Le elezioni regionali e comunali di domenica 31 maggio 2015 hanno un valore che va al di là del governo di una regione o di una città e che investe direttamente l’impostazione democratica del nostro Paese.
Da qualche anno, infatti, si è radicata l’idea che la stabilità governativa sia il bene primario da conservare a tutti i costi e che la sovranità popolare sia da circoscrivere alla sola funzione del voto, più come atto notarile che come momento determinante. E’ chiaramente e volutamente una distorsione del dettato costituzionale e del concetto liberale di democrazia. Nelle democrazie rappresentative il cittadino non si spoglia della sua sovranità a favore di una personalità politica o partitica, ma delega un rappresentante a esercitare con lui tale funzione. Il fastidio, l’insofferenza, il disinteresse con cui gli ultimi governi gestiscono le proteste di milioni di cittadini è il frutto di questa concezione: il governo è legittimato dalla volontà popolare ma non ne è espressione; se i rappresentanti non si oppongono, il cittadino non ha nessuna voce in capitolo.
Viviamo in un democrazia temporizzata, che dura lo spazio della tornata elettorale, dopodiché chi ha ottenuto la maggioranza si sente in diritto di decidere anche con la contrarietà del popolo fino alla fine del suo mandato. “ Se non volete questa legge i vostri rappresentati votino la sfiducia al governo”: è questo il ritornello ripetuto dal governo Renzi e dai governi passati, ben sapendo che i deputati con la vigente legge elettorale sono i rappresentanti dei partiti e non del popolo e che in caso di nuove elezioni possono facilmente essere lasciati a casa.
Questa tornata elettorale acquista, allora, un significato altamente democratico, quello di riappropriarci della nostra sovranità di cittadini contro tutti coloro che ci vorrebbero degli acquiescenti notai, supini a ratificare ciò che è stato deciso nelle conventicole delle segreterie partitiche. Dobbiamo dire no ad una concezione antidemocratica dello stato e lo dobbiamo fare nell’unico modo in cui siamo ancora ascoltati, nell’unico momento democratico rimasto, quello del voto.
Non si tratta di non votare impresentabili, si tratta di votare per se stessi, per la propria dignità di cittadino che viene sistematicamente ignorata e calpestata, di riaffermare che la sovranità appartiene al popolo in ogni momento della vita dello stato e che il governo è espressione di tale volontà e non un mostro estraneo a cui dobbiamo ubbidienza cieca fino allo scadere del suo mandato
Negli ultimo tre decenni sono state abbattute centinaia di statue di dittatori, ma la tentazione di salire su quei piedistalli seduce ancora .
Angelo Mancini
Grazie,elezioni.
Anche per un vecchio lupo di mare,
sono tanti i grazie che affiorano dal liquido primordiale,
che pervade il cervello.
In questo periodo,e solo in questo periodo,
sei simpaticissimo.
Almeno,ti senti simpaticissimo.
Incontri visi sorridenti,
più sorridenti del solito,
ti salutano,ti riconoscono.
Ricevi SMS da contatti della tua rubrica,
che magari stimi e stimerai,nonostante tutto.
Vero Gianluca Serafini ?
Bellissimo.
Dovrebbe essere sempre così.
Invece no.
Solo sotto le elezioni.
Ma sembra di essere sarcastico.
Ma non vorrei.
Non voglio.
Invece,come ben dice Gianluca,tendere una mano al nemico,
con la speranza che cambi qualcosa,
è auspicabile,desiderabile,eccitante.
Utopico ?
Forse.
Questa sera ho sentito un fremito particolare,
e per un vecchio lupo di mare non è un vanto,
nel sentir parlare di cultura in un comizio di chiusura.
Ho aspettato a lungo a battere le mani,
e l’ho fatto solo alla fine
del brevissimo e perfettissimo discorso di chiusura.
Poche chiacchiere.
Lo dicono tutti.
Coscientemente o no,ma lo dicono tutti.
Purtroppo questo pregio non mi appartiene.
Ero li soprattutto perché ero senza pensieri.
Ho mia nipote Maria Teresa candidata con Gianluca Aceto.
(Ahh,questi Gianluca,gioia e delizia.
dolore e piacere).
Non ha bisogno del mio aiuto,Maria Teresa,
stimata come è fra i suoi studenti di inglese
al Liceo Scientifico e fra chi ha conosciuto
la famiglia Affinito,
quella dei primi negozi di alimentari a Telese,
quella di Don Clemente e della mitica Antonietta della Standa…
Ma tant’è,in una competizione che ormai
non mi appartiene più,
(voto a Castelvenere),
lacerato dall’affetto per la lista Carofano,
con tutti i suoi difetti (tanti),
ero li,a sentire i diciannove-venti minuti
finali della lista numero uno..
a ringraziare le elezioni,che mi hanno fatti rivivere
l’entusiasmo delle mie due candidature passate
attraverso l’entusiasmo di mia nipote Maria Teresa.
Comunque vada,la lista di Aceto mi fa pensare che
anche le utopie (o presunte tali) possono avere un esito
positivo.
Ci vuole coraggio,lo ammetto,per votare una lista che viene descritta
come quella che farà vincere l’ingegnere,seppur nell’ombra,
come quella che sottrarrà voti a Pasquale,
come la terza incomoda.
Ma perchè cacchio si dovrebbe vivere senza coraggio ?
Perché vivere senza coraggio ?
Perché non far governare una cittadina ad una lista coraggiosa ?
Mi sono soffermato molto sui nomi in lista.
Ho trovato nelle persone candidate molta dignità ed il desiderio di mettersi in gioco.
Per il bene comune e non per interessi personali.
Grazie alle elezioni comunali di Telese per avermi dato il
Coraggio di scrivere due righe su vivitelese.
Pur essendo fra i “chi siamo” del sito,
le vicissitudini personali e famigliari,
(qualcuno sa),
mi hanno allontanato dall’intervenire.
Stasera non ho resistito.
Grazie.
Sandro Forlani.
Ps.
Grazie anche per il metro quadro di asfalto
che hanno sacrificato
per chiudere una buca secolare
fuori dal mio cancelletto,sulla provinciale per Cerreto.
Grazie,ma voterò De Luca, comunque.
Grazie.