Albrecht Dürer Veduta di Segonzano da Cembra 1494

I ruderi del più antico maniero presente in Valle Telesina, sono quelli, ancora visibili, del Castello di Limata (contrada Piana di San Lorenzo Maggiore).

Fu fatto costruire, nel VI secolo, dal capo longobardo Zottone I, fondatore del Ducato di Benevento e suo primo Duca, probabilmente perché il sito era di grande importanza strategica.

Posto vicino al fiume Calore, dominava l’intera vallata essendo centrale tra la zona di Benevento, di Montesarchio e di Maddaloni, e poteva controllare le comunicazioni ed il commercio provenienti anche dall’alifano e dal Molise. Il borgo di Limata, nei pressi del quale passava anche un ramo dell’antica via Latina, ebbe perciò un notevole sviluppo come centro commerciale e crebbe di popolazione. Importante ruolo che conservò anche successivamente, sia durante il periodo Normanno, come feudo e sede preferita dei Sanframondo, sia sotto i Carafa a partire dal XIV secolo.

Misteriosamente, però, nel 1539 Limata scompare dalle carte geografiche. Sarà stata un’alluvione, come sostiene qualcuno, un terremoto o qualche altra catastrofe naturale, certo è che da allora del fiorente borgo di Limata non vi è più traccia negli archivi. Si sa che i pochi abitanti rimasti andarono più a monte a ripopolare San Lorenzo Maggiore.

Illustrazione del castello di Limata, disegno tratto dalla Platea dell' AGP  'ricollocato' sullo stato attuale dei luoghi

Ora, che sui ruderi è stata costruita una casa colonica, ancora è possibile scorgere nel castello una ampia sala a volta di certo originale, e, nei pressi del portone di ingresso dell’abitazione, una pietra murata dove è scolpita una figura femminile, risalente al periodo longobardo, ben vestita (con corsetto e gonna pieghettata) che porta una pettinatura a taglio corto. Forse una pietra tombale che, nel riprodurre l’eleganza, testimonia l’importanza ed il censo, della donna raffigurata.  

Risale al rinascimento, invece, il Castello baronale di Puglianello. Forse ce ne era uno già in epoca precedente ma, distrutto da qualche terremoto, fu ricostruito ex novo nel XV secolo. La sua architettura, a pianta quadrata con quattro torri circolari, denuncia chiaramente che l’epoca di costruzione è quella rinascimentale. Ed in quel periodo il borgo ed il castello ebbero il massimo splendore. Facente parte della baronia di Ruviano, il feudo di Puglianello appartenne anche ad una donna: Giovanna da Celano, potente e molto discussa (si dice ebbe due mariti in contemporanea ed un figlio da ciascuno di essi considerati entrambi legittimi).

Quando gli Angioini invasero il Regno di Napoli, Giovanna, insieme ad altri baroni congiurati, si schierò con questi contro il Re Ferrante di Aragona. Ferrante, allora, nel 1462 assediò il castello di Puglianello costringendo alla resa la baronessa (quest’anno un’associazione culturale locale ne ha fatto un evento di rievocazione storica) revocandogli il feudo per “tradimento e slealtà”.

Inutile dire che grazie ad un successivo cambio di fronte Giovanna rientrò in possesso dei suo feudo l’anno dopo.

Dopo la “peste nera” del 1656 Puglianello quasi scomparve ed il suo castello cadde in rovina.

Ora il Comune lo ha parzialmente acquistato e negli spazi fruibili si organizzano eventi e convegni.

Restano solo poche mura, nonché una delle torri angolari cilindriche, del Castello di Dugenta.

Posto a difesa della vallata, nella zona di confluenza del Volturno con il Calore, non si conosce la data della fondazione ma di certo esisteva nel 1268, quando fu donato da Carlo d’Angiò ad un feudatario della zona.

Pare che non sia stato mai completamente esplorato, in particolare nei suoi sotterranei, che si narra, lo mettevano in collegamento, attraverso dei lunghi e misteriosi percorsi sotterranei, con i castelli di Limatola e Maddaloni.

Il castello, così come il borgo di Dugenta, nei secoli ne ha hanno viste di tutti i colori. Solo per restare in tempi più recenti fu teatro di alcune scaramucce nei giorni della battaglia del Volturno tra i Borbonici e i Piemontesi comandati da Nini Bixio. Durante il secondo conflitto mondiale, nel 1943, vi fu uno scontro prolungato tra i tedeschi, attestati a Squille, e gli americani, che si erano posizionati nei pressi di Sant’Agata dei Goti, così Dugenta restò vittima di una serie di bombardamenti incrociati. Infine, a seguito del terremoto irpino del 1980, crollarono una parte delle mura del castello.

Oggi, ciò che resta, che è di proprietà privata, è visibile solo dall’esterno.

In origine il suo nome era Veneri (si dice grazie alla presenza di un tempio dedicato alla dea Venere,) poi quando passò in mano alla famiglia dei Monsorio (li abbiamo già trovati come costruttori di castelli a Faicchio) che vi fecero costruire un castello alla fine del 1400, il nome divenne quello odierno: Castelvenere.

Il Castello di Castelvenere più che un fortilizio con funzioni difensive, forse perché il posto non era ritenuto rilevante da un punto di vista strategico, è possibile che sia stato edificato in quel luogo in quanto territorio molto apprezzato dal Barone Monsorio come zona di caccia. Infatti lui abitava a San Salvatore Telesino.

Oggi nel paese sopravvivono poche mura e tre torri delle quali una, detta Torre Angioina o Normanna, risalente quindi a periodi antecedenti all’edificazione del castello, dopo un crollo avvenuto nel 2006, è stata recentemente restaurata.

Anche della Rocca di San Salvatore Telesino restano, completamente abbandonati tra la vegetazione, solo i ruderi di due mezze torri.

Edificata dai normanni Sanframondo nel XIII secolo, intorno ad essa sorse un borgo molto popolato detto di Massa Superiore (per distinguerlo da Massa Inferiore, l’attuale Massa di Faicchio).

Ebbe la sua massima fortuna dopo il terremoto del 1349, che sconvolse Telese ed il circondario. L’immane catastrofe portò, insieme alla sua furia distruttiva, anche la comparsa delle “mofete” di acqua sulfurea, i miasmi da esse provocati, considerati insalubri e malefici, indussero i vescovi a trasferire la loro sede da Telese alla Rocca, tra i pochissimi edifici sopravvissuti, dove restarono per vari anni.

Agli inizi del “600 cadde in bassa fortuna, senza mai riprendersi fino a nostri giorni, e i pochi abitanti residui andarono ad infoltire il sottostante paese di San Salvatore.

Pure il Castello di Cusano Mutri fu costruito dai Sanframondo nel XIII secolo. Di questi residuano solo pochi ruderi, visibili da piazza Lago, dopo che un’insurrezione popolare agli inizi del “700 lo incendiò e lo distrusse. Adiacente al castello, e forse una volta parte integrante di esso, vi è l’interessante chiesa di San Pietro della quale un documento, una bolla di Papa Felice III, ne attesta l’esistenza già nel V secolo.

La campana di questa chiesa, dice la leggenda, venne fusa alla fine del “700 mescolando al bronzo l’oro donato dalle ricche signore cusanesi, proveniente dai loro gioielli.

La Rocca dei Rettori, invece, venne costruita per volere di papa Giovanni XXII sulla fortezza fondata dal Principe longobardo Arechi II nell’ VIII secolo sopra una fortificazione romana…

Ma così rischiamo di non finire più!

Infatti ci fermiamo invitando i curiosi e gli appassionati a non trascurare, in provincia, tra gli altri, i ruderi del castello di Airola, l’affascinante castello di Montesarchio o quello di Apice vecchia ma nemmeno quello di Durazzano o quello di Campolattaro…e così via.

Antonello Santagata

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