La lezione che Serge Latouche ha tenuto al Telesi@ è stata una sorpresa e un dono. Crisi, decrescita, cultura, prosperità, nuove visioni, questi i punti toccati insieme al grande economista francese.

Martedì 4 marzo 2015, l’IIS Telesi@ ha avuto il privilegio e l’onore di ospitare il pensatore francese Serge Latouche, teorico della  “decrescita”, per un incontro-lezione con gli studenti del Liceo Classico Telesi@. Agli studenti il professor Latouche ha esposto con passione i presupposti fondamentali del suo pensiero, partendo dalle criticità che il modello economico classico ha evidenziato durante l’ultimo ventennio del secolo scorso e con la crisi del 2008, che ha investito le maggiori economie occidentali e le cui nefaste conseguenze sono ancora ben visibili in alcune economie nazionali.

La decrescita” è un progetto che viene da lontano, come Latouche ha più volte precisato nel corso della lezione. La teoria della “crescita continua” si è dimostrata un mito, un costrutto teorico e pratico del tutto infondato, sia da un punto di vista strettamente economico che sociale ed ecologico.

A parere del professor Latouche, la crescita si era arrestata già agli inizi degli anni ’70, ma miopie, convenienze politiche ed economiche, hanno continuato a presentare un’economia in crescita costante, bruciando denaro, risorse e speranze di quanti intravedevano nel mercato una possibilità concreta di guadagno. Questa ventennale  “magia” ha anche un nome,  Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti d’America, dal 1987 al 2006, le cui politiche monetarie sono ritenute una delle cause principali della crisi dei mutui subprime responsabili del tracollo del 2008.

Ad un modello economico che pone al centro il mercato globale e il consumo, con il suo corollario negativo,  maggior consumo maggior mercato, in una escalation distruttiva di risorse materiali ed umane, Latouche propone un modello economico incentrato sull’uomo e sulla territorialità, su una complementarietà positiva: l’uomo come risorsa del territorio, il territorio come risorsa primaria dell’uomo.  Nella prospettiva di Latouche il territorio può essere compreso, ed ha una sua validità, solo in un’ottica ecologica di parti tra loro connesse ed interagenti che,  nell’equilibrio e nella tutela reciproca,  assicurano vita e vantaggi per tutti.

La felicità dell’uomo non risiede nel desiderio ossessivo di ciò che non si ha, svalorizzando ciò che si possiede, ma nell’equilibrio positivo tra i bisogni dell’uomo e i “bisogni del territorio”. Da qui il paradosso occidentale: la società più ricca ed opulenta della storia è anche la società più triste, con il maggior tasso di disperazione, di disagio sociale e psichico. L’ossessione consumistica ha trasformato l’uomo moderno in un novello Sisifo, destinato a portare, senza vederne mai la conclusione, il peso delle sue fatiche e dei suoi desideri.

Il treno della crescita senza fine si è bloccato sui binari morti della stagnazione economica e allora torna attuale la domanda: è possibile un modello economico diverso?

Il professor Latouche ne ha delineato i tratti salienti: territorialità, eco-sostenibilità, responsabilità. Più che “decrescita” dobbiamo, allora, parlare di crescita sostenibile, o meglio di “prosperità”, non più asimmetrica, ma equa e distributiva.

Nella nostra comunità scolastica, si è così parlato di solidarietà, relazioni, della possibilità di un’economia diversa, della responsabilità di “reincantare” e “ricostruire” di riprendere le “radici”. Di riprendersi se stessi e il futuro.

Nessuno sogna un ritorno al passato, ad un’Arcadia felice e perduta, e la macchina non è un nemico mortale per l’uomo, ma chi crede che la “quantità” sia il valore irrinunciabile della modernità si prepari a contare i morsi ad un fagiolo.

Carmine Collina e Angelo Mancini

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