“…in mezzo queste montagne si apre una pianura abbastanza ampia, ricca di acque e di pascoli, e tagliata da una strada. Ora, per accedervi è necessario attraversare la prima gola, mentre per uscire si deve tornare sui propri passi per la strada fatta all’andata, oppure- qualora si voglia procedere –attraversare una gola ancora più stretta e impervia della prima. L’esercito romano dopo aver raggiunto quella pianura attraverso uno dei passaggi incassati nella roccia, stava marciando verso la seconda gola, quando la trovò ostruita da una barriera di tronchi abbattuti e di grossi massi…” da Tito Livio e la Grande Battaglia delle Forche Caudine ( Ab urbe conditia IX )
E’ chiaro che si trattava di un agguato nemico; infatti i soldati romani avvistarono sulla cima un manipolo di soldati e si accorsero subito di non avere speranza di vittoria e non ci fu vero scontro. I due eserciti non scesero alle armi, i Sanniti di Gaio Ponzio costrinsero alla resa i Romani, imponendo loro l’umiliazione di passare sotto “i gioghi” e la società romana ne fu tanto scossa da ricordarlo per secoli come evento negativo per la Repubblica. Secondo la versione che ne dà Tito Livio, si evince che il territorio descritto non rappresenta le gole di Arpaia… ma le gole del Titerno (tra Cerreto Sannita e Cusano Mutri ).
Questo importante avvenimento della seconda guerra sannitica non è ben definito, e, come accadde per altre sconfitte, la localizzazione di Caudio è stata rimossa dai Romani.
L’esercito di Roma era stanziato nel Sannio, vicino Calatia ( Caiazzo ); in segretezza il comandante sannita Gaio Ponzio posizionò i suoi uomini a due passi dalle Gole del Titerno… vicinissima vi è la città sannitica di Telesia… Gaio Ponzio fece in modo che ai vicini nemici romani giungesse notizia che l’esercito sannita stava assediando Luceria in Puglia. L’antica Lucera era una citta alleata di Roma, e il comandate romano Tiberio Veturio Calvino si preparò per andare ad aiutare i buoni e fedeli alleati a difendersi dai Sanniti. Per giungere a Luceria ci sono due possibilità: una strada più aperta e sicura, ma molto più lunga che andava a costeggiare l’Adriatico e una più breve che doveva attraversare le strettoie di Caudio. Ma dove siano Caudio e queste strettoie non è ben definito…
La descrizione storica di Tito Livio ci porta dritto dritto al Monte Cigno, alle Gole del Titerno, tra Cerreto Sannita e Cusano Mutri; Tito Livio descrive in modo dettagliato il luogo dove le legioni romane si incamminarono, per risparmiare tempo e portare aiuto gli alleati
“…i Romani, discesi con tutto l’esercito nella radura per una strada ricavata nelle rocce quando vollero attaccare senza indugi la seconda gola, la trovarono sbarrata da tronchi d’albero e da ammassi di poderosi macigni…” continua Tito Livio nella sua opera; ovviamente le legioni romane cercarono di ritornare per la via da cui erano giunte, ma trovarono la prima gola chiusa con un sbarramento uguale a quello dell’altra (…le strettoie di Monte Cigno ???).
“…senza che ne venga dato l’ordine si arrestarono, gli animi sono presi da sgomento, le membra irrigidite da una specie di torpore; si guardano gli uni gli altri come se ciascuno cercasse nel viso del compagno un’idea o un progetto di cui si sente privo : immobili in lungo silenzio…”
I soldati romani alzarono le tende ai consoli e costruirono il loro accampamento per la notte ma si rendevano conto della disperata situazione: i piani di evasione erano ritenuti di impossibile attuazione; ma anche i Sanniti che controllavano i Romani dall’alto erano indecisi su come comportarsi.
“…furono fatti uscire dal terrapieno inermi, vestiti della sola tunica: consegnati e condotti sotto custodia gli ostaggi…i consoli stessi furono spogliati del mantello del comando […] Furono fatti passare sotto il giogo innanzi a tutti i consoli, seminudi; poi subirono la stessa sorte ignominiosa tutti quelli che rivestivano un grado…”.
Non esiste documentazione storica che riporti l’indicazione precisa della sede dell’evento, cosicché un gran numero di studiosi e di storici hanno cercato di identificarlo, e fin ora l’opinione più ampiamente condivisa è quella secondo cui il luogo delle Forche Caudine sia una valle fra i comuni di Arpaia e Forchia; tuttavia gli studi e le valutazioni orografiche dell’Arch. Lorenzo Morone hanno messo in crisi questa “certezza”. Del resto non c’è alcun indizio nella descrizione di Tito Livio nella sua Ab Urbe condita che porti ad Arpaia, ubicata in una gola larga, senza massi e senza acqua, impossibile da chiudere facendo cadere dei blocchi di pietra…oltre tutto sita lungo “la Via del Mare” (la Via Appia che portava a Taranto-Brindisi), percorso che Tito Livio esclude tassativamente. Tutte le descrizioni invece ci portano tra Cerreto Sannita e Cusano Mutri in provincia di Benevento, dove esiste il tratturo che portava a Sepino e da qui a Lucera, con tanti ponti: due romani (Fabio Massimo e Annibale) ed uno addirittura Etrusco (il ponte del Mulino a Cusano). Le considerazioni dell’Arch. Morone si rafforzano ulteriormente perché Forche Caudine significa: valli a forma di V nel Sannio Caudino…la piana di Telese, fino ai piedi delle montagne matesine, era abitata dai Caudini.
Fate un giro tra le forre del Titerno (Lavello) site al confine fra i due comuni sanniti dove il corso del fiume, nei millenni, ha creato uno stretto canyon fra i monti Erbano e Cigno. Il cosiddetto “Lavello” è raggiungibile tramite un apposito sentiero guidato, di estremo interesse naturalistico e storico; il canyon ha una profondità massima di trenta metri e un diametro di quindici… concorderete sicuramente con quanto riportato dallo storico romano.
Stefano Avitabile
Nella storia nulla avviene per caso…e ringrazio ancora il mio docente di latino al Liceo Classico Luigi Sodo, D.Antonio Barbieri, per avermi dato da tradurre un passo di Tito Livio…. E lì cominciarono i miei dubbi! …ricordo come fosse …ieri: “Duae ad Luceriam ferebant viae, altera praeter oram superi maris, patens apertaque sed quanto tutior tanto fere longior, altera per Furculas Caudinas, brevior; sed ita natus locus est: saltus duo alti angusti siluosique sunt montibus circa perpetuis inter se iuncti…” etc. etc.(T.Livio-Ab urbe condita IX). Non so se la mia è la collocazione giusta…è possibilissimo. Ma sono certo che qualunque ipotesi passi per Forchia, è in deciso contrasto con quanto descritto da Livio. P.S.- Ancora oggi, come ieri.lungo le gole del Titerno.pa Provinciale, ex tratturo, viene chiusa per caduta massi dall’alto della Rocca di Cominium. Non mi sembra avvenga sull’Appia,nella zona di Forchia…a meno che i Sanniti non avessero una batteria di ruspe…e una cava di pietra a portata di mano!
Complimenti per l’interessante ipotesi. fds