Emma e le sue pazienti. Emma e le tante figure femminili che affollano il suo studio di psicologa. Ognuna con la propria storia, ognuna con la propria ferita. E’ sera, e Emma decide di catalogare alcune di quelle storie. Le rilegge, e delicatamente riemerge una parte di sé, quella più fragile e nascosta. Il filo conduttore è il tema dell’abbandono che, temuto o subito che sia, rievoca una perdita originaria che lascia feriti, orfani. L’abbandono come archetipo ancestrale insito nell’atto stesso della nascita. Il distacco, il dolore, l’attesa.
“Penelope Nowadays” è un libro rievocativo di una ‘Attesa’, che non è mai un’attesa passiva, ma è un punto di inizio dal quale ricominciare con più forza e rinnovato entusiasmo alla luce di una nuova speranza, forti di una dolorosa rinascita. Storie di donne comuni che si misurano con il dolore, il senso di ingiustizia, il rapporto con il ‘maschile’, il “mal de vivre”, la solitudine, con un sottofondo di difficile quotidianità. Donne che combattono, donne ferite, ma che tentano di rialzarsi con ostinato e tenero coraggio.
L’autrice, Rosaria Martone, è una mia carissima amica alla quale mi lega un’amicizia di tanti anni. Conosco a fondo la sua estrema sensibilità, che ha sempre rischiato di ferirla in quella continua e incessante autoanalisi finalizzata a capire, a capirsi. Quante notti, durante gli anni universitari, passate a parlare, a raccontare, a raccontarsi… Poi la vita divide, capita di perdersi di vista. E oggi, a distanza di anni, è con grande piacere ed emozione che ho letto il suo libro. Ho percorso le righe (come si percorre un sentiero familiare e ignoto) nella trepidante ricerca della Rosaria di allora, e l’ho trovata: ho ritrovato quella ragazza dolce, il sorriso timido e gli occhi inquieti che sapevano anche illuminarsi quando si scioglieva in un sorriso liberatorio.
Cara Rosaria, è nella vulnerabile Ada (con la sua ferita sconosciuta e devastante), nella tenera Iside (persa dietro un sogno), nella forzata solitudine di Vincenza e la sua bambola di porcellana, nella paura e il senso di abbandono della piccola Ylenia, nella difficile scelta di Debora, nella profonda ferita di Giorgia ed in tutte le donne che hai raccontato che ho trovato un po’ di te, un po’ di me. Ed è nella loro presa di coscienza e nella voglia di rinascere che ho ritrovato la luce di quel tuo sorriso che allora a tratti esplodeva, e preannunciava la tua crescita, il tuo aprirti alla vita con nuovo entusiasmo, nonostante i dolori e le sconfitte che tutti noi incontriamo.
La forza di questo libro sta nella capacità di commuovere, di aiutare a guardarsi dentro senza inutili vittimismi. Incamminarsi verso l’altro con il proprio bagaglio di dubbi e insicurezze, e sapere ascoltare. Riconoscersi nelle fragilità degli altri, nella paura e nella solitudine, alla luce di una terapeutica empatia.
Mariella Labagnara
nella foto una scultura di Mario Ciaramella