E’ la prima volta che in Italia si sperimenta il ciclo di studi di quattro anni per la scuola superiore (di secondo grado), anche se in Spagna, Francia, Inghilterra, Portogallo, Grecia la scuola già si conclude a 18 anni. L’allineamento con altri paesi europei e la possibilità di entrare prima all’università e nel mercato globale del lavoro, possono tradursi in opportunità reali se il percorso scolastico “sperimentale” punta proprio a ridurre il gap con il mondo reale. L’Istituto d’Istruzione Telesi@, già durante lo scorso anno, in attesa dell’autorizzazione alla “sperimentazione dei quattro anni”, ha attivato l’opzionalità internazionale sul liceo classico in cinque anni. Ma ora è ufficiale (decreto del 5 novembre 2013) che il Telesi@ potrà sperimentare didattiche innovative e integrate su un ciclo di studi condotto su quattro anni denominato “Liceo Classico Internazionale”.
Il Telesi@ nella sua proposta didattica presenta l’internazionalizzazione come percorso di studi che deve aprirsi alle nuove necessità di una società globale; in altre parole il Liceo Classico di una volta conservando l’amore per il “classico” s’internazionalizza con l’apertura a nuovi saperi e a nuovi approcci: il diritto internazionale e le lingue straniere, la tecnologia e il digitale. La Dirigente Domenica Di Sorbo, ancora una volta autrice dell’innovazione, spiega che “la riduzione del tempo scolastico non significa compressione dei saperi, ma innovazione metodologica basata sulla didattica integrata, sulla laboratorialità e sulla cultura della scelta” e conclude: “bisogna cogliere l’opportunità che ci viene data senza pregiudizi o preconcetti, ma come una sfida per migliorare il futuro dei giovani e puntare all’eccellenza anche e soprattutto al Sud dove i ragazzi hanno maggiori ostacoli da superare”.
Ma mentre il Telesi@ s’impegna a costruire una scuola “nuova” e di eccellenza, chissà la comunità (politica, istituzionale, economica, sociale) sarà in grado di rispondere alle domande e soprattutto alle esigenze di una realtà complessa come il Telesi@ che ha, prima di tutto, bisogno di una sede scolastica in grado di ospitare i circa 1000 studenti attuali e quelli che giungeranno attratti dall’internazionalità.
comunicazione: www.tabularasaeventi.net
Raffaella Vitelli
una decisione davvero condivisa, che segue un dibattito, proposta dal basso da studenti , genitori, insegnanti … a me sembra che questa decisione sia, per fortuna, molto poco condivisa…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/01/dopo-invalsi-liceo-a-quattro-anni-privati-di-scuola/763639/
Un altro tassello nell’implacabile percorso di distruzione della scuola, perseguito con accanimento – e con strategico accerchiamento da più parti – nel corso degli ultimi anni. Il miglioramento dell’offerta formativa, il rispetto del diritto allo studio e all’apprendimento, sia chiaro, non c’entrano assolutamente niente.
Quello che c’entra è – volgarmente ma inequivocabilmente – la borsa. Fare cassa sulla scuola è uno dei must che la globalizzazione di economia e ‘Pensiero Unico’ hanno imposto al nostro Paese, eccellente in questo campo per zelo realizzativo e persino “creativo”. Tagliati posti di lavoro e saperi, accorpate scuole creando mostri amministrativi e ambienti anti-didattici, umiliati inidonei, allentati i termini delle pensioni, annullati gli scatti, bloccati i contratti, i nostri eroi hanno riscoperto la non sopita tentazione di un ulteriore giro di vite alla devoluzione della scuola pubblica. E qui il piatto è ricco: circa un miliardo e mezzo di euro.
… “Ce lo chiede l’Europa”: è questa la “nobile” finalità, attraverso la quale ci hanno fatto – più o meno – ingozzare i peggiori bocconi amari di questi ultimi anni. Anche in questo caso il ritornello è il medesimo. Ma, oltre a sottolineare che siamo il paese Ue che più ha disinvestito rispetto all’istruzione nei 5 anni della crisi, sconfessando le tendenze all’investimento dei principali paesi europei, e che questo ha evidentemente condizionato il nostro sistema scolastico, rispetto al quale non possiamo – considerate le diverse condizioni – applicare acriticamente provvedimenti e tendenze applicati a sistemi di ben altro spessore, dobbiamo riscontrare che il noto refrain non corrisponde alla realtà. Terminano tutti i tipi di scuola a 19 anni in Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia, in Germania il liceo e alcuni professionali, in Scozia solo questi ultimi. Nella Repubblica Ceca, in Lussemburgo e Romania la maggior parte delle scuole arriva a 19 anni. In Ungheria e in Romania gli studenti che non continuano all’università fanno un anno in più di superiori, come accade in Grecia e Cipro per licei, serali e professionali in alternanza, che in Austria e nei Paesi Bassi vanno 1 o 2 anni oltre il limite dei 18.
“A cosa serve, questa ‘sperimentazione” – osserva Cosimo De Nitto su Retescuole – senza un dibattito, senza consultare il corpo scolastico, il Cnpi, i sindacati, l’associazionismo professionale ecc. ecc., con un puro atto verticistico in una materia così delicata che rifiuta il verticismo per le infinite implicazioni che comporta, interne ed esterne alla scuola, riguardando l’organizzazione di vita dei singoli soggetti e l’organizzazione della vita associata e lavorativa allo stesso tempo dell’intero corpo sociale?”. A cosa serva, ammesso che si possa attribuire al termine sperimentazione il significato che generalmente si assegna alla parola, Di Nitto lo sa benissimo, perché è evidente da un semplice calcolo: il taglio di un anno di scuola corrisponde alla decurtazione di quarantamila cattedre. E, in secondo luogo, a ribadire che ai nostri eroi dell’”ascolto” non importa proprio niente.
http://www.youtube.com/watch?v=WJBaZjoTnck
Onida presidente della Corte Costituzionale
http://www.unionedeglistudenti.net/sito/scuole-superiori-di-4-anni-lennesima-proposta-che-dequalifia-listruzione-pubblica/
Le studentesse e gli studenti che si sono mobilitati l’11 Ottobre hanno detto chiaramente che è scaduto il tempo per le riforme calate dall’alto e per i tagli lineari all’istruzione pubblica: anticipare l’ingresso o l’uscita da scuola oggi serve solo a dequalificare ulteriormente l’istruzione, servirebbe piuttosto ripensare la funzione sociale dei saperi e di ogni singolo ciclo d’istruzione. La scuola media ad esempio quest’anno compie 50 anni ma ha perso del tutto la funzione inclusiva che aveva in origine: per il ministro la soluzione è tagliare l’ultimo anno di liceo? Se si vogliono riformare i cicli scolastici bisogna fare un ragionamento complessivo e immaginarsi un modo di rendere l’istruzione superiore accessibile a tutte e tutti, un fattore di emancipazione sociale e non di immobilismo.
http://comitatoscuolapubblica.wordpress.com/2013/11/27/nun-ve-reggo-piu-il-liceo-di-4-anni-comporterebbe-un-ulteriore-riduzione-del-tempo-scuola-per-gli-studenti-per-un-totale-di-due-anni-e-mezzo/
Nun ve reggo più – Il liceo di 4 anni comporterebbe un ulteriore riduzione del tempo scuola per gli studenti per un totale di due anni e mezzo di Bruno Moretto e Giovanni Cocchi
27 novembre 2013
La Gelmini ha tolto dal 2008 due anni di scuola a tutti gli alunni e ora il Ministro Carrozza vuole tagliare un altro anno di scuola superiore.
Come è noto la “riforma Gelmini” è consistita essenzialmente in una diminuzione delle ore di lezione per tutti i gradi scolastici.
Alle elementari si è passati da 32/33 ore a 27, cioè -5×33 settimane x 5 anni=- 825 ore.
Alle medie da 33 a 30, cioè -3×33 settimane x 3 anni= – 297
Alle superiori c’è stato un taglio medio di almeno 4 ore settimanali x33 settimanex5anni= – 660 ore
Ora il Ministro sostiene il Progetto sperimentale del liceo a 4 anni (invece di 5) che comporterebbe un taglio di altre 627 ore. Sommando le ore (825+297+660+627= 2409 ore) e dividendole per 30 ore settimanali si ottengono -80 settimane, cioè due anni e mezzo in meno di scuola, d’istruzione, di formazione, di socializzazione, di costruzione di sé, di professionalità, di chance per il futuro e chi più ne ha più ne metta. L’alunno potrà forse rifarsi con le scuole serali o l’educazione adulta? No, eliminate per sempre anche quelle (alla faccia di chi dice che “occorre studiare tutta la vita”). E’ stato recentemente reso noto il rapporto OCSE Piaac che dà un quadro drammatico delle “competenze chiave ritenute fondamentali per vivere” ovvero di quelle in campo comunicativo e matematico della popolazione italiana 16-64 anni.
Il 44% della popolazione attiva italiana possiede al massimo la licenza media, l’11% quella elementare (fonte OECD 2013).
Si pensa di affrontare questa emergenza che ci penalizza nella competizione internazionale riducendo ancor di più il numero delle ore di lezione per gli alunni e continuando a non fare nulla per gli analfabeti di ritorno?
http://www.articolotre.com/2013/11/appena-4-anni-di-liceo-e-iscrizione-solo-agli-studenti-migliori-la-sperimentazione-della-carrozza-fa-infuriare-la-cgil/229635
“Questa vicenda è gravissima”, ha commentato la Flc Cgil. “Tutta l’operazione avviene senza un quadro di riferimento nazionale e senza il previsto parere obbligatorio del Consiglio nazionale della pubblica istruzione di cui all’art.11 del DPR 275”. “Leggendo le relazioni dei progetti sperimentali e la motivazione della riduzione di un anno francamente si rimane allibiti”, hanno aggiunto.
http://infosannio.wordpress.com/2012/11/12/lultima-di-profumo-scuole-superiori-ridotte-a-4-anni/
… noi mobilitati a difendere la scuola pubblica; loro a programmarne un accorciamento.
Sono queste le condizioni per rottamare definitivamente la scuola pubblica come luogo obso- leto o – viceversa – per riaffermarne la centralità, invertendo, con un potente investimento culturale ed economico che non si concretizzi in annunci (ovviamente al futuro) di tablet, Lim e computer nelle classi, la mortificazione che dura da anni e che culmina negli inquietanti dati di dispersione e ritardo scolastici?
Come può rimuovere «gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana» una scuola governata dall’egemonia del bilancio e da un’idea meccanica della produttività, che aggrava le differenze su base socio-economica?
http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/23/news/ministro_carrozza_d_il_via_al_liceo_di_4_anni_si_risparmierebbero_1_380_mln_di_euro-69238917/
Un accorciamento del percorso liceale da 5 a 4 anni, nell’arco di un quinquennio, determinerebbe la perdita netta di quasi 40mila cattedre con un risparmio per le casse del ministero di oltre un miliardo e 300 milioni di euro all’anno. Un’ipotesi che allontanerebbe per diverso tempo anche le possibilità di essere immessi in ruolo per decine di migliaia di precari in attesa da decenni di una cattedra fissa. Per Marcello Pacifico questa “sperimentazione non riguarda una semplice decurtazione del percorso di un anno, ma anche l’avvio di una metodologia che punti ad una didattica per competenze, laboratoriale e integrata. Il tutto con lo scopo di accorciare i tempi di apprendimento e consentire di ammortizzare la mancanza del quinto anno”.
Secondo il rappresentante dei lavoratori, “l’obiettivo cui punta il ministero è quindi più che evidente: creare un precedente, per il quale nella prossima estate non potranno che essere tessute le lodi, per puntare dritto alla soppressione di 40mila cattedre. Già il Governo Monti – continua Pacifico – aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di altrettanti docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d’Italia, pari a 1.380 milioni di euro”. Un tentativo che “fu fatto proprio da quel governo, prima tentando un improbabile sondaggio sulla riduzione di un anno della scuola secondaria superiore e successivamente provando a portare a 24 ore l’orario di insegnamento settimanale di tutti i docenti”.
E ancora…
http://tupamaros.altervista.org/politica/allestero-dove-il-liceo-dura-4-anni-le-ore-settimanali-a-scuola-sono-mediamente-40-il-che-richiede-non-solo-avere-edifici-non-a-rischio-crollo-ma-anche-spazi-comuni-bar-biblioteche-sale-cinemat/
http://informazionescuola.it/2013/10/30/scuola-a-4-anni-non-riguardera-solo-i-licei-ma-e-gia-coro-di-no/
Cara Maria Pia,
l’argomento da te sollevato della condivisione sulla opportunità di sperimentare il nuovo Liceo Classico Internazionale è legittimo. Ti chiedo però quali siano per te le modalità per condividere “dal basso” una tale scelta. Secondo il mio punto di vista, tale condivisione si può valutare correttamente in tre modi: il primo inequivocabile è rappresentato dal numero di utenti iscritti; il secondo è quello della sperimentazione e la terza è la soddisfazione reale degli utenti iscritti. In breve, se ci saranno gli iscritti che credono nel Liceo Classico Internazionale, questo già giustifica la sua esistenza perché la scelta delle famiglie e degli studenti è assolutamente libera e in concorrenza con una ricca varietà di altri indirizzi di studio. La sperimentazione scolastica inoltre, rappresenta quanto di più scientifico e democratico possa esistere: i primi quattro anni sperimentali faranno vivere “sul campo” la nuova esperienza a studenti, famiglie ed operatori scolastici. Non c’è altro modo per sapere se una nuova idea funziona: far provare, sperimentare, e verificare ai diretti interessati. Sapere tutto a priori è da maghi. Infine, le eventuali scelte non convinte di qualche studente possono essere corrette in itinere con cambi di indirizzo di studi sia all’interno del nostro istituto sia all’esterno. Nel salutarti, ti evidenzio l’orgoglio per l’Istituto Telesi@ essere tra le 5 scuola d’Italia scelte dal MIUR per la sperimentazione e ti invito a leggere l’articolo linkato dove si precisa che: …”si proverà in poche scuole statali e non. E si potrà parlare di eventuale allargamento del progetto solo se la preparazione degli studenti dovesse rivelarsi effettivamente equiparata ai “colleghi” che hanno frequentato lo stesso corso spalmato su cinque anni.” Giovanni Forgione
http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id=50450&action=view
Per me la modalità non rientra in quelle previste da te. Dal basso significa una reale discussione ante non post. A parte questo, ti sembra normale il come si è arrivati alla sperimentazione? Su quali modalità condivise, se non c’è un quadro normativo di riferimento, finalità precise, programmi chiari all’interno del sistema di istruzione nazionale? Cosa che si rivela dai links postati da Maria Pia Cutillo, che riguardano procedure poco chiare denunciate anche dai sindacati, e non solo dai soliti Cobas. In questa situazione, e in tutto lo sfascio delle varie valutazioni, imposte sempre dall’alto e con esiti a dir poco vergognosi ( es. concorsi a preside, TFA, ecc… ), riesci a sentirti tranquillo sull’esito della sperimentazione, e sulla richiesta di sperimentazione da parte delle famiglie? A me sembra tutto pilotato e perseguito a scapito di ciò che resta di un sistema di istruzione pubblico e inclusivo. Mi sembra tutto falsato, e le preoccupazioni di chi teme, da cittadino, in questo, un ennesimo attacco al nostro sistema di istruzione pubblica, non sono affatto fuori luogo. Servirebbe, forse, una discussione più approfondita e libera su finalità e strumenti, senza appiattimenti sul pensiero unico che sta affossando la nostra scuola e la democrazia in generale in Italia.
Cara collega Marilina,
la reale discussione per decidere se il Liceo Classico Internazionale è cosa buona chi la dovrebbe fare? E dopo la discussione come si fa a decidere se è cosa buona? Con votazioni? E chi ha il diritto di votare per questo argomento? Le opinioni contrastanti hanno tutte lo stesso valore e lo stesso diritto di essere espresse ma quando alla fine non c’è unità di intenti cosa si fa? Niente? Si aspetta la prossima discussione? Sono convinto che la democrazia abbia la necessità di livelli gerarchici. Il “capo” di un gruppo ha più esperienza dei singoli appartenenti al gruppo. Se dal basso si fa “ammuina” non si prendono mai decisioni. Questo vale per noi insegnanti “capi” della classe, sia per i vertici MIUR “capi” della macchina “istruzione”. Tuttavia, nel nostro caso specifico dell’istituzione del Classico Internazionale, non vedo imposizioni dall’alto definitive ed antidemocratiche. La modalità della sperimentazione racchiude in se un alta considerazione della democrazia. Per materializzare la discussione che tu vorresti dal basso non c’è altro di meglio che la sperimentazione. E’ la procedura giusta per verificare in modo reale la bontà della proposta. Sulle altre questioni “nazionali” che poni (concorsi a preside, TFA, tutto pilotato, appiattimento ecc… ) preferisco non risponderti perché andremmo per le lunghe. Resto nell’argomento di questa pagina web riaffermando che il Liceo Classico Internazionale non è l’unica scuola d’Italia, non è una imposizione e non è obbligatorio frequentarlo; è una importante e positiva opportunità in più per i ragazzi della valle telesina. Una nuova possibilità di scelta può solo arricchire il già vario pacchetto di opzioni.
Certo che come democrazia stiamo messi male se si accetta il fatto che è il capo a dover decidere se ci sono contrasti. Il metodo Marchionne applicato alla scuola? Del resto, è questo che sta avvenendo, purtroppo.
Il tentativo di ridurre di un anno il percorso scolastico parte da lontano e ci sono sempre state proteste perché visto come un espediente per tagliare in modo subdolo diritto all’istruzione e posti di lavoro. A partire da Berlinguer, ci hanno provato vari ministri, senza riuscirci per le proteste. Allora che si fa? Si usa la sperimentazione, senza badare troppo alle procedure, impedendo così le scomode proteste. Ecco allora la favola della verifica dei risultati ( ma di cosa? ), per far accettare qualcosa difficilmente accettabile.
Comunque, la mia contrarietà va al di là della paura della perdita di posti di lavoro. La mia contrarietà nasce dalla contrarietà ad un’idea di scuola che ci hanno imposto con il mantra del ” ce lo chiede l’Europa “. Mi riferisco allo smantellamento del sistema nazionale di istruzione attuato con lo smantellamento dei programmi nazionali. I licei, ed in particolare il Liceo classico, soffrono maggiormente di una situazione che vuole la scuola asservita alle esigenze del mercato. Non c’è più bisogno di una formazione di qualità; servono persone acritiche e flessibili, sempre più ignoranti e meno esigenti. Come non ricordare anche la riforma dell’università che, con la laurea triennale, ha portato a tanti disastri e penalizzato i giovani che non hanno più la possibilità di una formazione riconosciuta, a meno che non abbiano i soldi per pagarsi percorsi più qualificanti? Io temo che stia accadendo la stessa cosa per i licei.
A fronte di un tale sfascio, come mai non c’è una levata di scudi contro il loro smantellamento? Come mai si crede che in quattro anni si studieranno le stesse cose del Classico e in più altre materie, e in più ci si collegherà con il mondo del lavoro? Crediamo ai miracoli o ci facciamo distrarre dall’illusione di salvare iscrizioni e quindi posti di lavoro? Ovviamente, il posto di lavoro sotto casa, e quindi poco importa ciò che succederà nel futuro.
La cosa che mi indigna, però, caro Giovanni, è la memoria corta. Sembra che prima non ci sia stato nulla; che i tagli continui e la riduzione del tempo scuola non abbiano già creato un peggioramento dell’offerta formativa che si traduce nel livello di preparazione sempre più basso dei nostri studenti. E’ sconfortante come insegnante non trovare più nella scuola la possibilità di discutere seriamente, da insegnanti e da cittadini, di ciò che accade nella scuola. Sarà l’età, ma prima mi sembrava si discutesse di ciò che aveva ripercussioni sul nostro lavoro e sull’apprendimento. Non ci si affidava al decisionismo dei capi, perché la scuola era anche nostra e di tutti, e credevamo nel nostro lavoro come strumento di emancipazione e di crescita, bene comune da difendere per una società più giusta e inclusiva. Di persone, però. Non di iscritti. Forse avremmo dovuto ribellarci alla razionalizzazione e dimensionamento, non ti pare?
La perdita dei licei per me significa proprio questo. Perdita di memoria e capacità critica. Se ha effetto su di noi, professionisti e cittadini impegnati, figuriamoci che effetto avrà sulle nuove generazioni. Non so se sono riuscita a rendere il mio pensiero con chiarezza, ma sono troppo coinvolta e preoccupata per il destino della scuola pubblica per pensare a frasi ad effetto e da esperti della comunicazione. Confido in altre occasioni di confronto.
Cara Marilina, premesso che è sempre un piacere dialogare con te, ritorno sui punti sui quali io e te non siamo d’accordo. Le esigenze del mercato sono un fattore importantissimo da tenere in considerazione per le scelte di vita. Se la scuola si ispira a questo principio secondo me fa bene. Conta molto seguire le inclinazioni personali per sentirsi realizzato ma conta ancora di più sapere che un giorno lavorerò ed avrò una indipendenza economica. Se la scuola si adatta alle novità siano queste provenienti dall’Europa o dal mondo, fa bene. E’ inutile sfornare studenti che saranno scavalcati da altri di nazioni più previdenti e più attente. Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione. Ciò che va bene oggi non sarà più valido tra cinque anni, quindi sono fermamente convinto che le analisi di marketing siano utilissime in qualsiasi settore. Mi sarebbe piaciuto realizzarmi nella vita con l’attività a me più adatta ma faccio l’insegnante perché 40 anni fa era un settore in cui si “lavorava subito”. Allo stesso modo, penso che gli ideali siano oggetto di discussione ma alla fine ciò che conta nella vita è la realtà dei fatti e cioè “il mercato”. Hai reso il tuo pensiero con estrema chiarezza, come sempre. Sarà sempre un piacere per me discutere con te ed evidenziare le mie posizioni dopo avere ascoltato le tue.