Tanti anni fa la vita di Telese era scandita principalmente da due suoni, le campane della vecchia Chiesa di Santo Stefano (https://aldomaturo.blogspot.it/2012/03/un-sacro-odore-dincenso.htm) e la sirena del Molino Capasso e Romano.
Le campane
Le campane parlavano al paese sia nella loro quotidianità che per eventi particolari. Nei giorni festivi ci svegliavano con il loro suono gioioso, oscillando lassù, nel piccolo campanile, guidate dal sacrestano che tirava sapientemente l’una o l’altra corda. La domenica annunciavano l’inizio e la fine della S.Messa solenne, quella delle 11, la più frequentata. Al termine della messa la gente sciamava appagata verso casa. La “sfilata” era anche l’occasione per appostarsi e scambiarsi innocenti occhiate con i primi amori. Quegli sguardi sfuggenti erano di per sè appaganti e superavano il muro protettivo di mamme, nonne e zie. Altre volte le campane rintoccavano mestamente per avvisare la piccola comunità che in qualche casa una vita si era spenta. A questo triste suono, nelle case ci si segnava col segno di croce. Le campane “a morto” suonavano anche al termine della cerimonia religiosa, prima che il corteo prendesse la via del cimitero. Il carro si avviava lentamente verso l’ultima dimora, preceduto dalle “corone” di fiori e dallo scampanellio funebre del chierichetto che accompagnava il sacerdote. Seguivano, a piedi, i parenti e gli amici. Più vicini quelli intimi, più lontani gli altri, assorti nel loro brusio.
La sirena
La sirena del Molino Capasso e Romano, invece, suonava dal lunedì al sabato, ricordando a tutti che era mezzogiorno.
Il suo suono lacerava il silenzio del paese con un sibilo crescente che si affievoliva lentamente fino a spegnersi. [cliccare su suono di sirena di fabbrica].
A quel suono gli operai del Molino interrompevano la giornata lavorativa e, a piedi o in bicicletta, si dirigevano verso casa per un veloce pranzo in famiglia, prima di rientrare in quel grosso edificio bianco per terminare l’infarinata giornata lavorativa. Era l’ unica “industria” del paese e si ergeva possente lì dove le ultime case anticipavano la campagna.
Questi suoni hanno scandito la nostra vita fino agli inizi degli anni ’60. Rimangono inalterati nelle storie individuali di chi li ha vissuti e si tramandano nella memoria come eco per le generazioni che non c’erano.
Aldo Maturo