Stadio di Seveso (Varese), realizzato ove era l’ICMESA: dove è finito il terreno ricco di diossina?
La Diossina di Monte Coppe? Incenerita a Mantova
Stadio di Seveso (Varese), realizzato ove era l’ICMESA: dove è finito il terreno ricco di diossina?

Lorenzo Morone. “Caro sindaco, prima di morire devo dirlo a qualcuno: nell’inceneritore abbiamo smaltito la roba di Seveso.” Siamo a Mantova nel 2002 e chi si confidò con l’allora sindaco di Mantova Gianfranco Burchiellaro è un anziano ex operaio della Montedison. È da poco deflagrata la notizia che una ricerca epidemiologica ha riscontrato tra gli abitanti della zona contigua al petrolchimico di Mantova una frequenza anomala di un tumore correlabile direttamente con la presenza di diossina. E dopo i misteri di Mantova, i segreti di Seveso. E’ famosa la nube del gas che esplose nel 1976 da un reattore chimico dell’ICMESA, diffondendo nell’ambiente circostante un’altissima concentrazione della più tossica delle tossine, forse il veleno più potente mai prodotto dall’uomo, e che si sprigiona tutte le volte che bruciamo plastica. Si, anche quella delle buste, quella che inguaina le riviste, quella dei tanti cantieri edili che bruciano di tutto di più, quella che emana un caratteristico profumo dolciastro. Si è sempre sostenuto che i resti tossici del più famoso disastro ecologico italiano, 1.600 tonnellate di materiale asportato dalla fabbrica dopo il disastro, siano finiti  “all’estero”. Che c’entra allora la diossina di Seveso con i tumori di Mantova e con Cerreto? SEMPLICE.  Sintetizzo i fatti avvenuti all’epoca in cui Gava era Ministro degli interni e Senatore del collegio blindato di Cerreto Sannita. Nel 1996 ebbi l’incarico di collaudare il nuovo Stadio ‘Enrico Colombo’ di Seveso, realizzato sul terreno ove era appunto l’ICMESA. La costruzione del campo era avvenuta  dopo opportuna bonifica della zona. E lì l’assessore allo sport, leghista, mi spiegò come avevano bonificato l’area e dove era potuto finire la terra zeppa di diossina. “All’estero”, mi disse, facendo un segno con la testa quasi ad indicare la vicinanza a me. Pensai che la battuta “all’estero, vicino a Lei” fosse la solita solfa dell’extraterritorialità del Sud rispetto all’Italia, Sud divenuto da tempo la discarica dei rifiuti tossici del Nord.

Come Presidente della Pro Loco, allora, collegando anche tanti episodi raccontatimi da gente qualunque e riportati, dopo ben 15 anni, nel libro di Pierluigi Virgineo: La Malasorte – storie del carcere”, inviai un esposto adEnti ed Associazioni ambientaliste per conoscere le modalità di smaltimento della diossina di Seveso: non è che con la scusa dei sondaggi AGIP era stata sepolta tra i monti di Cerreto?. Ed ho pure contattato l’Espresso, che stava conducendo una inchiesta sugli inquinamenti in Italia a firma del figlio di Giorgio Bocca. Solo una chiacchierata con un giornalista poi nulla. Fin quando non mi arrivò la soffiata di un amico: “un libroserio, non romanzato, chiarirà tutto!”. Quando scoppia il caso Mantova, infatti, già da molti anni Paolo Rabitti si sta specializzando nello studio e nella lotta contro le violazioni della normativa ambientale. Rabitti si mette alla ricerca delle tracce di quella che sarebbe una terribile connessione tra Mantova e Seveso. Paolo Rabitti non è un dilettante di genio, né un cacciatore di facile gloria attraverso il sensazionalismo, le accuse buttate al vento per infangare il politico di turno, è un «cacciatore di nefandezze» con due lauree in ingegneria e urbanistica specializzato in reati ambientali e consulente di vari magistrati che seguono le inchieste più scottanti.Dalle prime indagini sull’inquinamento dell’aria di Mantova, fino alle ricerche sulla presenza di diossina nel sangue dei mantovani, passando per una completa revisione di tutto quello che si sa del disastro di Seveso, Rabitti racconta in questo libro che avrebbe dovuto essere presentato proprio ai primi di giugno a Mantova, presentazione rinviata causa terremoto, più di un decennio di ricerche. E’ un’inchiesta su un mistero italiano e il romanzo di formazione di un cittadino che per difendere i beni comuni lotta con le armi della scienza, dell’indignazione e della coscienza civile.

La sintesi?: la diossina di Seveso è stata incenerita a Mantova. Come, perché, quando…chi vuole approfondire legga il testo che dovrebbe essere già disponibile: Diossina-la verità nascosta. A me basta tranquillizzare i cittadini per una denuncia da me fatta e che finalmente ha avuto un esito caparbiamente cercato fino a…un mese fa: sulla Parata cerretese la diossina di Seveso non c’è. E un ricercatore locale, il fisico Franco Gismondi, non ha trovato nemmeno tracce radioattive. Torno quindi a ripetere l’invito: andiamo con fiducia sui nostri monti a cercare asparagi, virni e tranquillità. E, se troviamo l’imbecille di turno che scarica rifiuti, solidi o liquidi che siano, insegniamogli le buone maniere con una denuncia dettagliata agli organi competenti. Ho più paura del dilagare della scarsa coscienza ambientale e dell’”ignoranza” che dei sondaggi AGIP. E ho paura soprattutto delle polveri sottili generate dalla combustione dei motoridelle auto. La maggior parte delle malattie tumorali proviene da lì…non lo dico io, lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E noi troviamo mille scuse per ostacolare la realizzazione di una Zona a Traffico Limitato, primo segno di civiltà. Quanti predicatori pure per fare 100 metri usano l’auto! Non vogliamo pensare a noi…pensiamo a figli e nipoti. Indignarsi non basta, bisogna combattere contro chi vuole calpestare il bene comune, coinvolgere tutti in questa battaglia con la crescita della coscienza civile, educando e dando l’esempio. Una battaglia di cultura che mi vedrà sempre protagonista.

La Diossina di Monte Coppe? Incenerita a Mantova
Stadio di Seveso (Varese), realizzato ove era l’ICMESA: dove è finito il terreno ricco di diossina?

 

 

Lo stadio di Seveso (Varese), realizzato ove era l’ICMESA: dove è finito il terreno ricco di diossina?Cavalli di razza

Il cacciatore di diossina

Un ingegnere ambientale ha seguito per anni il percorso dei veleni di Seveso. Un viaggio esemplare. Eticamente inquietante

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3 Commenti

  1. Caro Renzo,
    come ben sai, ci tengo ad essere preciso sugli argomenti che caratterizzano la mia professione. Mi dispiacerebbe infatti passare per incompetente agli occhi di chi, conoscendo le più elementari nozioni sul comportamento dei radionuclidi, sia tratto in inganno dalla tua citazione e possa pensare che, in base alle mie indagini, io abbia escluso la presenza di eventuali scorie radioattive seppellite su monte Coppe. In realtà ho semplicemente affermato, in modo credo inequivocabile, che le acque che ho esaminato con il contatore geiger non sono state contaminate in modo significativo da scorie radioattive. Ho aggiunto anche che è necessario estendere le indagini alle altre sorgenti, in particolare a quelle che raccolgono le acque provenienti dalla zona delle ricerche petrolifere. Tuttavia la mancanza di apprezzabili tracce di radioattività, garantirebbe soltanto la non contaminazione delle acque ma non l’assenza di eventuali scorie sepolte che, comunque, restando sotto terra, non produrrebbero alcun danno agli organismi viventi.
    Non riesco però a seguire la logica del tuo ragionamento. D’accordo che la diossina di Seveso è stata bruciata a Mantova. Ma nell’opera che tu citi si parla solo della “roba di Seveso” o anche delle decine di migliaia di metri cubi di terra contaminata? Quelli certamente non potevano essere bruciati in un inceneritore. Sia chiaro che non voglio assolutamente dire che sono stati smaltiti a Monte Coppe, sto solo riflettendo sulla tua conclusione, che non può essere tratta dalla pubblicazione di cui parli. Io mi auguro che le mie preoccupazioni siano del tutto infondate, che i pozzi utilizzati per le ricerche petrolifere degli anni 80-90 su monte Coppe siano stati riempiti esclusivamente con calcestruzzo. Mi auguro che negli scavi per il metanodotto SNAM siano interrate solo le condotte del metano. Non posso dimenticare però le tue parole quando affermavi che, secondo il racconto di qualche operaio che aveva lavorato a quell’opera, a cui tu davi molto credito, spesso la mattina, alla ripresa del cantiere, i lavoratori trovavano riempiti con cemento fresco tratti di scavo che la sera erano stati lasciati ancora aperti.
    Ti prego comunque di non considerare queste note come una manifestazione di opposizione politica, come sarebbe opportuno non dare un significato politico alle domande che anche altri cerretesi si pongono sulla questione. Cercare di capire i problemi per poi tentare di risolverli non è opposizione politica ma è attaccamento alla propria terra. Se così non fosse, sarei costretto a credere che anche il tuo impegno in materia ambientale che hai profuso in passato, dalle pale eoliche ai rifiuti su monte Coppe, dalle mini discariche sul territorio allo stato di abbandono di alcune cabine di captazione dell’acquedotto, era dettato solo dal tuo ruolo di opposizione mentre ora che sei in maggioranza, devi fingere che quegli stessi problemi non esistano e non siano mai esistiti.
    Come ben sai io ho smesso di fare politica quando mi sono reso conto che non si riusciva a mettere insieme un gruppo di persone amanti solo della propria terra e disponibili a sacrificarsi per essa.

  2. Ho iniziato un percorso 15 anni fa e si è concluso.Senza miei particolari meriti. Questo è tutto. Il terreno privo di diossina (34 chili appurati dall’Istituto Superiore di Sanità) è…terreno, dovunque l’abbiano sversato. Non ho mai adattato il mio pensiero all’opportunità politica del momento, mai. Proprio mai….altrimenti mi starei dando la zappa sui piedi: mi troverei, nel caso, a fare il difensore di chi allora era al comando(Barbieri) ed oggi è alla mia opposizione.Ma sarebbe squallido accusare per opportunità politica chi, secondo quanto emerge, non c’entra nulla con le MIE supposizioni. Se per altri non è così…agiscano. Come è giusto che sia. Quindi “non devo fingere” proprio nulla. Cui prodest?

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