Entrando nella chiesa di San Leonardo molti avranno notato la scritta che campeggia sulla porta d’ingresso che in caratteri cubitali recita “Qui non si gode asilo” seguita dalla data 1794.
La chiesetta di San Leonardo è molto antica tanto che già alla fine del XVI secolo risultava in rovina adornata della sola statua di San Leonardo. Nel XVII secolo la chiesa fu restaurata e ampliata e l’altare maggiore fu adornato con le statue di San Leonardo, di Santa Caterina e della Madonna di Costantinopoli. Agli inizi del XVIII secolo la chiesa apparteneva alla Compagnia di Gesù, questo fino al 1773 quando l’ordine fu soppresso da Papa Clemente XIV e tutti i beni, compresa la nostra chiesa, passarono al Regio demanio.
Successivamente la chiesetta venne tenuta e gestita dall’Azienda di educazione e vi si celebravano 20 messe l’anno. Fu così fino al 1792, quando il re di Napoli, Ferdinando IV, decise di profanare, ovvero sconsacrare, la piccola chiesa. In seguito alla chiusura, l’immagine della SS. Vergine di Costantinopoli fu trasferita nella chiesa dell’Università di Telese e Solopaca ovvero la Chiesa del “SS. Corpo di Cristo”.
Eseguita tale risoluzione, l’Università telesina inviò una supplica al re chiedendo la riapertura della chiesetta, molto comoda e utile agli abitanti della zona, obbligandosi a sostenere le spese per il mantenimento della stessa.
Sua Maestà, sentito l’Intendente dell’Azienda di Educazione, acconsentì alla riapertura della chiesa e al trasferimento al suo interno dell’immagine della Madonna di Costantinopoli a patto che l’Azienda di Educazione, situata nel palazzo adiacente, non dovesse essere tenuta a nessuna spesa oltre alla “limosina” per le 20 messe l’anno. Tutte le spese per le ristrutturazioni e per la manutenzione sarebbero dovute essere sostenute d’ora in avanti dall’Università di Telese e Solopaca.
La determinazione per la riapertura arrivò in data 8 febbraio 1794 con l’obbligo di apporre sulla porta della chiesetta, dalla parte esteriore, un’iscrizione in marmo con la scritta “Qui non si gode asilo”.
Antonio Iadonisi