
Ci sono dei termini che hanno una fortuna indescrivibile, abbracciando aree linguistiche vastissime e campi semantici diversi. E’ il caso del latino “canthus” = angolo.
Derivato dal greco “kanthòs” = coda dell’occhio, indicò subito in latino prima l’angolo formato dalle palpebre e poi l’angolo in generale; ma già in greco denominava anche il cerchio esterno della ruota, da cui passò al significato generico di “curvatura” fino a dare il nome a oggetti “ricurvi” nella forma, come “kàntharos”, latino “cantharus”, italiano “cantaro” = coppa con piede a due anse, boccale a due manici e poi vaso da notte.
Attraverso la forma latina medioevale “kantra”, il termine passò all’italiano “càntera”, usato nell’Italia centro-meridionale sempre per indicare il vaso, poi il “recipiente” e infine il cassetto del grosso mobile, che da esso prese il nome di “canterano” e “canterale” ( guardiese “kantaràne”, il popolare “cassettone”).
Il latino classico “canthus” invece si diffondeva in tutta la penisola con la forma italiana “canto”, indicando prima l’angolo, poi lo spigolo, il lato, la parte, la banda (cfr. l’espressione “da un canto…. dall’altro…). In Guardiese “qwànte” ha il significato di “pezzo tagliato ad angolo”, “grossa fetta” (“Me so’ magnàte ‘ne qwànte de pelénta” : “ho mangiato una grossa fetta di polenta”).
Col diminutivo “cantuccio” poi passava a indicare l’angolino, il posticino riservato (il Coro della tragedia manzoniana era il “cantuccio” riservato al poeta per la sua partecipazione lirica al dramma) fino a denominare il saporito biscotto tagliato ad “angolo” e farcito di mandorle. Già nel latino medioevale il “cantellum de placento“ era il pezzo di focaccia, diventato poi in Ispagna“canto de pan” e “cantieu”, e in Normandia “cantiau”, usato per denominare il pezzo di pane benedetto.
Ma il “canthus” = angolo era destinato a grande fortuna nel Meridione; qui assumeva la forma accrescitiva “cantone” ( guardiese “qwantòne”) per indicare prima la grossa pietra squadrata che fa “angolo” nel punto di congiunzione di due muri e poi la “grossa pietra”, il “sasso” in genere. E da “qwantòne” = grosso sasso si ha il derivato “kantenàta” = colpo di sasso (La Matalèna fu accìsa a kantenàte : la Maddalena fu ammazzata a colpi di sassi); in italiano invece“cantonata” passò subito a indicare il punto in cui la strada fa angolo e, siccome era questo il posto in cui frequentemente il carro per svoltare urtava contro il marciapiede o addirittura contro lo spigolo del muro, “cantonata” assumeva prima il significato più esteso di “carro che urta al cantone” e poi quello figurato di “equivoco”, “abbaglio” (“Prendere una cantonata” = prendere un grosso abbaglio).
“Cantone” poi doveva avere la massima fortuna nella toponomastica, da quella elvetica a quella dell’Italia meridionale; il termine “cantone” infatti indicò in Svizzera la valle, a causa della sua forma “ricurva”, per poi estendere il suo significato a “regione”, distretto e, con la maiuscola, a stato della Confederazione. (cfr. Canton Ticino, Canton de ‘ Grigioni ecc.). Abbracciò così estese aree linguistiche col comune francese, provenzale e spagnolo “canton” = regione.
In Italia “Cantone” denomina molte contrade (anche nel tenimento di Guardia abbiamo Contrada Cantone nei pressi del fiume Calore) ma “cantone” (con la minuscola) indica anche genericamente il “tratto di strada”, da cui deriva poi “cantoniere”, il dipendente dell’ANAS che si occupa di “un tratto di strada” e la “Casa Cantoniera“, che è l’alloggio dei cantonieri lungo le ferrovie o le grandi arterie stradali.
Del latino “canthus” si diffonde anche una forma diminutiva che troviamo nell’italiano “cantina”: Inizialmente indicava la stanza sotterranea “a volta”, quindi a soffitto “ricurvo”, dove si conservava il vino; poi passò a indicare il “luogo di mescita di vino”, la “taverna”, fino a dare nome a diversi luoghi caratterizzati dalla presenza di “cantine”, tra cui anche i diminutivi “Cantinella” e “ Cantinelle”.
Silvio Falato
- Annuncio pubblicitario -