di Lorenzo Morone. E’ possibile, in un paese come Cerreto, gestire con dignità un piccolo Museo senza svenarsi? La metafora di un’Italia che cade a pezzi si è tramutata in realtà concreta: i crolli a Pompei, esondazioni e smottamenti al nord come al Sud. Sembra quasi che i politici non amino più l’Italia. Ma siamo sicuri che il popolo ami l’Italia? Perché chi ama qualcosa ne ha cura, la custodisce, la alimenta, ne immagina il futuro e cerca di prevenire ogni danno all’oggetto del proprio affetto. La cura non può essere un rimedio. Essa deve partire prima, da più lontano, e raccogliere frutti dopo. L’unica ricchezza di cui non potrà mai fare a meno questo Paese è il territorio, perché esprime la grandezza della nostra cultura, tutto ciò che ci piace identificare come “Italia”. Ci vuole cura del territorio, amore sincero. Un amore che parte dal locale, da quel campo dove con passione si fa piccola agricoltura “Made In Terra”, dal quel rio che lo irriga con acque pulite e sicure, dai borghi più sconosciuti, dalla piazzetta anche più insignificante. Amore che puntualmente poi arriva al globale: al “Made in Italy” che gira per il mondo, ai luoghi turistici che entrano nelle classifiche dei posti più affascinanti del Pianeta, ai nostri monumenti simbolo.
Che amarezza, però, fare tanti chilometri per visitare una chiesa, un palazzo, un Museo, e trovare tutto chiuso. Non è possibile. Soprattutto quando si tratta di beni recuperati con i soldi dello Stato. A Portici hanno inaugurato, qualche anno fa, un costosissimo “Museo virtuale” su Ercolano (la regione bassoliniana finanziò un museo di ciò che non c’è,..mentre oggi non si finanzia nemmeno un Museo su ciò che c’è) . Dopo una settimana il Museo ospitato nella Reggia Borbonica che apre il “miglio d’oro”, uno dei posti più belli dell’Italia Borbonica, anche se devastato dall’Italia “unita”, è stato chiuso per mancanza di personale.
Penso proprio che tenere chiusi i beni recuperati con i soldi dello Stato, cioè di tutti, sia un reato non solo culturale, ma anche civile che dovrebbe comportare la restituzione dei finanziamenti ottenuti sulla base di false prospettive. E’ inutile vantarsi di avere il 70% (?) del patrimonio artistico mondiale se poi spesso, troppo spesso, si percorrono tanti km per trovare, poi, una porta desolatamente sbarrata, senza un minimo di indicazioni. Una chiusura che danneggia non solo il visitatore, ma anche il paese, che probabilmente mai più rivedrà un turista deluso. E facilita anche il degrado delle strutture appena risanate. E le scuse accampate per non aprire i monumenti e/o tenere gelosamente nascosti i tesori artistici sono solo il segno della nostra assoluta mancanza di volontà, di intelligenza e di cultura. Manca il personale? Ci sono siti ove ci sono anche troppi dipendenti, e non sanno cosa fare. O, meglio, fanno solo quel poco che compete loro: chi apre, chi stacca i biglietti, chi fa la guida, chi le pulizie, chi… Ma al Louvre di Parigi, uno dei più ricchi Musei del Mondo, non è così. Io ho visto le stesse persone alla biglietteria, poi a servire nel bar interno, poi a fare la guida, infine le pulizie. Era la necessità del momento a stabilirne il ruolo. Perché in Italia non è possibile? Perché i ruoli sono così rigidi da rendere praticamente impossibile, in un paese come Cerreto, gestire con dignità un piccolo Museo senza svenarsi? Non sempre si può far ricorso al volontariato.
Lorenzo Morone
Condivido in larga parte l’intervento ma vorrei aggiungere che secondo il mio parere, l’amore per la propria terra è un sentimento con due componenti distinte. In primo luogo esiste un legame atavico con il luogo in cui si nasce o si vive e questo si esprime generalmente in una forma piuttosto omogenea, indipendentemente dalla propria cultura o estrazione sociale. Poi, per apprezzare qualcosa e quindi amarla, bisogna conoscerla profondamente. Questo aspetto non è affatto secondario perché non è sempre facile avere una conoscenza della nostra terra; anche tra persone molto erudite la storia, generalmente, si continua ad intendere una materia umanistica e non scientifica. Questo fatto limita fortemente la stessa conoscenza perché solo attraverso la ricerca documentale o archeologica si può realmente capire da dove veniamo ed in quest’ottica, il campo si restringe ulteriormente e quindi, l’amore a tutto tondo per la nostra terra rimane cosa di poche persone, mentre in larga maggioranza esiste solo un attaccamento, che è una cosa diversa.
Nel ribadire che questo è solo il mio parere, rimarcando anche di non avere nemmeno le necessarie competenze per affrontare adeguatamente questo complesso argomento mi soffermerei invece su un altro aspetto che riguarda il merito e l’azione degli amministratori locali.
Ciò che accade in paesi come la Francia a cui spesso ci si riferisce come modello, i meccanismi di base sono gli stessi ma ciò che cambia radicalmente è l’azione degli amministratori.
Quello che può sembrare un maggiore amore per la propria terra da parte dei cittadini è semplicemente una consapevolezza che la propria terra ha delle risorse e ci sono delle condizioni per valorizzarle e quindi trarre anche un utile. Questo porta il cittadino a poterne sfruttare le risorse in termini di opportunità, siano esse materiali o immateriali. Per fare un esempio calzante nel nostro territorio citerei Cusano Mutri che attraverso una intelligente azione amministrativa ha saputo cogliere delle opportunità per innescare un meccanismo economico che ha portato come conseguenza, la consapevolezza diffusa che valorizzare la propria terra porta ad benessere economico per l’attrattiva che può espletare.
Ritengo che ci sia in genere, un atteggiamento spocchioso verso la cultura e non si comprende che per allargare la veduta bisogna insinuarsi in quei meccanismi commerciali che vengono ritenuti spesso volgarizzanti. Bisogna ammettere invece che sono proprio i meccanismi economici che in genere guidano le direttrici della nostra società ed ancora più incisivamente nel tempo di crisi in cui viviamo. In conclusione mi sentirei di dire che la gente non ha nessuna colpa specifica se ha un amore tiepido per la propria terra; diversa invece è la posizione degli amministratori che hanno scelto deliberatamente questa funzione ed hanno quindi il dovere morale di innescare quei processi economici che hanno poi, come conseguenza diretta, la consapevolezza che amare la propria terra non è solo un amore immateriale ma è una cosa concreta.