Per una di quelle strane, fortunate coincidenze che la storia si diverte a far capitare, alla fine dell’altro secolo nacquero nel Sannio diversi personaggi che sarebbero diventati illustri ed importanti medici e che avrebbero lasciato un segno nella storia dell’arte medica e non solo.
Tutti nello stesso periodo e nello stesso territorio, insomma il Sannio come una sorta di Firenze rinascimentale rapportata alla medicina.
Cominciamo dal più noto, dal medico-santo.
Giuseppe Moscati (Benevento 1880- Napoli 1927). Giovanissimo, appena laureato vinse il concorso di Assistente presso gli Incurabili. La sua vita professionale fu costellata di successi e riconoscimenti. Disinteressato ai beni terreni, dedicò la sua vita a curare i poveri che considerava “figure di Cristo”. Non prendeva denaro. All’ingresso del suo ambulatorio aveva posto un cesto con la scritta: “Chi ha metta, chi non ha prenda”. Morì prematuramente all’età di 47 anni. Sul registro delle firme ai funerali fu trovato, scritto da mano anonima: ”Noi piangiamo perché il mondo ha perduto un Santo, i malati poveri hanno perduto tutto”. Beatificato da Paolo VI nel 1975, fu canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1987.
Nel profondo Fortore, invece, ebbe i natali un precursore negli studi della psichiatria, all’epoca considerata una scienza del tutto nuova.
Leonardo Bianchi (San Bartolomeo in Galdo-BN 1848- Napoli 1927). Reputato un padre della moderna psichiatria, a soli 31 anni divenne professore all’Università di Cagliari. Insegnò poi a Palermo e Napoli dove fu anche Rettore. Molto noto e stimato al suo tempo, il suo “Trattato di psichiatria” fu considerato un punto di riferimento e di svolta in quella disciplina. Parlamentare della sinistra democratica per varie legislature, fu Ministro della Pubblica Istruzione nel 1905. Amico del Cardarelli e del Moscati, chiamò quest’ultimo accanto a sé nel momento della fine quando, lui ateo convinto, volle convertirsi.
Se, poi, vogliamo prendere il Sannio nella sua estensione storica, possiamo e dobbiamo ritenere sannita a tutti gli effetti anche il grande Antonio Cardarelli a cui sono intitolati il più grande ospedale del meridione a Napoli e l’ospedale di Campobasso.
Antonio Cardarelli (Civitanova del Sannio-IS 1831- Napoli 1927) è considerato il più grande clinico di sempre. Svariati segni clinici di varie malattie ancora portano ancora il suo nome. Ebbe fama e ricchezze in vita. Fu il medico di molte personalità del suo tempo (Vittorio Emanuele II, Umberto I, Garibaldi, Enrico Caruso, Papa Leone XIII, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce). Molti aneddoti raccontano della sua capacità di riconoscere malattie partendo da impercettibili segni, come quando diagnosticò la tubercolosi ad un’artista vedendola recitare al San Carlo. Parlamentare per sette legislature dal 1880 al 1904. Insegnò dal 1859 Medicina Interna all’Ospedale degli Incurabili e dal 1880 ebbe la cattedra di Patologia Medica alla Regia Università di Napoli che conservò fino all’età di 92 anni.
Altra particolare coincidenza è che questi tre luminari, che si conoscevano, si stimavano e collaboravano tra loro, morirono a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. A gennaio del 1927 scomparve Cardarelli assistito da Moscati e Bianchi, a marzo del 1927 moriva Leonardo Bianchi tra le braccia del suo amico Moscati (cosa unisse poi un massone e ateo come Bianchi ad un santo come Moscati, solo Dio lo sa!), e ad aprile dello stesso anno fu la volta del Moscati ad essere chiamato in cielo.
Moderno e innovatore per la sua dimestichezza con i mezzi di comunicazione, oltre che illustre medico, fu Gaetano Rummo, (Benevento 1853- Napoli 1917).
Formatosi in Francia tornò in Italia dove insegnò a Napoli, Siena, Pisa, Palermo e poi di nuovo a Napoli. Comprendendo tra i primi il potere della carta stampata, fu un vero pioniere del giornalismo medico fondando addirittura un quotidiano: “La riforma Medica”, luogo di confronto scientifico tra i migliori medici e ricercatori italiani dell’epoca. San Giuseppe Moscati collaborò al giornale come corrispondente in inglese e tedesco. Considerato un eminente clinico, era all’avanguardia nella comunicazione utilizzando, per le sue lezioni, fotografia e cinematografia. Fu eletto deputato al Parlamento per due legislature.
A Gaetano Rummo era, giustamente, intitolato “l’Ospedale Civile” di Benevento. Adesso, dopo l’accorpamento con il presidio ospedaliero di S. Agata dei Goti, con una scelta molto discutibile vista la levatura del grande medico, è stato rinominato, con tutto il rispetto, Ospedale San Pio.
In quel periodo in provincia di Benevento nacquero, per quella singolare coincidenza ricordata, molti altri grandi medici e scienziati. E’ il caso di ricordare tra essi:
Giovanni Pascale, (Faicchio-BN 1859-Napoli 1936). Oncologo e più volte senatore del Regno, docente di clinica chirurgica e generale medico durante la prima guerra mondiale. Fu il fondatore dell’omonimo Istituto napoletano per la cura e la ricerca sul cancro.
Domenico Capozzi, (Morcone-BN 1829- Napoli 1907). Fu il medico di re Ferdinando II di Borbone, molto stimato dagli allievi e dai colleghi, rifiutò la candidatura politica e la docenza all’università di Sassari volendosi dedicare al solo insegnamento presso gli Incurabili. Lasciò i suoi beni a ospedali e poveri.
Gennaro Ciaburri, (Cerreto Sannita-BN 1881-Bologna 1970). Medico e biologo, esperto di Medicina del Lavoro e di Veterinaria. Dedicò la sua vita alla lotta contro la vivisezione. Fondò nel 1931 l’Unione Antivivisezionista Italiana con sedi a Bologna, Napoli, Milano, Firenze e Palermo. In quello stesso anno, in pieno regime fascista, ottenne di far promulgare la prima legge italiana contro la vivisezione.
Carlo Tessitore, (Guardia Sanframondi-BN 1896-Banningville- Congo 1939). Allievo di Leonardo Bianchi e di Antonio Cardarelli. Specializzatosi in Malattie Tropicali, ebbe fama a livello internazionale tanto da essere nominato Medico di Stato nel Congo Belga. Morì, ironia della sorte, di malaria.
Tanti grandi medici nati nello stesso tempo a pochi chilometri di distanza uno dall’altro. Andrea Jelardi (vedi opera in bibliografia) ha definito questa eccezionale concomitanza come: “Scuola medica sannita del novecento”.
Per fortuna questa eccellete tradizione continua anche ai giorni nostri. Basta ricordare a titolo di esempio, tra tanti altri, due medici, molto noti, che si stanno egregiamente distinguendo anche se in campi della medicina molto diversi tra loro.
Antonio Iavarone (Benevento 1963), pediatra, oncologo e ricercatore. Dopo essere stato “costretto” ad emigrare negli Stati Uniti, insieme alla moglie anch’essa scienziata, insegna ora nella prestigiosa Columbia University di New York dove è a capo di un team che si dedica alla ricerca contro il cancro. Autore di rilevanti studi sui tumori cerebrali, recentissima è la loro scoperta del cosiddetto “motore dei tumori, un’alterazione genetica causa di molte neoplasie. Studi di una tale importanza che candidano seriamente lui e la sua squadra ad alti e prestigiosi riconoscimenti.
Conosciuto e apprezzato in tutta l’Europa sportiva è Alfonso De Nicola (San Lorenzello- BN 1959). Fisiatra e medico dello sport, è a capo dello staff medico della squadra del Napoli. Ha iniziato come medico sociale del Bari per poi continuare, dal 2005, curando gli acciacchi sportivi di Cavani e Lavezzi, di Higuain e Koulibaly. I numeri parlano dei suoi successi. Grazie alle attenzioni sue e del suo staff, i calciatori del Napoli sono da anni i meno infortunati d’Europa. Di recente ha avviato, in collaborazione con l’Università di Philadelphia, il primo studio al mondo sul DNA degli atleti volto a prevenire gli infortuni muscolari.
Antonello Santagata
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Bibliografia:
ANDREA JELARDI- “Giuseppe Moscati e la scuola medica sannita del novecento”- Ed. Realtà Sannita, Benevento 2004.
Da “Il pozzo dei pazzi” in: AA.VV. “Dieci medici raccontano” – Ed. Fiori di Zucca, San Salvatore Telesino 2018