Cerreto è una piccola cittadina che scivola inesorabilmente verso una decadenza di tipo medievale. Non c’è lavoro. Le attività commerciali tentano di aprire dopo qualche mese sono costrette a chiudere o a svendere.
Le attività produttive costrette a spostarsi nei paesi limitrofi dove, oltre che all’occupazione, producono reddito. Ed in tutto questo scende inesorabilmente anche il termometro della tolleranza. Più ci si rinchiude nella propria grettezza culturale figlia di un bigottismo atavico più si riducono gli spazi del convivere civile.
Un paese che vive degli antichi splendori ostentando la bandiera del campanilismo (oltre a quella immeritevole di colore arancio) ed intanto tutte le comunità confinanti, umilmente ed operosamente, creano le condizioni per sfruttare al meglio le attività figlie della propria identità.
Attività, a volte anche umili, ma che producono un’occupazione più o meno stabile che permette di tenere in vita una memoria storica altrimenti destinata all’oblio.
A Cerreto, invece, ci si riempie la bocca di due cose: la struttura architettonica a scacchiera (che poi con Torino non ci azzecca una mazza!) e la ceramica. La ceramica, badate bene, non quella millenaria del luogo di cui si è persa la memoria storica, ma quella napoletana settecentesca di scuola napoletana. In pratica una ceramica moderna e nemmeno autoctona.
Ed allora, in questa scorpacciata di autostima di un paese decadente e senza speranze, ne per i giovani ne per i vecchi, non si ha di meglio da pensare che fare la guerra, non alla disoccupazione, alle tasse elevatissime, ai debiti che gli amministratori comunali hanno prodotto negli ultimi 30 anni; non a programmare e sviluppare attività che creino lavoro vero e non clientelare, non a risanare gli acquedotti, le fognature, le strade scassate o eliminare le barriere architettoniche per rendere il paese fruibile ad anziani e diversamente abili ecc…eccc.., ma ai Piccioni!
Si, proprio a quei cinquanta sessanta piccioni che svolazzavano per il paese.
Un piccolo stormo di piccioni che svolazzava per le piazze del paese che si faceva rincorrere felicemente dai bambini con i quali si creava anche quel rapporto tra bambino e animale selvatico impossibile instaurare con altri animali.
In fondo la presenza dei piccioni era anche un elemento di crescita armonica dei bambini rapportandosi con animali semi-selvatici.
Insomma, una guerra dichiarata ai limiti di una Crociata di medievale memoria.
Lo stormo viveva discretamente la propria vita senza arrecare danni a nessuno.
Non era uno stormo di tremila o quattromila piccioni che potessero concentrare problemi di carattere sanitario, di guamo o rovinare palazzi.
Invece, durante l’estate, sindaco di Cerreto Sannita emette un’ordinanza che più che “ordinanza” pare essere una sorta di manifesto: un “Wanted” di amerikana memoria.
Un’ordinanza che è, di fatto, un manifesto anti-piccione con gravissime prescrizioni e multe a carico di chi si fosse reso colpevole, in qualche modo, di accudirli.
Multe a partire da 25 euro fino a a 500 euro a carico di chi si fosse reso responsabile di lasciare becchime ai piccioni. A controllare che ciò non accadesse, investire il corpo dei vigili urbani (4/5 lavoratori) a controllare i cittadini più “discoli” da sorvegliare con appositi appostamenti da denunciare e multare!.
Secondo l’ordinanza, la presenza dei piccioni ha prodotto danni agli edifici sia pubblici che privati, imbrattando strade e mettendo a rischio il decoro urbano.
Nell’ordinanza è esplicitamente dichiarato che la presenza dei piccioni nel paese costituisce un serio pericolo di natura igienico-sanitario per il possibile pericolo di trasmissione di malattie infettive e parassitarie per i cittadini.
Ma la cosa grave è che subito dopo l’emanazione dell’ordinanza, come per incanto, i cerretesi hanno cominciato a vedere piccioni morti o morenti lungo le strade cittadine o nei pressi della scuola media dove anche il sottoscritto ne ha trovati alcuni schiacciati dalle macchine.
Ma di questa moria l’amministrazione Santagata se ne è preoccupata?
Il buon senso dice che a fronte di una così alta moria di piccioni in un periodo coi ristretto nel tempo, bisognerebbe, oltre che emanare ordinanze che servono per far felice qualche infelice elettore, anche di provvedere ad analizzare a campione i poveri pennuti e verificare le reali cause di queste morti di massa.
Invece si emettono ordinanze basate non su dati di fatto ma su supposizioni o, peggio, senza verificare elementi oggettivi che giustificassero una tale decisione.
Poi ci si chiede:” Perchè si intimano sanzioni a chi ha “l’ardire” di lasciare qualche chicco di grano per aiutare i piccioni nella loro sopravvivenza, ma non vi è menzione alcuna di ammenda o sanzione a carico di chi sparge per le vie del paese becchime avvelenato mettendo realmente a repentaglio la salute dei cittadini ed in special modo dei bambini?”
Ed intanto le carcasse dei piccioni morti sui tetti o sui davanzali delle finestre, imputridiscono creando realmente un problema sanitario.
Ed allora mi sono preoccupato nel vedere questi piccioni morti, molti spiaccicati sul selciato, ed ho allertato l’ASL 1 di Benevento, con lettera raccomandata, affinchè facciano gli opportuni accertamenti per verificare se le repentine morti siano state determinate da un’epidemia che ha colpito i colombi oppure da altre cause.
Per il decoro urbano? Bhè, lasciamo perdere.
Ma a Cerreto funziona così.
Cerreto più che di “decoro estetico” avrebbe bisogno di un decoro sostanziale!
Di cui si è persa memoria!
Giuseppe Fappiano
Cerreto Sannita.
é davvero inaccettabile che a Cerreto Sannita nonostante il divieto di dare da mangiare ai piccioni , c’è chi indisturbatamente , nonostante tante segnalazioni ,continua a buttare il grano avvelenato , attirandoli per farli morire e mettendo a grave rischio e pericolo la salute della cittadinanza !