
In una splendida cornice rustica, nella Valle Telesina, si è svolto un incontro\degustazione\racconto storico dei primi quarant’anni di storia della piccola Azienda Vitivinicola Anna Bosco di Castelvenere (BN). L’invito mi è stato concesso, premessa la mia ignoranza sui vini, per la parte ‘storica’.
La serata omaggiata dalla presenza di esperti di levatura nazionale e dalla pregiata degustazione delle ultime due annate, ha celebrato la ricorrenza della prima Azienda, che nel lontano 1974, ebbe per prima l’autorizzazione, in Castelvenere, ad imbottigliare vino. Da allora, ormai alla terza generazione, sotto la guida dell’esperto e affabilissimo Pippo Venditti, l’Azienda non ha perso quel carattere di forte radicamento territoriale e caratterizzazione familiare. In un Mondo globalizzato e livellato nei gusti e nelle produzioni, ancorarsi al proprio territorio ed alla propria familiare tradizione è meritoria cosa oltre ogni ragionamento. Non è mio compito recensire il ‘Barbera Don Bosco’, declamarne il colore, il sapore, i profumi, la temperatura di servizio e gli abbinamenti consigliati (come ho imparato solo ora), però è mio piacere raccontare un paio di aneddoti storici legati a questo vitigno.
Il primo è legato al nome. Perché Barbera del Sannio e perché Castelvenere?
Il Barbera, come nome, evoca immediatamente il Piemonte, le sue colline e le sue viti. Eppure da queste parti, tutt’altro territorio e tutt’altro vino, possiedono lo stesso nome. Raccontata di sfuggita nella serata della celebrazione, un collegamento c’è. Alla fine dell’ottocento Castelvenere, soprattutto, ma anche altri Comuni del Sannio e del Molise furono interessati dalla predicazione dei Valdesi che fecero proseliti ed aprirono Chiese. Quando mi interessai del cinquecento durante la stesura di un mio recente libro (Storia di Telese –Vita ed Opere di Padre E. Cattaneo – Ed. Realtà Sannita, 2011), mi imbattei in questa professione protestante di matrice calvinistica. E ritrovai un manoscritto di uno dei Predicatori, originario di Castelvenere, Padre Cielo. Nei prossimi mesi, questo ritrovamento, diverrà un libro (scritto a più mani con Pasquale Carlo ed Antonio Mucciardi) dove questa curiosità storica verrà rivisitata. Ma torniamo a noi ed al nome del vino. Questa ‘invasione’ dalle valli piemontesi portò, oltre ai Proseliti, alle Chiese ed alle polemiche con la Chiesa Cattolica, anche un vitigno che si ‘mescolò’ a quelli storici presenti nell’Area Telesina da tempo immemorabile. Nacque, accanto alla malvasia, alla falangina ed all’aglianico…il barbera del Sannio!
Il secondo motivo della mia presenza alla Celebrazione è la polemica, cui non mi sono estraniato come mio costume, che è sorta sulla necessità di dotare questo vino di un nome che più velocemente lo facesse identificare con il territorio di provenienza. Un referendum locale si è svolto su due nomi: uno è Sanbarbato del Sannio e l’altro Venusia del Sannio. Il primo nome è legato al Vescovo Santo, Barbato, che, leggenda tramanda, estirpò il noce Beneventano, sede dei sabba e simbolo delle streghe di Benevento. Il secondo ad un piccolo frammento di Strabone che identificava la Venusia Sannitica con l’attuale cittadina di Castelvenere. Ovviamente io ho raccontato il passo di Strabone (ricerca attualmente anch’essa in corso di pubblicazione). Ed ovviamente da bravo perdente quale sono…il nome scelto dai partecipanti al referendum è stato Sanbarbato del Sannio.
Due piccoli aneddoti storici, che oltre a destare curiosità, servono alla ricerca storica minore al fine di raccontare le radici di un luogo e motiva chi, a questi luoghi, dedica la propria attività ed esistenza.
Michele Selvaggio