Verso la metà degli anni ’60, insieme al compianto caro amico Rag. Fernando Vitella, iniziai a frequentare la Clinica “San Francesco” di Telese dove, durante le ore serali, svolgevamo lavori di contabilità. Non ci volle molto tempo perché i rapporti con il Direttore dott. Alfio Moretti e con il Consigliere Delegato dott. Raffaele Casucci divenissero amicali e, in tal modo, io e Fernando ci sentimmo componenti di una grande famiglia che comprendeva anche le Suore degli Angeli: Suor Nicolina (addetta alla cucina), Suor Silvestra (aiuto cuciniera), Suor Achelina (guardarobiera), Suor Aurora (infermiera) che fu in Clinica dal 1962 al 1968, sostituita poi da Suor Gerarda che giunse in clinica agli inizi del 1968 insieme alla Superiora Suor Romana Martucci e, per un breve periodo, ci furono pure Suor Ines e Suor Ninfodora.
Tutte le suore erano bravissime nei rapporti con il personale e con i ricoverati ma, soprattutto nell’espletamento delle loro funzioni. Suor Gerarda era attivissima nei suoi compiti di infermiera in corsia e in sala operatoria ed era sempre pronta ad offrire il suo aiuto ed il suo interessamento a chiunque le si rivolgesse; Suor Romana, la superiora, era molto accondiscendente e cercava di risolvere al meglio i problemi che le erano sottoposti; Suor Nicolina era una vera maestra nell’arte culinaria e la ricordo molto simpaticamente nel suo comportamento e nelle sue espressioni che suscitavano moti di allegria a chi le stava vicino e aveva modo di interloquire con lei. Diverse volte, di sera, mi pregava si restare a cena in clinica insieme ai medici di turno, assicurandomi di aver preparato dei manicaretti speciali ed io, sapendo già che avrei mangiato davvero delle cose particolari e saporitissime, non mi facevo pregare molto.
Il Direttore era un valentissimo chirurgo e il dott. Casucci un bravissimo internista ed entrambi erano simpaticissimi e sempre disponibili, svolgendo la professione con grande competenza e capacità e, allorquando se ne ravvisavano le condizioni, prestavano la loro opera anche in modo gratuito.
Quando, a sera inoltrata, stavo vicino alla scrivania insieme al Direttore per il disbrigo di pratiche amministrative, senza accorgerci del trascorrere delle ore per il modo simpatico del Direttore stesso di frammistare all’impegno lavorativo divertenti storielle che lui -da buon romano- sapeva raccontare in modo molto brillante, mi è capitato molte volte di vedere delle persone, soprattutto anziane donne, che -bussando discretamente- chiedevano il permesso di posare sul tavolo dei cesti colmi e coperti da lindi panni bianchi. Si rivolgevano al Direttore pregandolo di accettare quei doni in segno di riconoscenza per l’intervento chirurgico effettuato che aveva risolto brillantemente i loro problemi.
Io guardavo in viso il Direttore e m’accorgevo che lui non ricordava la persona che aveva davanti in quel momento e, tergiversando un poco, faceva in modo di sapere la natura specifica dell’intervento chirurgico e, appena conosceva qual’era stato l’intervento, ricordava tutto perfettamente, sia il paziente che l’intervento, anche nei minimi particolari.
Quei doni che molto spontaneamente erano offerti al Direttore in cambio della sua opera di specialista chirurgo che lui prestava senza costi aggiuntivi, consistevano in “prosciutti formaggi, capretti, conigli, salsicce, dolci, scelta frutta di stagione, etc.).
A proposito del “Direttore”, mi piace ricordare pure quando qualcuno veniva in Clinica a chiedere se conoscevamo un certo dott. Moretti e noi, senza poter trattenere un sorriso divertito, spiegavamo che il Dottor Moretti non era altri che il Direttore. Ciò accadeva infatti perché era di uso comune, dentro e fuori la Clinica, citare il Dottor Alfio Moretti solamente con l’appellativo di “Direttore”.
Nella casa di cura privata “Clinica San Francesco” (gestione “curat et sanat” s.r.l.) c’erano molti valenti medici che operavano con seria professionalità, ciascuno nell’ambito della sua specializzazione. Tra i tanti, ricordo il direttore del Laboratorio di analisi dr. Paternostro, l’anestesista Michele Tupputi, l’otorino Stefano Foglia, l’ortopedico Lombardi, seguiti poi dal responsabile di radiologia dr. Lello Rea, dalla dr.ssa Fedora Gaetano, dal dr. Alberto Falzarano, dal cardiologo dr. Domenico (Mimmo) Acanfora,dal dr. Enzo Fasulo, dal dr. Pollastro e da tanti altri.
C’era anche un buon numero di infermiere e di inservienti che svolgevano le loro mansioni con scrupolo e precisione e c’era Tommaso Leone da Solopaca che era un inserviente “tuttofare” che morì prematuramente. A questi, nel 1976, seguì Lorenzo Bozzi che faceva l’autista al Direttore, svolgeva i servizi esterni di approvvigionamento, curava la manutenzione dell’impianto di riscaldamento e dell’ascensore, facendo anche le riparazioni dei piccoli guasti che avvenivano sia alle strutture murarie e sia alle porte interne. Nel 1974 aveva preso servizio in Clinica anche Carmela Razzano, moglie di Lorenzo, che prestava il suo lavoro all’ “accettazione”, curando l’ordine del ricovero dei pazienti, gli appuntamenti con i vari specialisti e il ritiro dei risultati di analisi e radiografie. C’era anche Rosalba Mollica (napoletana, nipote del Direttore, deceduta prematuramente) che si alternava a Carmela nei turni di servizio.
L’ambiente sereno e tranquillo della “San Francesco” era come quello di una grande famiglia con la qualificatissima dirigenza del dr. Alfio Moretti e del dr. Raffaele Casucci.
Eravamo agli inizi dell’anno 1968 quando conobbi Padre Tommaso, sacerdote dell’ordine dei “Giuseppini”, Vice Preside e docente di Lettere e Filosofia presso il prestigioso Istituto L.Murialdo in Albano Laziale.
Ricordo che un giorno Padre Tommaso, con la sua valigia, arrivò alla Clinica “San Francesco” dove fu accolto festosamente da tutto il personale e dalle suore. Appena riuscì a districarsi dalla piccola folla che si era formata intorno a lui, venne verso di me con la mano tesa: “Tu certamente sei Angelo ed io già ti conosco poiché il Direttore Moretti mi ha parlato di te”. A questo punto io, inchinandomi lievemente, tentai di baciargli la mano -come ero stato abituato a fare con i religiosi- ma lui, prendendomi sotto le ascelle, mi sollevò e mi abbracciò con calore come se fossimo vecchi amici. Io rimasi basito, mai mi sarei aspettato un comportamento simile da una persona che vedevo per la prima volta e che, per giunta, era posto su di un livello sociale molto più alto del mio. Fu così che iniziò la nostra conoscenza che presto si tramutò in vera e propria amicizia.
Nel mentre eravamo tutti a salutare Padre Tommaso sopraggiunse il Direttore che, dopo aver scambiato con lui un abbraccio fraterno, lo apostrofò in tal modo: “Don Tommà, tu lo sai che sei sempre il benvenuto e puoi sempre considerare questa la tua casa, ma mi devi spiegare una cosa: -come mai, tre o quattro giorni prima del tuo arrivo incomincia un via vai di giovani donne che vengono a chiedere se tu sei già arrivato?! Com’è che le donne sanno prima di me della tua venuta?-“ Al che Padre Tommaso rispondeva molto candidamente: “Direttò, con i miei amici telesini scambio qualche telefonata e quando capita in un periodo in cui ho già deciso di venire un po’ a Telese si vede che mi scappa di informarli!” – “Tommà, tu sai che non c’è bisogno d’‘a prenotazione per essere accolto qui da noi ma, ti prego, quando te scappa fallo sapere pure a me!” Il battibecco continuava su questo tono ancora per un poco e il tutto finiva in una grande risata generale a dimostrazione del grande e saldo vincolo d’amicizia intercorrente tra il Direttore e Padre Tommaso.
Dopo alcuni giorni, durante un pomeriggio, accompagnai Padre Tommaso in una passeggiata nel parco delle terme e lui mi raccontò che era stato proprio per l’acqua termale che aveva sentito parlare per la prima volta di Telese. Infatti alcuni suoi amici compaesani (era nato il 07-06-1928 a Volturino, in provincia di Foggia) gli avevano parlato delle miracolose proprietà curative dell’acqua di Telese e, poiché era sofferente di una forma di psoriasi, si era recato nel nostro paese prendendo alloggio presso la famiglia di Mario Ocone, al “quadrivio” che era una di quelle famiglie che svolgevano anche l’attività stagionale di “fittacamere”. Dopo alcuni giorni di frequentazione degli stabilimenti termali, si era recato alla Clinica San Francesco per una visita di controllo e aveva conosciuto il Direttore Moretti. Nacque fra loro una stima e una simpatia reciproca che, dopo non molto tempo, si tramutò in vera amicizia. Quindi, negli anni successivi, Padre Tommaso trovò sempre alloggio presso la Clinica San Francesco, ospite illustre del Direttore.
Da pochi mesi avevo conosciuto Padre Tommaso che era già diventato amico di famiglia; infatti avevo avuto la fortuna di averlo ospite a cena a casa mia già diverse volte e lui si congratulava molto con la mia mamma (Serafina Cusano) e con mia moglie (Maria G.Tanzillo) per la bontà e la genuinità della cucina, ma soprattutto dichiarava di apprezzare in modo particolare gli antipasti con brodini di verdure che gli preparava mia madre. La sua vicinanza ci fu di grande conforto quando, sabato 21 settembre del 1968,
malgrado l’impegno dell’ostetrica Clara Cappella di San Salvatore Telesino e del cugino di mia moglie dottor Vincenzino Di Massa, oltre a quello del ginecologo dr. Sandro Coletta, fummo colpiti da una gravissima disgrazia: in travaglio di parto morì il nostro primo bambino! Padre Tommaso si impegnò molto per starci vicino il più possibile e per rincuorarci nel migliore dei modi e il suo conforto insieme a quello di Padre Basilio -dei francescani Frati Minori Conventuali (all’epoca proprietari dell’immobile della Clinica)- ci fu di molto aiuto -soprattutto a mia moglie- per superare quel terribile e doloroso momento.
Per un lungo periodo Padre Tommaso è stato un sicuro riferimento per me e la mia famiglia e, ogni qualvolta ne sentivamo il bisogno, non mancava di offrire il suo aiuto e darci i suoi preziosi consigli. Celebrò anche i matrimoni delle mie due figlie: quello di Loredana nel 1994 e quello di Serafina nel 1999.
Diverse volte ha partecipato con noi anche alle gite che facevamo d’estate sulle montagne di Pietraroja (nello spiazzo d’a funtana a ‘u salice, a ‘u vosco ‘a Torta o sulla via che portava a Bocca della Selva): era felice di trascorrere del tempo in quei luoghi dove aveva l’opportunità di riposarsi dagli impegni scolastici e dove poteva godere della tranquillità necessaria ad una sana e serena meditazione. Si divertiva molto a raccogliere le fragoline di bosco e si prodigava, insieme a noi, a cercare legna per accendere il fuoco occorrente ad arrostire peperoni e svariati tipi di carne. Era spettacolare vederlo bere alle sorgenti, che copiose esistevano nella zona quando, molto divertito e accentuando i gesti, si tergeva la bocca col dorso della mano ( poi, in disparte, si asciugava col fazzoletto sia la bocca che la mano scusandosi col dire che, se non l’asciugava per bene, se le sentiva sempre umide).
Sono state tre volte all’Istituto Murialdo di Albano Laziale e ricordo contento che, dopo aver bussato, s’apriva il portone e un addetto chiedeva chi fossi. Io dicevo il mio nome dicendo che venivo da Telese. Appena sentito “Telese” l’addetto -senza chiedere nessun’altra spiegazione- correva verso l’interno e, dopo poco, mi trovavo al cospetto di Padre Tommaso che si dimostrava sempre felice di vedermi e interessato a chiedere notizie degli amici di Telese.
Molte volte, uscendo con lui, c’imbattevamo in personaggi famosi nel campo dell’istruzione, della politica, dell’economia ed anche nel campo artistico ed io restavo meravigliato di quanta considerazione e stima fosse dimostrata a Padre Tommaso per essere stato l’insegnante diretto di tali personaggi o di loro figli e/o nipoti. Per tutti era ed è stato sempre un enorme piacere poter discorrere con lui, scambiando sentimenti di stima e d’amicizia.
Alcuni anni or sono, per raggiunti limiti di età, dovette lasciare l’insegnamento e, quindi, la carica di Vice-Preside dell’Istituto Murialdo. Da allora Padre Tommaso ha via via perso quella vitalità e quella voglia preponderante di “fare” che era stata sempre linfa vitale del suo percorso di vita nelle varie attività di studioso, di docente, di filosofo, di sacerdote e di collaboratore in varie iniziative socio-culturali. Purtroppo l’inattività dovuta all’avanzare dell’età l’ha reso sempre più debole anche nel fisico e lo scorso 23 Marzo si è addormentato nella pace del Signore.
Sapevo delle sue non buone condizioni di salute e, tempo fa, ero anche riuscito a parlargli al telefonino e m’ero reso conto, ascoltando la sua voce stanca, che effettivamente non stava bene ma mai avrei pensato ad una sua fine imminente.
Ho appreso della sua dipartita dal “Sannio quotidiano” del 5 Aprile u.s. e sono dispiaciuto di non aver ricevuto la notizia dai tanti “amici” che pure conoscevano i miei rapporti con Padre Tommaso Mastrolitto.
Sono certo che adesso lui vive nella gloria del Signore e che dal “Regno dei Cieli” non mancherà di darci la Sua benedizione.
Telese Terme, 21-Aprile-2013 Il “Telesino doc” Angelo Leone