Mi sono chiesto tante e tante volte perché la mia gente e la mia terra avesse smesso di lottare e non reagiva ai montanti degli insulti e delle insolenze che riceveva. La risposta che mi sono dato è  che la mia gente era stanca di dover soffrire per qualcosa che non sarebbe mai più tornata,si era rassegnata al fatto che il suo destino era ed è quello che hanno scritto gli altri per lei. Ho sentito innumerevoli volte, all’inizio della campagna elettorale che attraversa il comune di San Salvatore Telesino l’appellativo “bene comune” senza però riuscirne a comprendere l’estensione o la pluralità di significato. La questione dei beni comuni è seria, ma ne va evitata la retorica.  Credo che molti di noi siano andati a votare per il referendum sull’acqua pubblica, assistendo poi sbigottiti ai vari tentativi di riprivatizzarla. Credo che molti altri abbiano anche votato, alle scorse politiche, una coalizione denominata Italia bene comune, per poi vederla subito implodere di fronte all’inciucio con il berlusconismo. Quella dei beni comuni, è una sfida ampia, e che in effetti, rischia di diventare un’etichetta meramente decorativa, come lo fu in passato per le parole: “responsabilità”,  “sostenibilità”, “vivibilità”. Si corre dunque il rischio concreto che quella dei beni comuni diventi l’ennesima retorica, buona per tutti e per nessuno.

Per scongiurare ciò, e per poter evitare di cadere in pericolose appianamenti è forse necessario fare un po’ di chiarezza, cercando innanzitutto di comprendere se il fenomeno dei beni comuni sia figlio dell’attuale società globalizzata o se, al contrario, sia qualcosa che affonda le sue radici in un passato ben più lontano. Le prima teorizzazione del bene comune viene fatta risalire sia al diritto romano, sia alla filosofia d’ispirazione tomistica.  La prima Costituzione a contenere il diritto al bene comune però fu la Magna Charta del 1215 (che fu anche la prima Costituzione scritta della civiltà occidentale). Il bene comune dunque è il risultato di un atto di sottrazione di beni alla proprietà privata, seguito da un atto di ridisposizione di quegli stessi beni al servizio della collettività.
Molti si chiederanno:  ma dunque il bene comune è una sorta di principio di Robin Hood togliere ai ricchi per dare ai poveri? Potrebbe anche darsi, ma a mio avviso il bene comune è l’atto fondamentale che deve riuscire a renderci responsabili (non è retorica questa),  il mondo è finito, nel senso che non è infinito e che non disponiamo di un pianeta di riserva. San Salvatore Telesino è finito, non ne abbiamo un altro dal quale ripartire. Ecco cosa sono davvero i beni comuni, ecco, come la parola bene comune deve essere utilizzata e scomposta per San Salvatore.
Non si può continuare a parlare di bene comune e di legalità senza farne comprendere il senso profondo ad ogni cittadino. I beni comuni non sono fiabe da raccontare, non sono storie destinate a scontrarsi con la realtà. Il bene comune non è la dichiarazione di guerra fra ricchi e poveri, ma una critica anche economica dello sviluppo senza limiti, il bene comune è l’ultimo baluardo di democrazia e d’uguaglianza.
I beni comuni sono la Bibbia di ogni buon cittadino, e la loro salvaguardia il giuramento più solenne di qualsiasi classe dirigente. La comunità è la titolare dei beni comuni, e a lei, spetta il compito di diffonderli e difenderli per poter soddisfare i bisogni primari di ogni persona, che è un diritto fondamentale.
Non credete a chi vi propone un diritto a discapito dei altri perché non lo è. Ogni qualvolta, i cittadini calpestano un diritto o ogni volta che vi calpestano un diritto è un delitto che viene commesso a voi e a tutti gli altri intorno a voi. Bisogna iniziare a ragionare in maniera plurale e solidale, solo così il bene comune che tanto spesso viene citato può trovare vita.
San Salvatore è un bene di tutti, non solo di chi lo guida (anche commettendo errori, o facendo cose pregevoli, impegnandosi e sacrificandosi). Il bene comune è il limite di San Salvatore, se tutti riuscissimo ad essere consapevoli di ciò che viviamo ogni giorno forse riusciremmo a conservarlo meglio a preservarlo a tutelarlo a ripulirlo.
Un paese disunito, spaccato o in trincea non può esistere, e dove non si esiste e non si resiste non possono esserci beni comuni. Non può e non deve esistere un paese in cui il bene comune viene decantato una volta ogni 5 anni è un nonsense, è un’aporia. San Salvatore ha bisogno di essere un bene comune, ha bisogno di essere ripulito con l’impegno di tutti, ha bisogno di essere vissuto da tutti, ha bisogno delle idee di tutti, ha bisogno delle mani tese di tutti i suoi figli. È facile troppo facile decantare o lamentarsi è troppo facile fuggire dai limiti che stesso noi cittadini abbiamo imposto con il nostro modo di pensare alla nostra terra. San Salvatore ha bisogno di essere educato al bene comune, a San Salvatore il bene comune va ripiantato.
San Salvatore non può continuare a vivere attraverso l’uso alternato dei diritti. San Salvatore ha bisogno, come d’altronde tutto il mondo, di nuovi criteri etici e sociali. Questi criteri, per San Salvatore devono implicare un miglioramento della qualità dei servizi erogati e delle condizioni di lavoro, innescare circoli virtuosi nella filiera locale, e più in generale devono contribuire ad vera transizione sostenibile.
San Salvatore siamo tutti noi ed è solo tutti insieme che possiamo farcela, è la comunità sono i cittadini che detengono l’humus per la rinascita, siete voi cittadini di San Salvatore ad avere tra le mani il vostro bene più grande: il futuro della vostra terra, l’unico bene comune che non può essere scomposto siete voi, sono i vostri sogni è il diritto di poter vedere i vostri figli crescere e realizzarsi in luogo migliore.
La personalizzazione di un bene, la personalizzazione dei diritti, la personalizzazione della politica non sono altro che degenerazioni e le degenerazioni che stanno ammazzando il nostro paese, è la volontà dei cittadini, di tutti i cittadini alti, bassi, magri, in carne, poveri, ricchi, stranieri e casaleschi doc, che fa la differenza, è la volontà crea il bene.
San Salvatore non ha più bisogno di deleghe ma di partecipazione.

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