foto di Giovanni Lombardi

Il tratto fondamentale del potere di questo ultimo trentennio di storia italiana è il disprezzo.

Un disprezzo totale, profondo, solo parzialmente e faticosamente mascherato da atteggiamenti e fastidiosi rituali democratici.

Si disprezza la Democrazia con la sua costituzione, i suoi ordinamenti, le sue istituzioni, vista come un intralcio, un laccio al piede, una dannosa costrizione che non permette il libero esercizio del potere personale. Nella realtà, ognuno di questi gestori del potere democratico cova la mai sradicata ambizione del monarca che ha potere assoluto su una popolazione di sudditi ubbidienti e devoti. Le istituzioni democratiche sono, perciò, ritenute un colpevole impedimento a tale disegno, cosicché la smania riformatrice, a cui abbiamo assistito in questi anni, altro non è che il tentativo di cucirsi addosso l’abito regale in una cornice formalmente democratica e consumistica. L’uomo forte, della provvidenza economica, al comando.

Si disprezzano le cariche istituzionali, viste esclusivamente come mezzo per le proprie ambizioni personali e non come strumento per andare incontro al fabbisogno dei cittadini.

Si disprezzano le altre forze politiche, viste come nemiche e sovversive. Non ci si confronta in modo democratico, ma si combatte come su un campo di battaglia, nei talk- show televisivi, sempre con l’intento di annientare l’altro.

Si disprezza il popolo, considerato sempre bue, rozzo, ottuso, ignorante, immeritatamente detentore del potere sovrano che va progressivamente e subdolamente eliminato.

Si disprezza la giustizia e le sue sentenze di condanna, sempre ingiusta, sempre complice di oscuri disegni, da sottomettere in tutti i modo al potere personale.

Si disprezza la cultura, l’intelligenza, rendendola inutile attraverso il meccanismo della cooptazione al potere di figure scialbe, incolore che hanno il solo merito della fedeltà assoluta, di nani e ballerine, come Rino Formica descrisse questo nugolo di gente, di scimmie arrampicatrici, come le appellò Honoré de Balzac, che, però, nella loro smodata ansia di salire i gradini del potere, mostrano inevitabilmente il culo, tutte le loro vergogne.

Si disprezzano gli altri, i diversi, verso cui viene canalizzato un odio viscerale, come se i poveri, i bisognosi, i deboli, fossero i reali nemici che ci rubano la tranquillità, il lavoro, le nostre cose e la nostra vita.

Si disprezza se stessi con il carico di bugie, di incoerenze, di sotterfugi, di abusi che costella l’agire pubblico di questi governanti.

E allora, nessuna disillusione, nessun fatalismo, nessun disimpegno, ma coraggio, passione, intelligenza, impegno, amore per la nostra storia, il nostro tempo, la nostra vita, il nostro futuro.

Angelo Mancini

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