da Realtà Sannita n° 18 16/30 novembre 2016 pag. 9 – La comunità telesina è piutto­sto avvilita, seccata e quindi scon­tenta per la massiccia presenza di extracomunitari sul suo territo­rio.

Non che voglia ribellarsi alla sua accoglienza, come in qual­che parte d’Italia si sta facendo, perché non è razzista e capisce bene le ragioni per cui questi gio­vani hanno lasciato la loro Terra con la speranza di andare incon­tro ad un avvenire migliore. Ma quando il numero diventa ecces­sivo, è difficile gestire questo fenomeno come si dovrebbe ed il tessuto sociale va in crisi.

Qui a Telese la loro presenza è massiccia perché vengono in pae­se anche gli extracomunitari ospi­tati a Castelvenere nella località Tore, località che è molto più vici­na al centro abitato di Telese che a Castelvenere. Quindi il loro numero si ingrossa a dismisura e pertanto li trovi in ogni dove a chiedere, a rovistare, ad offrire le loro prestazioni lavorative.

Non solo, perché di recente i carabinieri della compagnia di Cerreto Sannita hanno sventato un traffico di droga che si svolgeva nel parco Iacobelli di Telese.

Qual­cuno parla addirittura anche di prostituzione. Insomma, tutti feno­meni che fanno capire quanto sia difficile gestire questa accoglien­za dalla quale ricavano profitti solo i gestori dei centri. In rapporto ai cittadini residenti nei due Comuni. Telese e Castelvenere, la loro presenza è spropositata per­ché la quota che stabilisce la leg­ge è stata sforata abbastanza, e di molto pure. Questo perché in pro­vincia su 78 Comuni solo 31 di essi hanno dato la loro disponibi­lità all’accoglienza ed il prefetto ha probabilmente “esagerato” nel caricarli eccessivamente.

Bene ha fatto il sindaco di Castelvenere, Mario Scetta, che in una riunione ufficiale di ammini­stratori ebbe a ribellarsi contro questo affidamento selvaggio di extracomunitari senza tenere pre­sente la struttura logistica del ter­ritorio e chiese quindi, in questo appoggiato dai colleghi sindaci, di essere interpellato prima di sape­re, magari per vie non ufficiali, che al suo Comune erano stati asse­gnati tanti extracomunitari.

Come dargli torto! Un tessuto sociale viene stravolto perché tan­ti giovani stranieri, di ambo i ses­si, di cui non si conosce niente: costumi, abitudini, lingua, vivono nella comunità per 24 ore al gior­no e poiché hanno tanto tempo libero devono pur inventarsi qual­cosa da fare per superare l’ozio, e questa situazione creatasi denun­cia una vistosa carenza della leg­ge. Lo smercio di droga nel par­co Iacobelli e la eventuale prosti­tuzione sono fenomeni pretta­mente correlati a questa irrespon­sabile gestione del fenomeno accoglienza che la comunità non rifiuta, ma che vorrebbe vederla fatta in altra modo, come ben ha fatto capire anche il sindaco di Telese. Pasquale Carofano. in una sua recente dichiarazione alla stampa.

Carlo Franco

 

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1 commento

  1. Sarei anche disposta a tralasciare il semplicismo con cui l’argomento è trattato che pure, alla luce degli eventi, è grave. Quello che non mi sento di avallare è il tono problematico dell’articolo. Puntare il dito contro “altri comuni razzisti” che sono responsabili di atti al limite dell’umanità per poi nascondersi dietro una critica celata dal buonismo, ma pur sempre razzista, è sullo stesso piano, oltre che incoerente. In un momento storico com’è quello attuale bisognerebbe cominciare a considerare una ricchezza la mescolanza di etnie e guardare con lungimiranza a quello che di buono l’immigrazione puo’ portare al Paese. Forse Telese o Castelvenere non sono impattati dall’inesorabile invecchiamento che affligge l’Italia? I “servigi” che gli immigrati offrono sono fuori luogo e indesiderati? Benissimo, quindi stiamo invitando queste persone a smettere di vendere rose, giocattoli, cianfrusaglie. La soluzione sarebbe offrir loro un vero lavoro, onesto, retribuito, con contratto e contributi! Oh what a brilliant idea! Tuttavia so che la mia è un’ignoranza “tecnica” perchè, com’è noto, in Italia non c’è lavoro, in nessun settore, in nessun campo, in nessun luogo, per nessuno. Giusto?
    Bene, allora lasciatemi un’ultima parola. La droga non la trasportano gli immigrati sul barcone per poi rivenderla ai nostri amici, figli e parenti bianchi e pieni di opportunità. La droga si trova sul posto, riempie magazzini, auto, container e le tasche di molti connazionali. E se noi italiani “per bene” non siamo in grado di offrire agli immigrati una scelta, state sicuri che l’Italia “mala”, non vede l’ora di essere l’unica scelta possibile.
    Anni e anni fa, noi italiani migranti, abbiamo esportato nel mondo quello che di buono avevamo da offrire: pizza per tutti, un accento cantante che ricorda il Sud, il mare, il sole e la Dolce Vita. Anni e anni fa, noi italiani migranti, abbiamo esportato nel mondo quello che di peggio avevamo da offrire: Mafia, un senso civico scadente e mille sotterfugi illegali per guadagnarci da vivere a discapito delle leggi. C’è stato un momento in cui “Gli italiani non possono entrare” troneggiava all’ingresso di ogni negozio, a lettere nere su carta bianca.
    Per cosa vogliamo essere ricordati oggi?

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