La nascita e l’evoluzione delle nostre  ferrovie  ha un legame molto stretto  con la storia dell’Italia unita. Anche se i primi tratti furono inaugurati in un contesto di disparati regni e staterelli, il suo vero sviluppo è avvenuto sostanzialmente  dal 1861 in poi.

In una nazione qualsiasi, dalle grandi metropoli ai piccoli centri, una stazione ferroviaria riflette sempre esattamente lo stato di salute del Paese e di quanto esso sappia coniugare le risorse territoriali con lo sviluppo.

Non è sbagliato quindi, anche se approssimativo, farsi una’idea  della qualità di una nazione semplicemente osservando la sua rete ferroviaria e nel piccolo, una semplice stazione.

La stazione ferroviaria di Telese-Cerreto fu inaugurata il 15 Marzo1868; da allora si è avuto solo l’adeguamento delle motrici da vapore ad elettrico e la scomparsa della terza classe. Questo la dice lunga se ci si volesse fare un’idea, seppure sommaria,  sullo sviluppo socio economico  del Sannio in generale negli ultimi 150 anni.

La realizzazione di questa linea ferroviaria con la stazione di Telese- Cerreto non sono fu comunque, affatto scontata.

Dell’opportunità di un collegamento tra i due mari, in un tratto intermedio tra l’Abruzzo e la Puglia in crocevia alla linea tirrenica con baricentro Roma si cominciò a parlare  già nel 1845 quando il cavaliere Achille Jacobelli pose la questione al Consiglio Generale di Molise.

L’argomento fu ripreso nel 1851 quando ne divenne presidente ma fino al 1855 ne scaturì solo un’ipotesi generale da parte del Governo borbonico che si tramutò in decreto nel 1860 per la realizzazione di due tratti appenninici ma i progetti  rimasero inconclusi e costituirono eredità alla nascente Italia post unitaria.

Fu Garibaldi infatti,  a dare seguito all’iniziativa incaricando una commissione che redasse un progetto denominato col nome del suo presidente Oberty. Da qui, la storia d’Italia sembra essere chiara dai suoi esordi. Dietro il Ministro dei Lavori Pubblico Peruzzi, operavano infatti potenti gruppi imprenditoriali tra cui la potente famiglia dei Principi di Torlonia con l’obiettivo di spostare l’interesse della linea sannitica a favore delle traverse appenniniche di Conza e Ceprano-Pescara.

In contrasto, Jacobelli inviava una perorazione al Parlamento denunciando proprio i ‘gravi interessi privati che vi sono collegati’ e ripropone il suo progetto argomentandone anche la notevole valenza sul piano economico, ma, a nulla valse anche un intervento del Consiglio Provinciale di Campobasso.

Il Parlamento affidava infatti, il 21 luglio del 1861 la concessione a Talabot a favore della linea sul Fucino.

L’indomito Jacobelli non si dette per vinto. Si attivò in una serie di iniziative politiche che si concretizzarono in una controproposta del Consiglio Provinciale di Benevento che insieme a Campobasso finanziano un progetto redatto dall’ing.  V.A. Rossi nominato dal Ministero dei Lavori Pubblici. La concessione è una sorta di project financing odierno in cui il Jacobelli offre in garanzia il ponte sul Torello di sua realizzazione. Seguirono non poche traversie con ulteriori proposte per  spostare l’asse sui versanti caudini ma la febbrile attività politica del Jacobelli coinvolse il deputato Nicola Nisco ed  una cinquantina di parlamentari che presentarono un disegno di legge a suo favore, evidenziando non solo la valenza economica in ribasso rispetto ai concessionari Rotschild  quanto l’opportunità di favorire lo sviluppo interno di un contesto sociale fortemente depresso e con un fenomeno del brigantaggio particolarmente attivo.  Non mancarono altre difficoltà di carattere politico e di opportunismo locale di cui faceva parte la stessa Provincia di Benevento  che promossero alla fine  una direttrice sul versante caudino. Solo successivamente, si procedette alla realizzazione di un segmento in valle telesina la quale, pur avendo perso l’importanza del progetto originario di cui era l’asse prioritario, rappresentò comunque una rivoluzione dei collegamenti per la nostra zona ed in particolare per lo sviluppo degli stabilimenti termali verso cui fu costruito un tratto dedicato.

Questa, una breve quanto lacunosa sintesi della sua nascita e che rimane praticamente immutata fino ai giorni nostri in cui da qualche anno viene interessata da un ampliamento in alta capacità.

Ad una prima osservazione del tracciato proposto in ampliamento che esclude il segmento caudino creandone uno nuovo da Cancello a Frasso,  si potrebbe dire che la storia stia finalmente gratificando quelle idee e fervore  tanto osteggiati, quanto lungimiranti.

Ma, la vera questione è: quell’impulso che si seppe cogliere dall’iniziale perdita di isolamento in cui versava questa parte di Sannio, si è saputo amministrare nel tempo con uno sviluppo locale adeguato alle potenzialità del territorio? Basterebbe citare che in 150 anni, l’unica innovazione al sistema di comunicazione della Valle Telesina, la Fondo Valle Iscero, nasce per iniziativa di un Consorzio di Bonifica, che fallisce peraltro nella sua mission prioritaria. Viene da chiedersi perché un ente come la Provincia sia stato sempre tanto assente nella programmazione del territorio e che peso potrebbe avere ora un pugno di Sindaci di incidere in un suo pur lodevole miglioramento del tracciato. La politica, come insegna questa storia (e tante altre), è fatta di pesi e noi obiettivamente, in un contesto di crisi economica e spending review, contiamo qualcosa?

Flaviano Di Santo

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1 commento

  1. Condivido pienamente che la Storia stia finalmente gratificando quelle idee e quel fervore osteggiato e lungimirante.

    Ma, a questo punto, una ulteriore riflessione interessante da fare è quella, relativamente al fatto, che se pur preferendo la linea ferroviaria Telesina da destinare all’Alta Capacità, quest’ultima sarà al tempo stesso, ulteriormente penalizzata per i treni destinati ai pendolari, avvantaggiando di fatto la linea ferroviaria Caudina.

    I pendolari, dunque, saranno ancora una volta, ulteriormente svantaggiati poichè per giungere alla stazione di Telese-Cerreto dovranno prima scendere alla stazione di Benevento e poi tornare alla stazione di Telese, con aggravio di costi e di tempi.

    E’ possibile tutto questo?
    Sarà questo il futuro possibile?
    I pendolari dovranno ancora una volta viaggiare su gomma, con i mezzi pubblici o con i mezzi privati (per chi può!)?

    Le scelte da fare ci cambieranno e ci segneranno.
    Daniela Santagata

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