Raffaele Di Santo. Mi dispiace ritornare, ancora una volta, a raccontare. Anche quest’anno gli esami sono terminati, i ragazzi hanno atteso i risultati con l’ansia, l’adrenalina che a 18/19 anni anni si deve avere, come è giusto che sia. In molti dei ragazzi “sognatori”, anche quest’anno si sono visti spezzare sia i sogni che le realtà. Mi spiego meglio.
Sono finiti gli esami, dicevo, al liceo. Basta accendere un pc, andare sul social network Facebook e guardare quanti sono gli “stati” dei ragazzi maturati che parlano di delusioni, rammarico, impegno a nulla servito se “sono tanti i compromessi che si portano avanti per raggiungere i proprio obiettivi!”. Sono davvero tantissimi, a suon di “Vedremo chi andrà avanti e chi tornerà indietro”, menomale che a consolare c’è sempre chi con qualche anno in più capisce che non è un voto che fa il merito, diplomi a parte.
Dispiace, per la frequenza con cui sta avvenendo, di anno in anno, sottolineare come il livello di serietà, nella “distribuzione” dei risultati finali, parta con un pre-requisito spaventoso da parte dei ragazzi: “Tanto è tutto già scritto”.
Aldilà dell’ingiustizia sociale che si puo’ avvertire tra alunni, ragazzi, quello che mi premeva ricordare è la ripetizione di un film già visto, che puntualmente ogni anno viene replicato nelle stesse sale. Vorremmo una scuola di merito e non di apparenze, una scuola che invada di competenza gli studenti, che tenga conto con oggettività della reale preparazione.
Se da un lato è necessaria solidarietà, per cui anche io mi sono sempre battuto nella mia scuola per la tutela dei diritti degli studenti, soprattutto dal punto di vista umano, se dispiace confermare la presenza di inapplicabilità del sapere “filosofico” al sapere scolastico, dall’altro, mi sento di dire a tutti i ragazzi che hanno REALMENTE ricevuto un voto d’esame minore rispetto a quanto meritavano, che il liceo è solo l’inizio (che a volte diventa scoraggiante proprio per questi assurdi siparietti) di un lungo viaggio, un viaggio per cui sarà tutto più roseo, se le capacità ci saranno realmente.
Lontano da logiche dell’attacco personale, quello che mi sento di dire al corpo docenti è che,davvero, il carattere della persona, la dignità, la coscienza, il rispetto per se e per gli altri, per la scuola di formazione, per il merito, per l’eleganza, per il modo di fare, per l’umanità, per la compostezza d’animo, per l’anti-machismo “professionale”, non ha niente a che vedere con 100 voti distribuiti per altri vincoli. Perché anche la criminalità passa per l’anima.
Duole riconoscere, ancora una volta, una condizione generale di sopportazione “istituzionale” interna, che fa di ogni singolo elemento, un dettaglio della “stessa barca”. Sono convinto, rivolgendomi ai ragazzi, che nel corso di questi cinque anni,avete incontrato anche quel professore che si è battuto tanto per voi,che vi ha rispettato aldilà dell’essere considerati un numero o una sedia.
Se quei professori vi hanno lasciato nelle mani…del senso di umanità, vi hanno fatto davvero “scuola” ed è quello che conta veramente.
Tanto era dovuto. Come sempre.
Raffaele
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Complimenti! Avrei voluto essere io a scrivere questa pagina di vita…mi sono dimesso dalla scuola due anni fa nonostante un altro anno di contratto perchè non condividevo più certe logiche, certa filosofia spiccia di dare a tutti indipendentemente dai meriti…e non solo in fase di esami.. povera scuola…poveri ragazzi.