
Pietro Quercia.Madre natura donò a Telese, nel 1349, due gemme mentre, nell’intera Valle disseminava distruzione e morte. Due gemme splendenti: il Lago e le Acque miracolose. Le acque sgorgate dal Montepugliano invasero il piano e fecero di Telese una palude resa impossibile ad ogni forma di vita per le sue mortali esalazioni. Ciò fino agli inizi dell’ 800 quando il dr. Jacobelli ne studiò le virtù terapeutiche ed impiantò in Telese uno stabilimento termale.
Successivamente l’ing. Alfredo Minieri, credendo nei poteri benefici di quell’ “acqua fetente” dall’odore di uova marce, venne ad investire il suo ingente patrimonio in Telese prendendo in gestione dalla provincia di Benevento lo stabilimento termale e, del suo Parco, ne fece un’oasi di pace con la consulenza dell’Orto Botanico di Napoli.
Le capacità imprenditoriali dell’ ing. Alfredo Minieri, dei suoi eredi Eduardo e Guido, la saggezza del fascismo di Mussolini che concesse a Telese, nel 1934, l’autonomia amministrativa con una popolazione di appena 1.800 abitanti mentre le leggi del tempo ne chiedevano non meno di 4.000, fecero brillare la gemma per circa un secolo.
Ma, con la scomparsa dei fratelli Eduardo e Guido e delle loro consorti, ebbe inizio un lento declino che neppure decine di miliardi delle vecchie lire spese in esse sono servite ad arrestare. Fino all’abbandono dei nostri giorni. Ma questa è storia recente sulla quale è superfluo il ritomo.
Ti affidi allora alle rievocazioni del passato e ti senti assalito dalla nostalgia, dalla tristezza, dalla amarezza. Sentimenti che svaniscono all’improvviso perché ti senti preso da una irrefrenabile rabbia che vorresti urlarla sul volto dei tanti responsabili di questo infame delitto. Invece ritengono ancora di aver diritto alla parola o …di sedere in prima fila.
Gli stessi sentimenti traspaiono negli scritti di Enza Zotti, di Aldo Maturo, di Riccardo Affinito, nel rievocare la Telese che non c’è più. Io ho conosciuto, ho vissuto, quella Telese e, dopo una parentesi napoletana, vi sono ritornato senza alcun rimpianto per la “Città del Sole”.
Ho goduto l’ombra dei suoi platani, ho visto i negozi esporre salvagente, sdraio, ombrelloni e infradito, ho sentito il ritmo degli zoccoli di legno dei bagnanti sull’asfalto del Viale Minieri e di Via Turistica del Lago, ho attraversato il lago in lungo e in largo e non ho avuto rimpianti del mare.
Il lago. Il secondo dono di Madre Natura, immerso nel verde della campagna, circondato da maestosi aceri, da querce, da pini, da salici piangenti, da acacie profumate, abbracciato dalle cannucce. Le sue acque verdi riflettenti il verde più tenue delle alghe, l’armonia del gracidìo delle rane, il frinìo delle cicale, il cinguettìo degli uccelli: era un idilliaco angolo della natura.
Il lago. Andatelo a vedere ora il lago! Ma non percorrendolo fuggevolmente in macchina come anche io ho fatto fino a ieri.
Le sue acque sembrano di un verde ancora più cupo, quasi volessero lasciar trapelare la tristezza: esso giace nudo e solitario sotto gli occhi distratti di coloro che lo percorrono. Gli alberi che lo circondavano giacciono nelle sue acque, tutto intorno sterpaglia e rovi. Non vi sono più cannucce, non si intravedono più le alghe ma solo plastica e rifiuti d’ogni genere sulle sue sponde. A cosa sono valsi gli sforzi di Legambiente! A cosa servono le panchine per quel belvedere!
Necessita di un rimboschimento, di un risanamento degli argini e delle acque e ridarlo alla balneazione per richiamare quei tanti bagnanti che l’hanno abbandonato.
Cos’ ha ora Telese di più dei paesi che la circondano! Perché costretto a riprendere immagini vergognose! Nel farlo mi piange il cuore, ma lo devo alla Telese che ho amato e che amo in quanto vittima dell’egoismo e dell’ingordigia umana.
Ma, per ora, non voglio pubblicarle, non è questa la Telese che desidero rappresentare, non c’è bisogno che invii le foto per sollecitare gli uomini che possono restituirle le gemme che le appartengono, desidero poter domani fotografare le sue bellezze e mostrarle con orgoglio e dire: ecco, questa è Telese.
Pietro Quercia.
Penso che molti telesini che hanno a cuore questa zona, ricordano i comizi elettorali tenuti in zona scafa della lista vincente. In questo video http://www.youtube.com/watch?v=nciaBY89Fs4&list=UUmjNH4nJOEsaLJqtINBbhpA&index=48&feature=plcp il candidato Covelli, parla in modo specifico delle problematiche sollevate dal tuo intervento indicando una serie di ipotesi di riqualificazione urbana che si potrebbero realizzare ‘a costo zero’ e cioè esenti dalle problematiche di risorse finanziarie, eredità amministrative ecc.. Tra questi, proprio il lago, la zona scafa e la stazione. Ritengo che per l’incarico amministrativo che gli elettori gli hanno poi conferito, sia l’unica persona che possa rispondere adeguatamente nel merito delle domande che ti poni.
Non me ne frega un cacchio di ciò che è stato detto in campagna elettorale. Io non difendo nessuno. Ma mi rendo conto che, finora, a due persone non piacciono le “gemme” ma il “vetro sfaccettato”.
Pietro Quercia.
Amico Peter, prima che ti faccia altre seghe mentali ti dico subito che nemmeno io difendo qualcuno e non faccio nemmeno il vetraio. Mi frega molto invece, ciò che si dice in un programma elettorale perché il rapporto tra le cose effettivamente fatte e quelle promesse, determina in modo inequivocabile la capacità di un amministratore.Ed è anche l’unico modo. Non c’è alcuna differenza quando prometti un milione di posti di lavoro o un intervento a costo zero. Se non fai ciò per cui chiedi di essere votato… go home, non m’importa chi sei, perdi il rispetto del ruolo che ti è stato affidato.
E’ proprio vero che la lingua italiana è la più difficile al mondo, anche quando ci si esprime da ragioniere. Ti risulta che io abbia escluso quell’ uno o quell’altro? Non ti pare che io abbia voluto sollecitare gli uomini che ora possono ad adoperarsi affinché venga ridata a Telese un po di dignità? Puoi obiettare che in questo paese si è mangiato a più non posso? Ti risulta che si sia “abbuffata” questa amministrazione?
Figurati poi se mi lascio fare la sega mentale da te o da qualcun altro. Forse non mi conosci caro Flaviano, lo vorrei tanto.
Ancora una cosa voglio dirti. Non immagini quanto mi sia costato espormi alle critiche dei Soloni come te, ma l’ ho fatto per amore. Credo davvero che non abbiamo più nulla da dirci.
Pietro Quercia