
Giuseppe Vassallo. Deliberato il piano di dimensionamento della rete scolastica della Regione Campania, restano tanta preoccupazione e l’amaro in bocca. Quest’anno il percorso che ha segnato la soppressione di circa 140 autonomie, pari al 10% delle istituzioni scolastiche campane, è partito all’insegna del “si deve fare, perché non si è mai fatto”. Abbiamo chiesto alla politica di sostenere col nuovo Governo la necessità di rinviare di almeno un anno questo processo di forte modifica della scuola sui territori, per consentire una ragionata analisi delle specifiche complessità e problematiche culturali, sociali ed economiche e dei bisogni della popolazione che caratterizzano la regione Campania e, in generale, ciascuna regione italiana; ma dobbiamo amaramente constatare che cambia il Direttore, cambia l’orchestra, ma… la musica, nella filiera della conoscenza, resta la stessa! Abbiamo, dunque, condiviso il percorso proposto dall’assessore regionale che, non accettando logica e numeri della Legge 111/2012, nello spirito del DPR 233/98 aveva, lo scorso agosto, fissato i parametri numerici a 500 – 900 alunni e indicato nelle linee guida la costituzione di tavoli tecnici, a vari livelli, costituiti anche dalle parti sociali; a fronte della richiesta di soppressione di 287 autonomie avanzate dal MIUR, per effetto della Legge 111, ci è sembrato accettabile, benché riduttivo delle valutazioni dei tavoli comunali e provinciali, il numero fissato dalla Regione a novembre di soppressione di 87 autonomie. Abbiamo con preoccupazione registrato, e denunciato, dai territori un progressivo allontanamento non solo dalla ratio delle linee guida, ma dai numeri indicati dalla stessa regione, via via accresciuti su spinta localistica dettata più da esigenze politiche interne ed interessi particolari, che da necessità effettive della popolazione scolastica.
Conseguenza della Legge di Stabilità e preoccupazione della non assegnazione di dirigenti a scuole al di sotto dei 600 alunni, è stato un procedere spesso confuso e non condiviso che ha portato gli EE.LL a rivedere i propri piani, in molti casi senza confronto, in palese antitesi (vedi Salerno) con le proposte del tavolo tecnico o riducendo il ruolo provinciale a mera funzione notarile di quanto deliberato da Comuni (vedi Napoli). Il quadro di riferimento sui numeri di autonomie che in Campania si troveranno il prossimo anno scolastico a non avere dirigente e direttore dei servizi amministrativi e a subire una forte riduzione di organico ATA è ancora incerto; ciò che abbiamo più volte e con forza sostenuto è che se la reggenza di un’Istituzione scolastica è sicuramente non auspicabile, ma da poter rivedere, la soppressione di un’autonomia non è facilmente rivedibile l’anno successivo ed è sicuramente da pianificare con attenzione e quadri certi di riferimento. L’anno scolastico 2012/2013 si profila un “annus orribilis” per la scuola campana e viene da chiedere se l’attuale sottosegretario campano, che tanta esperienza ha acquisito nei vicoli e nei quartieri poveri di Napoli, abbia ancora il ricordo di ciò che rappresenta la scuola dalle nostre parti o se non sia del tutto obnubilato dal… PROFUMO del MIUR! E concludendo: Comuni e Province rispondono al territorio (leggasi spinte politiche e clientelari) e alla Regione; la Regione e USR rispondono al MIUR; il MIUR al MEF; il MEF al Governo…… sta’ a vedere che la colpa è di chi vive in questo periodo di crisi, in questo Paese e nel Sud!
Itala Massa segreteria FLC-CGIL Campania Napoli, 2 febbraio 2012
Il contenuto dell’articolo sopra riportato appare tutt’altro che semplice e non alla portata dei più. Esso sembra riflettere un confronto tra i ristretti vertici decisionali in materia di politica scolastica, e quindi un discorso di “Politica generale” dai contorni non facilmente definibili.
Praticamente la “filiera della conoscenza”, come spesso viene definito il mondo della ”scuola”, verrebbe gestita dai “politici” con la stessa logica attuata in tutti gli altri settori della vita sociale; una logica che appare sempre più preoccupante.
Ad esempio, a proposito della “sanità”, di cui emergono spesso aspetti che non inducono affatto all’ottimismo, più di un esponente politico ha dichiarato in campagna elettorale che la “sanità” migliorerebbe subito se passasse al servizio dei malati e non più al servizio dei partiti politici.
Dall’anno 2000 in poi, con la legge sull’autonomia scolastica, un discorso simile sembra riguardare anche la scuola, che sarebbe sempre meno al servizio dell’istruzione e sempre più al servizio dei partiti politici.
Se così è, non possiamo che sperare vivamente in un’inversione di tendenza. Una società che vedesse sempre più male gestite la salute e la cultura dei cittadini, rischierebbe di andare rapidamente sempre peggio.