Il gioco di carte telesino più popolare, che ha attraversato diverse generazioni fino ad entrare a far parte della cultura popolare del paese, è stato sicuramente “’O Quadrigliano”. Come giustamente osservava ‘avvocato Ninuccio Macolino, si dovrebbe dire “Quadrigliato”, ma nel corso del tempo ha sempre mantenuto il suo nome originario ed ancora oggi viene chiamato così.

Per ritrovare le origini di questo appassionante gioco, dobbiamo ritornare al “Dopolavoro” di Eduardo Di Mezza; fu infatti in quel luogo, che tra l’altro era l’unico punto di ritrovo dell’epoca, che si sviluppò il “Quadrigliano.”

Evidentemente non posso ricordare tutti i “quadriglianisti” dell’epoca, ma certamente ricordo mio padre Clemente Affinito, mio zio Giggino Affinito, Peppe Arzillo, Vito Volpe, Giuseppe Monteforte detto “Capeppe”, Antimo Di Matteo, Crescenzo Di Mezza, Salvatore Vaporieri, Silvio Salomone, Ciccio Franco, Luca Viola e il Dott. Gaetano Buttà, interprete di spicco del gioco, al quale vengono accreditate le regole tutt’ora vigenti.

Il Dott. Buttà giocava a tutto: quadrigliano, ramino, scala quaranta, poker, baccarà. Ho nella mente il ricordo dei tavoli di baccarà e lui in un angoletto a puntare imperterrito e senza mai tradire alcuna emozione. Grande filosofo del gioco!!  E come tutti i giocatori era superstizioso ed insofferente alle persone che gli si appiccicavano dietro.

Ma il ricordo più simpatico che ho di lui è legato al gioco delle buste,  il famoso carrozzone e le fatidiche frasi  dell’addetto ai lavori : ” la vuola?…il signore non la vuola!..il signore rifiuta tutte le offerte e andiamo a vedere il contenuto della busta…na’ bambula ‘e miccio?!”

Quando per estrazione capitava al Dott. Buttà di giocare, sistematicamente rifiutava tutte le offerte opponendo il caratteristico “nzu” alla siciliana accompagnato dal movimento del capo verso l’alto. Per lui il gioco consisteva nell’andare a vedere cosa conteneva la busta che gli era capitata.

Dopo questa divagazione, ritorniamo al quadrigliano. Tralascio tutte le altre regole, altrimenti dovrei scrivere un trattato e mi concentro solamente sulle chiamate, spesso  oggetto di discussione, premettendo che l’asso, il due ed  il tre sono considerate “carte da tressette”; la donna, il cavallo ed il re sono dette “figure”; tutte le altre sono  “scartine” (non valgono una mazza!).

Si gioca in quattro ed inizia il gioco colui che sta alla destra del mazziere, dopo aver scelto il compagno attraverso la chiamata di un tre, o i un due qualora possedesse tutti e quattro i tre. Colui che lo possiede diventa il suo compagno per quella mano ed inizia il gioco:

se gioca una carta sola, che sia una carta da tressette, una figura o una scartina, si dice: “piombo chesta!”;
se si  gioca ove si posseggono due carte, si può “lisciare” la carta di maggior valore oppure dire “ne tengo n’ata!”;
se si gioca ove si posseggono tre carte, si può lisciare due volte la carta di maggior valore, si può dire “terzo liscio” o doppio liscio qualora una delle tre carte sia un “re”;
se si gioca ove si posseggono quattro o più carte, si dice quarto liscio, quinto liscio ecc. Se una delle carte in possesso è un “re”, si chiama “tutta ‘a napulitana”, ove ‘a napulitana è costituita dall’asso, il due ed il tre dello stesso “palo”;
se si gioca ove si possiede un asso secondo, si liscia l’asso;
se si gioca ove si possiede un asso terzo, si dice “asso tierzo”;
se si gioca ove si possiede un asso quarto o più, si chiama “‘o venticinque”, ove il venticinque è costituito dal due e dal tre dello stesso palo;
se si gioca ove si possiede un due secondo, si liscia il due;
se si gioca ove si possiede un due terzo, si dice “chiamate ‘a bbona!”;
se si gioca ove si possiede un due quarto o più, si dice “ ‘a bbona pure l’asso”;
se si gioca ove si possiede un tre secondo, si liscia il tre;
se si gioca ove si possiede un tre terzo, si dice “tengo ‘a bbona!”
se si gioca ove si possiede un tre quarto o più si dice “’a bbona nun perdere ll’asso!”;
se si gioca ove si possiede un asso ed un due secchi (‘o vintotto) si  liscia il due;
se si gioca ove si possiede un ventotto terzo, si mette il due sul tavolo dicendo:” liscio o ‘a meglio”;
se si gioca ove si possiede un ventotto quarto o più, si chiede “’a meglio” e, se il giocatore non è una “piroccola”, mette il due sul tavolo;
se si possiede un asso ed un tre secchi ( ‘o vintinove”)  si liscia il tre;
se si possiede un ventinove terzo o più, si chiede ”’a meglio” e, se il giocatore non è “ nu’ turzo ‘e penniéllo” possedendolo, mette il “re” sul tavolo.

Queste mi sembrano le regole fondamentali ereditate dai padri storici del gioco e, quelli che non le osservano, farebbero bene a “ghi’ a jucà areta ‘a sèpe!!”

Non saprei dire se questa circostanza coincise con la morte prematura di Eduardo Di Mezza, ma di fatto quel nucleo storico di quadriglianisti abbandò il dopolavoro e la maggior parte di essi iniziarono a frequentare il “Circolo dei commercianti” situato nelle proprietà di Guido Maturo che si affaccia su via Roma, mentre qualche altro si iscrisse al “Circolo degli amici” situato  nelle proprietà di Ettore Maturo che si affaccia su viale Minieri.

Nel “circolo degli amici”, ai quadriglianisti storici come mio zio Giggino e Capeppe, si aggiunsero quelli di seconda generazione come ‘o marisciallo Leone,  Rafele Selvaggio, Tonino Pagliarulo, Ninuccio Macolino, masto Gaitano ‘o fravecatore, Tonino ‘e Girardo, Nicola ‘a Riccia, Vittorio D’Onofrio, Tonino Antinora, Ciccio ‘o barone ecc.

Fu in quella sede che nacquero quelle curiose e simpatiche appendici alle giocate del primo di mano che, quando possedeva due tre, usava far seguire alla giocata l’espressione “Fate!” e quando di tre ne possedeva tre diceva “Non perdete!”  Fortunatamente  queste bizzarre abitudini non durarono a lungo.

Quando poi all’orizzonte si prefigurava la possibilità del “cappotto” con raddoppio della posta in palio, ai soccombenti veniva preannunciato l’evento con quella mitica e straordinaria espressione :

 Capèèèèèè!!!!!!

E giunsero i nostri tempi, quelli della terza generazione. Il luogo deputato fu il bar del cinema “Modernissimo” che era gestito da Vicienzo Grillo. Gli abituali eravamo io, Franco D’Angicco, Vincenzo Grillo, Tommaso Fasano, Michele Barrera, Lucio Sorrentino, Raffaele Pallotta, Tonino Di Santo, Pasquale Viola e poi di tanto in tanto venivano a giocare con noi i “pezzi da novanta”, come Tonino di Chiara o addirittura “Ciccio ‘o barone”.

A mio giudizio, questi sono i quattro luoghi simbolo del “Quadrigliano telesino”, anche se questo gioco era diffuso anche in atri Bar come il Bar Sport, il Bar Vassallo, il Texas Bar ecc.

Ma chi è stato il più bravo giocatore di “Quadrigliano” di Telese? Senza nulla togliere ai  grandi talenti come Tonino ‘e Girardo, Nicola ‘a Riccia, Tonino di Chiara, Tonino Pagliarulo ecc., credo che siamo tutti concordi nel ritenere che il più grande giocatore di “Quadrigliano e Calabresella” sia stato Francesco Pilla, meglio conosciuto con l’appellativo di “Ciccio ‘o barone”.

Quando si sedeva al tavolo ed iniziava a giocare, perdeva il contatto con l’esterno, “staccava ‘a spina e penzava sulo ‘o juoco;  pure si lle dicive ca steve facenno ‘o terremoto, ‘o barone nun se smuveva. Sembrava che fosse caduto in catalessi!!”

Si ricordava tutte le carte e per quello che ricordo osservandolo da dietro quando giocava, a memoria non mi pare che abbia mai perso una partita per un suo errore.

Ciccio ‘o barone, il grande maestro!!!!

Riccardo Affinito

 

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