di Grazia Fasano. Legambiente: “Intervengano le istituzioni per frenare un fenomeno che mette a rischio la sopravvivenza della specie protetta. Applicare su tutto il territorio le buone pratiche sperimentate nelle aree protette, aiutare gli allevatori con misure concrete e combattere il bracconaggio”
Quattro lupi uccisi nell’Alto Sannio, in provincia di Benevento, nell’arco di pochi mesi. A dimostrazione di come il fenomeno del bracconaggio ai danni della fauna selvatica protetta sia ancora attuale in tutto l’Appennino. Due esemplari ammazzati per mezzo di arma da fuoco nei mesi scorsi e due avvelenati sono stati rinvenuti, infatti, a distanza di poche settimane dal Comando Stazione Forestale di San Marco dei Cavoti.
“I ritrovamenti concentrati in un’unica zona – commenta Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente – non lasciano dubbi sulla matrice criminale di questi episodi, sui quali occorre fare piena luce. E’ necessario supportare con determinazione gli sforzi del Corpo Forestale dello Stato e chiediamo alle istituzioni, in primis la Provincia di Benevento, un impegno particolare e un intervento deciso per tutelare una specie di fondamentale importanza per il mantenimento degli equilibri ecologici dell’Appennino. Bisogna indagare a fondo sulle cause di questi fenomeni al fine di contrastare la persistenza di un contesto socio-culturale tollerante verso le illegalità e non favorevole alla conservazione della fauna”.
Legambiente rivolge un forte appello alle istituzioni affinché, ognuna per il proprio ambito di competenza, mandi il messaggio chiaro e deciso che le opportunità di sviluppo territoriale vanno coniugate con la conservazione delle specie e perché sorveglianza, prevenzione e repressione siano svolte con la massima attenzione.
L’associazione ricorda, inoltre, come esistano esperienze positive, buone pratiche esportabili in diversi contesti territoriali della penisola, come le azioni messe in campo con il progetto Life Wolfnet che stanno ottenendo risultati significativi, a cominciare dalla recente iniziativa del Parco della Majella, che ha costituito un gregge del Parco per restituire agli allevatori i capi predati.
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Se il lupo è una importante specie protetta da una legge dello Stato, non si può non essere d’accordo sulla necessità di combattere il bracconaggio, assicurando alla fauna selvatica una tutela che non sia solo teorica o addirittura demagogica.
Il lupo in Italia è protetto totalmente dal anni ‘70; sono vietati la caccia, il commercio e la detenzione di individui. Tuttavia, nonostante il rinvenimento di molti lupi uccisi deliberatamente dall’uomo, negli ultimi decenni non è mai stata decretata alcuna condanna.
D’altra parte, per quanto il rimborso statale dei danni provocati dai lupi agli allevatori, non si può ignorare che le difficoltà (e le modalità) di rimborso, oltre a provocare non poche perplessità, hanno creato la diffusione di un crescente scetticismo tra i pastori, a causa di un “apparato burocratico” reso spesso “farraginoso” perché influenzato dalla “politica”.
La mancanza di un minimo di efficace vigilanza non ha come conseguenza soltanto il verificarsi di episodi come l’uccisione di lupi o di uccelli rapaci; episodi che sembrano sporadici solo perché non vengono divulgati frequentemente.
Esistono – è risaputo – varie e frequenti forme di bracconaggio:
• caccia notturna con i fari lungo le strade di montagna;
• caccia diurna con cani da seguita: alla lepre, al cinghiale, al capriolo;
• l’uso di sofisticati richiami acustici per le quaglie;
• ecc..
Pertanto appare più che giusta la considerazione che si fa nell’affermare che: “…….. bisogna indagare a fondo sulle cause di questi fenomeni al fine di contrastare la persistenza di un contesto socio-culturale tollerante verso le illegalità e non favorevole alla conservazione della fauna”.
Emidio Civitillo – Cusano Mutri