontro anche tra Santi. Tra San Michele Arcangelo, molto venerato dai Longobardi a causa del richiamo che quel Santo guerriero, raffigurato con la spada che scaccia il diavolo, aveva con la cultura e con i miti del popolo del nord convertitosi al cristianesimo, e San Nicola di Bari protettore dei bambini (dal quale nasce il mito di Babbo Natale), vescovo greco di Myra (odierna Turchia) espressione della cultura e religiosità dell’Impero Romano d’Oriente (San Nicola è tuttora venerato come Santo anche dagli Ortodossi).
Ad Amorosi, che fu fiorente durante il periodo longobardo in quanto punto di passaggio tra Telesia ed il Volturno, attecchì il culto di San Michele per cui la consacrazione del paese all’Arcangelo si perde nella notte dei tempi e può essere considerato culto di “antica tradizione”. Una chiesa a lui dedicata forse esisteva già nel IX secolo, probabilmente c’era nel 1100, sicuramente nel 1308.
E’ legato ad un miracolo ben documentato invece, che allora ebbe grande risonanza popolare, la scelta di S. Antonio come patrono principale di Cerreto Sannita. Nel 1721 il piccolo Giovan Camillo Rosati, divenuto muto a causa di una malattia, espresse il desiderio, tramite un bigliettino, di baciare il cristallo posto sul petto della statua d’argento di S. Antonio.
Eseguita la volontà, il giovane riacquista rapidamente la parola ed il fatto viene celebrato come un grande miracolo con esposizione eccezionale della statua al pubblico e persino un notaio chiamato a ratificare l’evento. Permanendo forte la devozione popolare, questa spinse pochi anni dopo, nel 1731, con il miracolato in vita, il vescovo Francesco Baccari a proclamare formalmente S. Antonio patrono del paese. (Fonte: Adam Biondi da R. Pescitelli).
E’ datata Intorno al 1760 la proclamazione di San Nicola di Bari come protettore di Cusano Mutri. Fermo restando che il culto del vescovo Barese era presente nella comunità già dal VIII secolo, confermato dalla presenza di una chiesa a lui dedicata ancora nel 1100, intriganti sono i possibili retroscena che portarono all’individuazione del Santo. All’epoca Cusano contava tre parrocchie due più grandi e ricche gestite dai francescani, San Pietro e San Giovanni, ed una più piccola quella di San Nicola appunto, centrale nel paese, gestita dai domenicani ma più povera anche se considerata chiesa di rappresentanza.
Quando nello stesso periodo, a seguito di contrasti di potere e per il suo progressivo impoverimento, la chiesa di San Nicola perse la giurisdizione di parrocchia venendo annessa a quella di San Giovanni, vi fu una sorta di riparazione nella scelta di San Nicola come protettore ristabilendo gli equilibri interni al paese. (Fonte: Vitoantonio Maturo).
A Solopaca il culto di San Martino di Tours ha origini, probabilmente, nell’epoca normanna. Una chiesa con il suo nome esisteva nel 1400. Mentre quella attuale, di stile barocco, è del 1700. Non desta nessuna meraviglia che il vescovo francese, patrono degli osti e dei vendemmiatori, sia stato scelto dai solopachesi, da sempre produttori di vino, come loro protettore. L’innalzamento di San Martino a patrono risale proprio al XVIII secolo, prova ne è che il parroco di quella chiesa da allora in poi venne nominato direttamente dal Re di Napoli e non più dal Duca come per le altre parrocchie. Tra i motivi determinanti di certo contribuì anche il fatto che a Solopaca è custodita una preziosa reliquia del Santo, un pezzo del suo osso occipitale. (Fonte: Antonio Iadonisi).
Molto complessi sono stati gli avvenimenti che hanno condotto San Leucio di Alessandria, vescovo di Brindisi, a diventare patrono di San Salvatore Telesino. Si sa che una sua statua lignea fu trovata in un rudere tra gli scavi di Telesia. Ma fino al XVII secolo il suo culto non è documentato nel paese. E’, infatti, del 1674, consultando i registri della parrocchia, il primo nascituro di nome Leucio, come pure prima di allora nella chiesa non esisteva un altare a lui dedicato.
Che successe? Dopo il terremoto del 1349 e lo spopolamento di Telesia, i superstiti andarono a formare altre comunità tra le quali il Casale, posto allora alle dipendenze della potente Abbazia del Santissimo Salvatore. Con gli anni il Casale aumentò di popolazione e di importanza e cominciò ad avvertire l’esigenza di diventare indipendente. Il caso volle che durante la grande peste di Napoli del 1656 il Casale venne quasi risparmiato dal flagello, i suoi abitanti, suffragati dal vescovo, vollero attribuire al Santo tanta benevolenza eleggendolo a loro protettore con somma irritazione dei benedettini dell’Abbazia. Fu il primo passo per distaccarsi dalla sottomissione ai monaci e diventare, di lì a poco, comune autonomo, comunque, però, con il nome di San Salvatore. Nel paese è tuttora conservata una reliquia del Santo: una falange di un dito. (Fonte: Emilio Bove)
E’ Legata agli avvenimenti della sua lunga e travagliata storia e alle sue conseguenze, la scelta, come pare quasi obbligata, di Santo Stefano Protomartire quale patrono di Telese Terme. Dopo il tremendo terremoto del 1349 che, insieme ad una della tante epidemie di peste, portò allo spopolamento ed alla distruzione della gloriosa città, restarono in piedi solo poche case e parte della cattedrale normanna, intitolata alla Santissima Croce e, successivamente, dedicata a Santa Maria della Trinità. Viene abbandonato allora anche il Convento dei Carmelitani, inoltre la sede vescovile, che risaliva al V secolo, dopo anni di peregrinazioni, viene trasferita nel 1612, a Cerreto.
L’inesorabile declino di Telese la porta ad essere abitata, come annota il vescovo Baccari nel 1724, da “circa trenta persone che vivono in una decina di casette fatte edificare, intorno al 1699, insieme alla chiesa di S. Stefano, dal Duca Bartolomeo Grimaldi”. Il Duca fece edificare la chiesa non tanto per generosità ma per mantenere su Telese i “diritti di fiere e mercati”. L’ edificio venne poi raso al suolo, non senza polemiche per il suo valore storico ed artistico, e sostituito dalla Nuova chiesa di Santo Stefano aperta ai fedeli nel 1959. E’ naturale che, essendo l’unico luogo di culto presente al momento dell’autonomia da Solopaca (1934), i telesini abbiano optato per (o confermato) il Protomartire come loro Santo protettore. (Fonte: Nicola Vigliotti- Telesia …Telese Terme, due millenni-1993)
Curiosamente per qualche secolo Telese è stata subordinata a Solopaca, prima sotto i duchi Grimaldi poi come frazione dagli inizi dell’1800, soggetta proprio a quel paese che i telesini stessi prima fondarono, in fuga a seguito del terremoto del 848, e che poi ripopolarono dopo l’altro terremoto del 1349.
E’ difficile avere notizie certe e precise sulla proclamazione di S. Antonio da Padova come patrono di Pontelandolfo, anche perché buona parte degli archivi parrocchiali andarono distrutti in un rogo durante i noti e tristi fatti che colpirono quel paese il 14 agosto del 1861. Comunque è sicuro che il Santo di origine portoghese venne acclamato protettore per volontà popolare dopo la costituzione della Universitas, intorno al 1540, essendo il nome diffuso già prima di tale data. Ma è solo nel 1774 che viene costruita una cappella a lui dedicata, all’interno della chiesa parrocchiale del S.S. Salvatore, con i conseguenti festeggiamenti del 13 giugno, durante i quali era uso donare pagnotte di pane ai poveri, e la relativa processione alla quale si partecipava a piedi scalzi. (Fonte: Renato Rinaldi).
Risale intorno al 1100 la venerazione della comunità di Massa di Faicchio per San Nicola di Bari. Lo stesso periodo in cui avvenne la cosiddetta traslazione delle sue reliquie da Myra a Bari. La leggenda racconta che al “prelievo” delle ossa del Santo abbiano partecipato, insieme ai marinai e ai preti baresi, anche alcuni monaci beneventani, cosa che contribuì molto alla diffusione del suo culto nella provincia. L’attuale chiesa di San Nicola a Massa è del XVIII secolo e sostituì quella cosiddetta di San Nicola Vecchio irrimediabilmente lesionata nel 1688. Ogni anno nel mese di maggio il vescovo di Bari invia nella vivace frazione di Faicchio una bottiglina di “manna” (il liquido miracoloso che si dice sgorghi dalle ossa del Santo), questa, mista ad acqua, viene distribuita ai fedeli perché considerata miracolosa per le malattie della gola e, soprattutto, per chi ha problemi di linguaggio: “L’acqua di San Nicola, raddoppia la parola”. (Fonte: Michele Di Leone- Massa, amata terra mia-2017).
Continua…forse…
Antonello Santagata