Questioni di prospettiva 2Filomena Rita Di MezzaProspettiva invisibile Guardiani, di Davide Pizzigoni, è una suggestiva Mostra fotografica presentata a Milano, al Museo Bagatti Valsecchi, fino al 5 febbraio. La mostra è stata dedicata ai Guardiani delle stanze dei Musei, persone solitamente invisibili in un luogo consacrato alla visione. L’idea, racconta Pizzigoni, è nata mentre stava fotografando una boiserie nella sala di un famoso museo. All’improvviso ha visto nel mirino che qualcosa, dal fondo della parete, gli balzava contro. Era solo il bianco di due occhi allarmati che guardavano dritti nell’obiettivo. Occhi, che lui non aveva visto! Si trattava di un guardiano nero che, appoggiato alla boiserie, si era mimetizzato con il colore del legno. Probabilmente era stato sorpreso dallo scatto mentre si era appisolato e, con un istinto di difesa, aveva immediatamente inchiodato l’intruso: il suo sguardo allarmato, piantato nell’obiettivo!

L’invisibile che si manifesta crea sempre un grande turbamento, immaginiamo quando si materializza come provocazione a due iperboli della vista: la macchina fotografica e il museo. Sfruttando questa fortunata casualità, è nato un viaggio fotografico nei più bei musei del mondo dedicato ai loro guardiani che, per una volta, sono diventati protagonisti sullo sfondo delle opere d’arte.

In alcuni scatti particolarmente intensi, mi è sembrato di vedere affiorare l’ intimo legame che talvolta si crea tra l’opera d’arte e l’uomo che per anni ne è il custode, una specie di scambio tra l’umanità “contemporanea” del guardiano e l’umanità “immortale” dell’opera. Penso ad esempio alla foto in cui si vede una Venere nuda addormentata. E’ sdraiata sulla pancia e riposa mostrando allo spettatore le sue morbide fattezze, scolpite in un bianco impareggiabile. Come in altri capolavori di questo tipo, verrebbe voglia di toccarla. Il suo guardiano, dall’aspetto gentile e professionale, è vestito di nero e posa impeccabile accanto alla sua dea. La sua presenza sobria è un elegante esempio di umanità e mi sembra che quasi stia lì apposta per assicurare un sonno pudico, indisturbato, alla Venere senza veli. Allora, mi viene in mente il mito di Pigmalione e Galatea e penso che l’immortalità di una statua, la sua perenne vitalità, sia proprio nel respiro che di volta in volta le sa infondere l’ umano che la contempla.

Prospettiva cinematografica.

Hugo Cabret di Martin Scorsese e Midnight in Paris di Woody Allen sono due film accomunati dalla capacità di far slittare lo spettatore in molteplici livelli di realtà: passato presente futuro; meccanico tecnologico straordinariamente umano; interno esterno; drammatico ilare; musicale scenografico; lieve denso; storico surreale; vicino lontano, bidimensionale tridimensionale.

In qualche ora si è dentro tutto questo. Contemporaneamente. Ma salvi dalla vertigine mentale per la magistrale guida della regia. Raramente si fa questa esperienza nella vita. Forse a cinema… e nel sogno.

Prospettive geometriche della psiche: triangolo e cerchio

Leggo che “la matematica non è iniziata con i cerchi, ma con il triangolo. Infatti, la prima dimostrazione deduttiva nella letteratura matematica fu il calcolo dell’altezza della Grande Piramide, effettuato da Talete… (Alex Bellos, Il meraviglioso mondo dei numeri, Einaudi,2011)

Questa lettura mi ricorda che nello sviluppo psichico, invece, viene prima il cerchio e poi il triangolo. Infatti, la prima forma grafica che spontaneamente un bambino realizza dopo la fase dello scarabocchio, cioè intorno ai due anni, è rotonda, è un circolo. Questo accade per i bambini di ogni cultura. Essi coscientemente non sanno cosa stanno per fare, ma dopo averlo tracciato, percepiranno e imprimeranno il cerchio nella coscienza, potendolo riconoscere e riprodurre. Questa forma è l’espressione grafica del “senso di sé corporeo”, un’ organizzazione mentale attiva nel bambino di quell’età, attraverso cui egli comincia a sentirsi come uno spazio definito, circolare, oltre il quale si estende il mondo. Sappiamo bene come poi, a questo cerchio, il bambino progressivamente aggiungerà dettagli del volto, lunghe gambe e braccia attaccate direttamente alla circonferenza della testa: il cosiddetto cefalopode. Dunque, ciò che il piccolo rende noto agli altri, disegnando un cerchio, è diventato noto prima di tutti a sé stesso.

Tra i tre e i cinque anni si consolida invece una struttura psichica denominata “triangolo edipico”. Essa è un’ espressione di operazioni affettive e cognitive mediante le quali il bambino impara a “misurare” la propria posizione rispetto agli altri due vertici del triangolo, la mamma e il papà.

Non mi meraviglia che la matematica, intesa come dimostrazione deduttiva, rigorosa e razionale, sia iniziata dal triangolo, piuttosto che dal cerchio. In termini psichici, infatti, una configurazione interiore che si è formata in età successiva possiede dei caratteri più facilmente traducibili in operazioni del pensiero logico-razionale. Il cerchio, invece, appartenendo ad un epoca più precoce e riferendosi al senso di sé corporeo, è una rappresentazione geometrica della psiche sicuramente più difficile da “misurare”, più profonda, intima, difficile da esprimere in termini razionali e precisi. In questo senso, quando penso che il “pi greco” è definito “numero irrazionale e trascendente”, penso anche che la prospettiva matematica e quella psichica non sono poi così distanti.

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