
La censura – dice Zaslavsky – è una forma di controllo sociale che limita la libertà di espressione e di accesso alla informazione, basata sul principio secondo cui determinate informazioni e le idee e le opinioni da esse generate possono minare la stabilità dell’ordine sociale, politico e morale vigente. Applicare la censura significa esercitare un controllo autoritario sulla creazione e sulla diffusione di informazioni, idee e opinioni.
Sorvolo sui contrastanti pensieri dei filosofi Socrate, Platone, Tacito; tralascio ogni commento sulla massima autorità censoria che, fino al tardo medioevo, condusse la Chiesa all’Inquisizione, per fermarmi un attimo sulla censura fascista.
Se fossi nato trent’anni prima non potrei oggi escludere che sarei potuto essere un partigiano della prima ora, uno di quei giovani che si rifugiarono in montagna e si batterono per difendere la libertà che veniva loro negata. Il fascismo, però, diventò un regime totalitario solo dopo l’assassinio Matteotti e la protesta dell’Aventino ed in quanto tale, non poteva riconoscere ai cittadini il diritto di esprimere le proprie opinioni.
In regime democratico, come insegna l’amico Aldo Maturo, la Costituzione, all’art. 21, riconosce ai cittadini tale diritto ma ne stabilisce i limiti che poi sono anche le regole non scritte del vivere sociale.
Ed io che ho creduto essere persona civile devo ricredermi perché ultimamente richiamato al rispetto del senso civico?
Senza aver mai usato un termine offensivo ma soltanto limitandomi a leggere negli atti e riportarli. Senza commenti, premunendomi però dell’ausilio delle immagini che non ho ancora mostrato, più eloquenti del termine “in vergognoso stato di abbandono” da me più volte usato nel riferirmi al parco termale.
Non ho mai riportato, per esempio, i semplici conti “della lavandaia”: x – y = ?
Ora gli amici che non sono su facebook, mi chiedono: “Pietro, ma cosa avevi scritto!” Niente. Assolutamente niente. Solo qualche riflessione in più, solo qualche innocente analogia, solo qualche termine segnato in rosso e corretto, perché ritenuto offensivo e diffamatorio, sottolineo: ritenuto offensivo e diffamatorio.
La domanda che mi hanno posto gli amici se la sarà posta anche l’Impresa Minieri e, forse, starà valutando se, nelle mie parole, possano esservi gli estremi di una denunzia. Se posso aiutarli darò loro gli originali dei miei interventi, vale a dire gli originali non censurati da Vivitelese, insieme a quelli non pubblicati.
Assolutamente non è una sfida, è la convinzione di non aver offeso e tanto peggio diffamato alcuno: sono solo un incapace ad usare il linguaggio mieloso che non preferisco.
Nell’accomiatarmi da Vivitelese, sicuramente senza dolore da parte dei responsabili del sito, e con l’onestà che mi costringe ad ammettere che, da parte mia, il commiato non è indolore, ho scritto ancora affinché agli amici non restasse il dubbio sulla mia correttezza ed educazione.
Non sono un violento, neppure con la penna, alla mia età poi figuriamoci se possa essermi consentito. Sono nato e vissuto, fino all’età di dieci anni, in San Salvatore Telesino e, dopo una parentesi napoletana, adottato da Telese. Le Terme quindi mi interessano nella loro interezza e, da anni, sono un arrabbiato per come sono condotte.
Per quel che ho avuto modo di constatare, confido nei Sindaci concessionari dello Stabilimento termale: il primo ha da recuperare a causa di una impopolare parentesi, ma ha ancora tempo; il secondo ha la possibilità di incidere il suo mandato con un intervento importante non solo per i due Comuni ma per l’intera valle. Credo sia stato capito ma avremo modo di spiegarci meglio di persona.
E con questo, avverto di non accettare ulteriori istigazioni da parte di Vivitelese, anche perché mi sembra sia stato corretto. Mi sembra. Non si sa mai.
Un saluto affettuoso ai tantissimi amici virtuali lettori. Troverò il modo per tenervi ancora informati.
Pietro Quercia.
Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. ViviTelese è un luogo di dialogo dove si instaurano confronti verbali tra due o più persone. Il dialogo, che è discutere idee non necessariamente contrapposte, presuppone l’ascolto dell’interlocutore. Nonostante i miei numerosi commenti esplicativi, caro Pietro, hai fatto orecchio da mercante e hai fatto finta di non leggere quanto ti ho espresso più volte. Deduco dal tuo comportamento, ignorando l’interlocutore, che non ami molto il dialogo. L’essenza di tutti i miei commenti è questa: ViviTelese avvisa gli autori delle opinioni, prima che essi pubblichino le proprie idee ad accettare il regolamento. Le regole sono semplicissime: niente turpiloquio o offese diffamanti. O ti piace la nostra impostazione o scrivi altrove: la nostra linea è chiara e sempre la stessa da dodici anni e non siamo un servizio pubblico obbligato ad erogare prestazioni ai cittadini. E’ del tutto spropositato il tuo ruolo di vittima della censura. La censura vera, quella che hai scomodato con le tue citazioni, riguarda vittime di regimi totalitari. In quei casi non c’era soluzione per esercitare la libertà di espressione. Nel nostro caso piccolissimo, tu hai tutta la libertà di esprimerti “alla porta accanto” ed in decine di modalità differenti. Ad esempio puoi esercitare la tua libertà espressiva in modo diretto con lettere denuncia o manifesti pubblici. Perché ancora non l’hai fatto? Temi di essere querelato? Se la tua voglia espressiva è così veemente perché nascondersi dietro Vivitelese? Ti ripeto fino a quando vuoi che i tuoi scritti, in alcuni tratti risultano offensivi e diffamanti secondo il mio giudizio, condiviso dai soci di Vivitelese. Per la pubblicazione sul nostro sito, di cui siamo responsabili, il giudizio su quanto diffamante sia una frase riguarda noi gestori, non te. Il concetto è semplicissimo: c’è poco altro da aggiungere.
..Credo che non ci sia null’altro da aggiungere al tuo scritto, padre.
Non v’è null’altro da aggiungere anche in funzione del fatto che, grazie all’ennesimo intervento “chiarificatore” di Giovanni Forgione, i lettori di Vivitelese, ora, hanno sicuramente le idee più chiare!..
Salvti.
Gianluca Rufus Quercia