Sui monti del Matese, posti a cavallo del confine tra Campania e Molise, si registra la presenza fissa di una coppia nidificante di aquile reali e la presenza discontinua di qualche esemplare erratico alla ricerca di un territorio e, contemporaneamente, di una compagna o di un compagno per formare una nuova coppia. Attualmente la coppia di aquile si riproduce sulle pareti rocciose del “Vallone dell’inferno”, in territorio del comune di Castello del Matese (CE), a poco più di 5 chilometri dal confine con il territorio di Cusano Mutri (BN). Le aquile sul Matese sono state decisamente più presenti fino a pochi decenni fa per un motivo semplicissimo: c’era abbondanza di lepri e pernici, le loro prede preferite, per cui i rapaci non avevano gli attuali problemi alimentari.

Ciò porta a riflettere su una realtà da cui risulta che le prede di maggiori dimensioni, come lepri e pernici, che l’aquila predilige e delle quali ha bisogno per necessità alimentari, sono rare perché, almeno finora, nona è stata assicurata la necessaria tutela dalla caccia a queste specie; oppure la tutela è stata assicurata solo sulla carta (?!), facendo in buona sostanza solo discorsi sterili.  L’aquila reale nidificava sui monti del Matese anche quando non era stato ancora istituito il “Parco Regionale del Matese” e, quindi, anche quando non era stata istituita ancora alcuna forma di protezione. Ma a distanza di oltre 10 anni dall’istituzione del “Parco”, sembra che le condizioni di sopravvivenza dell’aquila reale sul Matese non siano affatto migliorate; anzi rimangono preoccupanti. E ciò a causa delle condizioni alimentari sopra riassunte.

Nel canyon  tra Cusano Mutri e Pietraroja,  in provincia di Benevento,  c’è ancora un nido di aquila reale.

Nel sud Matese, nei territori dei comuni di Cusano Mutri e di Pietraroja, in provincia di Benevento, dove l’aquila veniva (e viene ancora) dialettalmente chiamata “l’aucèlla”, vi sono persone anziane che ancora ricordano  – e ne raccontano ancora diversi aneddoti – la presenza quotidiana delle aquile anche nell’alta valle del Titerno, almeno fino a dopo al Seconda Guerra Mondiale.

Allora questi territori brulicavano di contadini e pastori (ora quasi scomparsi) e le aquile non si sentivano affatto disturbate dalla loro presenza, anzi erano esse che “disturbavano” i contadini e i pastori, predando alla luce del sole anche agnelli, polli, cani di taglia modesta, ecc..

Un vecchio pastore ricorda il suo affannoso e disperato inseguimento con un bastone ad un aquila intorno al suo gregge sul Monte Mutria. Il rapace, evidentemente affamato, faceva brevi voli intorno al gregge per sfuggire al pastore che lo inseguiva, ma non ne voleva sapere di andar via.  Il pastore ricorda che alla fine fu lui a vincere, ma quanta fatica!

Un altro pastore ricorda che rimaneva sempre piuttosto impressionato nel vedere correre a rifugiarsi nel fitto del bosco il suo pur robusto e grosso cane “pastore abruzzese”, quando l’aquila cominciava a volteggiare nel cielo della zona. Il pastore ne deduceva che il suo cane temeva quel grosso uccello e preferiva mettersi al sicuro nel fitto del bosco!

Alcuni contadinimentre coltivavano un loro terreno in montagna nella zona di “Fontana Paola” (non lontano da Bocca della Selva), sentirono il guaito del loro cane di taglia media che si trovava a qualche centinaio di metri da loro. Si voltarono e riuscirono solo a vedere che un’aquila se lo portava via appeso ai suoi artigli, dopo averlo sorpreso e “agganciato” con volo radente.

Un contadino di Cusano Mutri (BN) raccontava spesso che un’aquila predava le sue galline, che egli teneva di giorno in libertà nei pressi della sua abitazione rurale. A volte egli avvistava il rapace in lontananza, mentre scendeva dal Monte Mutria ed era chiaramente diretto alla sua abitazione.

È necessario assicurare  un minimo di fabbisogno alimentare per il grande rapace, garantendo una discreta presenza (e non ci vuole molto) nel Parco delle sue prede preferite: lepri e pernici.

Per quanta riguarda le lepri, non sarebbe affatto difficile vederle aumentare di numero. Dopo averne fatto un ripopolamento anche non eccezionale per numero di esemplari, basterebbe assicurare il rispetto dell’area protetta matesina (il “Parco” appunto). Rispetto che si realizza innanzi tutto con l’effettiva osservanza del divieto di caccia, contrastando ed eliminando ogni forma di bracconaggio, diurna e notturna.

Per quanto riguarda la “coturnice” (alectoris graeca), che è una varietà di pernici ed è anche detta pernice grossa, fino ad una cinquantina di anni fa è stata comune (anzi diffusa) anche sui nostri monti (Matese soprattutto)ma ora è praticamente ridotta al lumicino, e solo in zone assai limitate, con scarse probabilità di evitare la scomparsa definitiva senza un’accorta politica di intervento e di tutela.

Per problemi alimentari l’aquila potrebbe scomparire dal Matese. Ed oltre al danno, si dovrebbe in tal caso riconoscere anche un’amara beffa, nel senso che si dovrebbe chiaramente ammettere che l’aquila, riuscita miracolosamente a sopravvivere quando non c’era il divieto di caccia, non risulta ancora sufficientemente tutelata nonostante l’istituzione dell’area protetta (il Parco Regionale del Matese !).

Favorire la presenza dell’aquila reale sul Matese, tenendo soprattutto in gran conto le sue esigenze alimentari, non è importante solo ai fini della sua sopravvivenza, ma occorre anche considerare che un ambiente naturale d’eccezione come quello matesino, decisamente idoneo ad una presenza faunistica altrettanto rara (aquile, lupi, pernici, caprioli, ecc., ecc. …), se tutelato e protetto come si deve, può avere un ruolo assai rilevante anche nella promozione turistica del territorio.

La natura è pertanto anche una preziosa risorsa economica!

Non c’è dubbio che la presenza dell’aquila reale nel Parco Regionale del Matese suscita anche orgoglio nelle popolazioni locali, ma assieme all’orgoglio c’è anche un sentimento di preoccupazione per la “salute” di questo affascinante rapace sui monti del Matese, di cui giustamente viene considerato fiore all’occhiello”.

La speranza di tutti è che l’aquila reale continui ad essere  la padrona dei cieli matesini”.  Occorre perciò tenere ben presenti le necessità alimentari di questo rapace che, come tutti sano, è al vertice della catena alimentare e svolge anche un’importante funzione nell’equilibrio che c’è in natura.

Emidio Civitillo

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4 Commenti

  1. “Favorire la presenza dell’aquila reale sul Matese, tenendo soprattutto in gran conto le sue esigenze alimentari, non è importante solo ai fini della sua sopravvivenza, ma occorre anche considerare che un ambiente naturale d’eccezione come …quello matesino, decisamente idoneo ad una presenza faunistica altrettanto rara (aquile, lupi, pernici, caprioli, ecc., ecc. …), se tutelato e protetto come si deve, può avere un ruolo assai rilevante anche nella promozione turistica del territorio…” Diceva spesso il Commissario del Parco del Matese Dott. Maurizio FRAISSINET, a proposito della reintroduzione del Lupo:..avranno pure qualche disagio i pastori, ma la gente che vuole venire al Parco è proprio il lupo che vuole vedere… Lo stesso discorso, turisticamente parlando, vale per le Aquile. Siano le benvenute. Impariamo ad amare e rispettare la natura, educando principalmente i ragazzi a scuola e nella vita.Noi questo abbiamo. Difendiamo con l’unghia e con i denti le nostre eccellenze: ambiente, territorio, artigianato, eno-gastronomia.

  2. Gentile Professore, apprezzo molto l’impegno, la tenacia e la competenza con cui svolgi questa azione di diffusione del sapere sulle cose della natura.
    Ed importante è, anche, tramandare i racconti, gli aneddoti e le storie che riporti poiché la memoria storica è, di fatto, cultura da tramandare.
    Il bellissimo servizio sull’Aquila Reale, come pure quella precedente sulla Coturnice del Monte Erbano ecc… sono pietre miliari della storia del nostro territorio.
    Solo chi ha il coraggio di andare in quei luoghi, non con fuoristrada o SUV, ma con la fatica ed il sudore di marce forzate può capire ed apprezzare il tuo lavoro e quello di chi ha veramente a cuore la conservazione integrale della flora e della fauna autoctona.
    Ho avuto la fortuna più di una volta di vedere l’aquila reale volteggiare sui monti del Matese. La prima volta, insieme ai Lerlaminerka ( http://www.francescoraffaele.com/web-y2007/Vallone_dell_Inferno.htm ) ho visto il volo di un’esemplare giovane (con le tipiche macchie bianche sotto le ali) e successivamente sulla Gallinola un esemplare più maturo ( http://www.francescoraffaele.com/web-y2007/Gallinola-Lago_Matese.htm ) .
    Vedere dal vivo il volo dell’aquila reale è un’emozione indescrivibile che gli “ambientalisti della domenica” non potranno mai vivere.
    Il messaggio che trasmetti è fondamentale: “Tutela integrale del territorio” per salvaguardare le specie quasi totalmente estinte. La lotta è durissima ed io la sto combattendo in prima linea nel silenzio e l’indifferenza generale. Purtroppo la gestione politica, ottusa, clientelare e speculativa del territorio, è la maggior responsabile del degrado ambientale del nostro territorio. Ho denunciato più e più volte le emergenze del mio territorio ma nulla si è mosso. Discariche più o meno abusive, scarichi di liquami di fogna direttamente nei corsi d’acqua, vecchie discariche comunali occultate e mai risanate ne sono le cause principali. Poi c’è l’ottusa programmazione di politici (?) che pensano di stimolare il turismo “illuminando” la “Morgia di Sant’Angelo” di Cerreto non pensando che quella luce condizionerebbe negativamente quell’esile equilibrio faunistico oppure costruire mega centrali fotovoltaiche in prossimità della stessa Leonessa (Loc. Cese) restringendo ancor di più gli spazi vitali degli animali selvatici e della flora che ancora riesce a resistere alle aggressioni dei pneumatici ramponati di fuoristrada che imperversano e devastano il prato-pascolo delle montagne di Cerreto. senza trascurare, poi, che nei pressi c’è anche un campo di tiro a piattello.
    Insomma una devastazione in parte già consumata che si completerà in modo irreversibile se saranno realizzati i progetti già programmati e progettati dall’amministrazione comunale di Cerreto Sannita.
    Se gli animali selvatici ed i rapaci stanno scomparendo è essenzialmente colpa di chi restringe, in vario modo, gli spazi vitali degli animali oramai in via di estinzione.
    La soluzione è una sola: fare del nostro territorio del Matese Sud-Orientale un’unica grande riserva naturale con conservazione integrale, impedendo anche l’accesso di auto e fuoristrada e lasciare che la flora e fauna si rigeneri e si riproduca secondo i suoi ritmi naturali come avviene nei grandi parchi naturali del Nord Italia dove noi siamo costretti ad andare per vedere aquile, nibbio reale, gufo reale, caprioli, cervi, lupi, volpi, gatto selvatico, orsi ecc… che pure qui erano diffusissimi e di cui, oramai, se ne tramanda solamente il ricordo.
    pinuccio fappiano

  3. Ringrazio Lorenzo Morone e Giuseppe Fappiano per i loro commenti qui innanzi riportati.
    Con le loro considerazioni, essi danno senza dubbio un prezioso contributo a richiamare l’attenzione su un argomento importante sotto vari aspetti.
    Favorendo e mantenendo viva l’attenzione su questi argomenti, tutt’altro che marginali, se ne facilita la conoscenza e si giunge ad una sempre più marcata presa di coscienza circa la necessità di affrontarli con accortezza e grande senso di responsabilità.
    Colgo l’occasione per ribadire che la tutela della natura non è un discorso da fanatici, che con una natura ben tutelata:
    – si realizza il miglioramento della qualità della vita per tutti;
    – la si tramanda alle generazioni future nelle migliori condizioni possibili;
    – è possibile valorizzarla pure in funzione della promozione turistica del territorio e, in tal modo, la natura diventa anche una preziosa risorsa economica, specialmente per zone come la nostra che hanno scarsissime possibilità alternative.
    Questa zona del Sud-Matese è stata definita la “Svizzera del Sannio”, che finora però non è stata valorizzata. Finora non si è saputo approfittare a livello locale di una natura che costituisce una grande attrazione e, pertanto, anche una grande risorsa.
    Con una natura come la nostra, altrove avrebbero già fatto grandi cose, con grande vantaggio anche per l’economa e per le popolazioni locali, oltre che per la natura stessa (con adeguata tutela).
    Appare sempre più evidente, purtroppo, che anche l’ambiente naturale viene gestito dalla “politica” con la stessa logica attuata in tutti gli altri settori della vita sociale; una logica che appare sempre più preoccupante.
    Per avviare, nell’interesse collettivo, un’inversione di tendenza di tale logica, che può produrre effetti sempre più dannosi, occorre giungere non solo ad una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, e quindi anche dell’immenso ed importantissimo patrimonio costituito dall’ambiente naturale, ma anche ad una seria rendicontazione del rispetto di programmi decisionali altrettanto seri e razionali.
    I programmi decisionali devono essere dibattuti e condivisi, e non possono spuntare dal cilindro di qualcuno, chiunque esso sia, quasi sempre in rappresentanza e/o su commissione del potere politico, che spesso rimane defilato e non appare.
    Peraltro l’opinione pubblica ha cominciato a dare chiari segnali di non gradire più il vecchio modo di fare dei partiti politici, reclamando dimostrazioni concrete di democrazia partecipata, di trasparenza, di rispetto della legalità, di buona gestione della cosa pubblica, ecc..

  4. Gentile Emidio, condivido in pieno la tua analisi, decisa e precisa.
    Hai ragione, bisogna coinvolgere sempre di più le persone affinchè il territorio, la fauna e la flora possano essere tutelate e salvaguardate adeguatamente.
    Tu me lo insegni. Per far ciò non ci vuole assolutamente nulla.
    La natura deve semplicemente essere lasciata in pace.
    Basta lasciare che tutto cresca e sviluppi secondo i cicli naturali.
    Io, da parte mia, spesso organizzo escursioni su Monte Coppe, Monte Cigno o su Monte Erbano per far prendere coscienza ai giovani di quale grande patrimonio è nelle loro mani.
    La conoscenza è la chiave della conservazione. Molti ragazzi non avevano idea del valore di un albero, di una pietra o l’emozione di vedere il volteggiare delle poiane mentre cacciano o la corsa affannosa e fulminea si una lepre,o una volpe.
    Ragazzi che spesso mi chiedono di essere accompagnati alla Grotta dei Briganti e così via.
    Insomma, anche questa è “divulgazione”.
    Ma la cosa importante è che loro si fidano di me.
    Sanno delle mie passioni e della mia onestà intellettuale.
    Solo se sei credibile puoi trasmettere valori veri.
    Purtroppo non sempre è così.
    C’è chi camuffa in “sviluppo eco-sostenibile” la cessione di 300 ettari di terreno demaniale della Parata Ungara per farci una riserva di caccia “a pagamento”.
    Purtroppo non sempre si riesce a seguire tutto ed infatti mi è scappata una delibera importantissima del consiglio comunale di Cerreto Sannita che in data 11 dicembre 2012 concedeva ad un’associazione cerretese :”La cerretese – caccia – natura- ambiente e sviluppo” (pare sia anche una ONULUS) i suddetti 300 ettari con annessi due costruzioni da adibire ad agriturismo.
    Il tutto a 2.000,00 euro all’anno cioè 6,66 euro ad ettaro per ogni anno.
    E per far concedere all’associazione i 300 ettari è necessario anche un cambiamento di destinazione d’uso del terreno che attualmente è adibito a pascolo. E per che cosa?:
    Queste le parole dell’arch. Lorenzo Morone nel suo intervento in consiglio comunale: “Perchè è una di quelle iniziative che porteranno a Cerreto, in modo costante, un certo numero di persone, è necessario che ci siano delle regole da far rispettare, l’iniziativa è convincente e colgo l’occasione per ringraziare il presidente dell’associazione che se ne è fatto promotore”.
    Insomma una riserva di caccia dove verranno ammazzati selvaggina, uccelli stanziali e migratori.
    Ignorando, colpevolmente, oltre all’oscena destinazione di 300 ettari di terreno demaniale, dell’inquinamento derivante dal deposito del piombo delle cartucce.
    Infatti da tempo si conoscono gli effetti inquinanti del piombo contenuto nelle munizioni da caccia che avvelena gli uccelli selvatici, contamina il terreno da cui scaturisce anche un rischio sanitario per l’uomo.
    Ecco, questo è il progetto per “difendere con l’unghia e con i denti le nostre eccellenze: ambiente, territorio, artigianato, eno-gastronomia.” a cui si riferiva nell’intervento innanzi il vice sindaco arch. Lorenzo Morone !
    Di certo non resterò a rigirarmi i pollici la domenica.
    Mi attiverò con i cerretesi sensibili al problema, con le associazioni ambientaliste, la LIPU, Lerkaminerka, CAI, ecc…., a mobilitarsi per difendere la flora e la fauna selvatica organizzando sistematicamente, nei giorni preposti alla mattanza di uccelli e selvaggina, scampagnate “rumorose” ed escursioni colorate.
    Non voglio andare oltre nelle analisi di carattere “politico” cosa che farò sicuramente in un apposito intervento.
    Mi dispiace che questo tuo bellissimo articolo sull’aquila possa essere stato inquinato da un altro tipo di discussione ma è anche necessario, proprio per tutelare quell’aquila che è quasi estinta e che con grandi sacrifici sta cercando di ripopolarsi naturalmente, che certe questioni siano affrontate per rendere partecipe e consapevole l’opinione pubblica dei danni gravi ed irreversibili che un certo tipo di politica sta producendo.
    Con stima
    Pinuccio Fappiano

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