Nell’846 Cominium, ubicata probabilmente vicino alla Madonna della Libera, in località Tracciola, insieme con Telesia, venne rasa al suolo dai Saraceni. I superstiti delle due città fondarono un nuovo centro chiamato Cerrito, oggi Cerreto vecchia.
Di Cerrito non si hanno notizie fino all’epoca Normanna. Gli “uomini del Nord“ detti anche Vichinghi comparvero intorno al Mille nel Sud Italia prima come semplici pellegrini e poi come mercenari, traendo vantaggio dall’endemico stato di guerra fra i domini longobardi e bizantini.
Nel 1130 Ruggero II “il normanno” accorpò sotto un unico regno tutte le conquiste normanne dell’Italia meridionale, dalla Sicilia agli Abruzzi, organizzò un governo efficiente, personalizzato e centralizzato, ottenendo la corona reale dal papa.
Con l’avvento dei Normanni, Cerreto costituì il centro di una signoria assai potente: i Sanframondo. Nel 1151, infatti, il milite normanno Raone “Sancto Fraymundo”, per aver parteggiato per re Ruggiero, ottenne in premio l’assegnazione di diversi possedimenti, diventando così Conte di Cerreto. I Sanframondo abitarono nel Castello di Limata (S.Lorenzo Maggiore).
I Normanni portarono ovviamente con se la propria cultura e introdussero anche alcune soluzioni costruttive che divennero tipiche: torre principale di un castello costruita direttamente sulla roccia, notevole spessore murario, pietra da taglio solo nei cantonali e nelle aperture, porta di accesso al mastio ricavata al piano nobile, cisterne per la raccolta di acqua piovana sotto i locali d’ingresso. Questa tipologia sta emergendo chiaramente negli scavi di Cerreto Vecchia, dove i Sanframondo realizzarono anche il Monastero delle Clarisse fondato da Francesca De San Fraymundo nel gennaio 1369. Subito dopo Caterina Sanframondo lasciò il Monastero di S.Maria di Donnaregina in Napoli per trasferirsi a Cerreto: fu la prima Badessa. Alla sua morte la La seconda Badessa, Margherita Sanframondi, la fece seppellire in un sepolcro caratterizzato da un bassorilievo in marmo con gli stemmi dei Sanframondo e degli Angioini, oggi conservato nell’atrio del monastero.
Ma il Monastero è famoso anche per una vicenda storica, legata alla cosiddetta “Monaca di Monza del Sud”: Suor Giulia De Marco, una ex francescana di umili origini che, in odore di santità presso il popolino napoletano, fondò una congregazione piuttosto equivoca narrata, con il consueto garbo letterario, da Antonio Ghirelli nella sua «Storia di Napoli». Trattasi di una stupefacente storia di sesso e religione che provocò uno scandalo enorme che sconvolse Napoli ed ebbe un’eco in tutta Europa. Suor Giulia, per le sue teorie…libertine, fu giudicata dall’Inquisizione e trasferita nel severo Monastero di Cerreto. Ma anche qui la suora ben presto fece adepti e mise in atto le sue teorie, tanto da sconvolgere l’austero clima del Monastero, per cui fu trasferita a Roma ove, la mattina del 12 luglio 1615, nella chiesa di Santa Maria alla Minerva, fece, non so quanto volontariamente, pubblica abiura: «…Abiuro, maledico detesto et anatematizzo le suddette eresie, quali dicono, che gl’atti carnali, anche con pollutione procurata, non sono peccati...». Non bruciò così sul rogo, come avrebbe voluto l’Inquisizione, ma finì i suoi giorni nelle prigioni di Castel Sant’Angelo. Ritornando ai Sanframondo, come leggiamo in “Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forestiere” , il più famoso fu forse Guglielmo III: Signore di Cerreto, di Guardia Sanframondo, Limata, Pietraroja, San Lorenzo, Ponte, Faicchio, Massa Superiore ed Inferiore ecc. Guglielmo III fu inoltre nominato dall’Imperatore Federico II “Vicerè e Capitano Generale delle province di Terra di lavoro e Molise” . Con i Sanframondo ancora al potere, Alfonso II, re di Napoli, dichiarò città Cerreto perché“…residenza dei vescovi, capo della contea, illustre per la nobiltà dei cittadini possessori dei feudi, dovizioso per le ricchezze, ameno per l’aria, fertile per li terreni. Riguardevole per la magnificenza delle chiese e conventi, ornato di case palaziali…” . Poco dopo, nel 1483, Diomede, dei Carafa della Stadera, acquistò da re Ferdinando la terra di Cerreto con i suoi casali: Civitella e San Lorenzello, ponendo così fine al dominio dei Sanframondo.
Ecco perché, per evidenti motivi di completezza storica, penso che la Piazza, una delle tantissime dedicate alla capitale d’Italia, vada intestata ai Sanframondo. Si chiuderebbe così il discorso della memoria storica di Cerreto che ha visto opportunamente la intitolazione di Piazze e strade cerretesi a Marzio Carafa, a G.B.Manni, a Mons. De Bellis etc.
Lorenzo Morone.
Faccio i complimenti a Lorenzo Morone per l’interessante proposta e per la capacità di esporre ad un pubblico anche amatoriale tra cui mi annovero, informazioni sulla stirpe dei Sanframondo la cui etimologia credo, non è stata ancora adeguatamente indagata. Esistono molti studi sui Sanframondo che teorizzano l’origine della famiglia normanna dal posto in cui s’insediarono, l’attuale Guardia, intorno al mille. La maggioranza degli studiosi, basa questa tesi su un dato tratto da un libro di Erasmo Gattola, che è una trascrizione settecentesca di documenti benedettini, probabilmente non più esistenti. Il primo a citare questo documento fu lo studioso guardiese Abele De Blasio agli inizi del ‘900. In questa trascrizione, si cita in ‘Appunti su Limata’ (nota 1 di pag.11) che un certo Maione prende i voti da benedettino prima di morire e dona al monastero cassinese i suoi beni. Il possidente dichiara di abitare nel ‘Bicu de Fremundi’ , nei pressi di una chiesa di S.M. in Graofora…anno 856. Anche l’esimio prof. Antonio Cielo con il quale ho avuto di parlare recentemente sull’argomento, non ha dubbi che il ‘bicu’ in questione coincida con un’area di pertinenza dell’attuale Guardia. Con un certa irriverenza, ammetto, ritengo che questa affermazione così categorica sia priva di due requisiti necessari. Il primo è che parliamo di una fonte documentale non originale e poi, non è affatto scontata la sua interpretazione da bicu in vicus. La pregevole opera di trascrivere scritture altomedievali del Gattola è un attività che ancora oggi crea difficoltà anche ad archivisti specialisti ed una loro interpretazione va sempre comparata con altre informazioni, generalmente archeologiche. Secondariamente, se fosse stato trascritto con una buona approssimazione, confutando bicu in vicus, nessuna informazione contenuta nel documento ha attinenza con l’attuale Guardia. L’esistenza di una chiesa (S.Maria in Graofora), un complesso benedettino e poderi in località ‘Pulianellu finibus Telesinis’ sono più compatibili invece, con Telesia, di cui bicu de Fremondo poteva essere un quartiere interno alla città o una frazione. L’invasione Saracena, dall’assedio del 846 alla distruzione totale del 860 (a cavallo della data del documento) che provocò la migrazione degli abitanti di Telesia sugli avamposti fortificati e di avvistamento del circondario telesino (Rocca S.S., Cerreto, Guardia, Cusano e nel comprensorio di Vitulano su cui nacque il monastero benedettino di S.Maria della grotta ancora oggi visibile) è un dato storico comparato da ampie testimonianze documentali e quindi, non è inverosimile che chi si trasferì sul colle guardiese possa aver riportato al sito, la memoria del bicu (quartiere) di origine da cui, la famiglia Normanna che ne prese successivamente possesso, fece suo anche il nome del luogo.