Gotico ruraledi Pino Pietropalo. Lo confesso: parlare dei libri di Eraldo Baldini non mi è semplice perché lo adoro letteralmente. Già i noir italiani andrebbero premiati ed incoraggiati: troppo distanti, spesso, ritmi e stili americani; a maggior ragione quando poi Baldini ambienta le sue storie lontano da metropoli e scenari industriali per calarle nelle ns. tranquille province. Sinceramente: volti e personaggi, storie ed emozioni, convinzioni ed abitudini sembrano quelle dei ns. vicini di casa o di podere e dopo averne già letto uno solo, di libri di Baldini, nemmeno ci stupiremmo di trovarlo, seduto dinanzi al bar della piazza, a leggere il giornale o chiacchierare come facciamo tutti, a sorseggiare un caffè…Voglio dire, Baldini sembra proprio una persona dei nostri paesi, con le nostre abitudini. Sergio Pent, su Tuttolibri, a proposito di “Gotico Rurale” scrive: < Baldini sta delineando……una personalissima scenografia padana del noir più ancestrale…recuperando il nostro passato con fredda maestria>.Son d’accordo, ma sino ad un certo punto sulla dimensione padana: “Gotico Rurale”, ed una volta di più, conferma che riti e credenze della civiltà contadina, sotto sotto, son comuni a Bergamo come a Benevento, a Cuneo come a Potenza. La messa dei morti nella notte di Natale, il non girare per un campo di grano – da soli – il giorno dell’Ascensione, la processione dei morti nella notte di Ognissanti, il “benedire” il tempo od incrociare le catene sull’aia all’approssimarsi della tempesta…..son tutte cose che, ci si creda o no, fan parte del ns. patrimonio di conoscenza ancestrale (non vi tornano subito alla mente le voci dei nonni che, a seconda dei casi, istruivano od ammonivano e raccontavano “i fatti”?“Gotico Rurale”: dodici storie, dirette, immediate: alcune “claustrofobiche” dall’inizio, altre più aperte e solo apparentemente più tranquille ma con un finale che spiazza e turba. I nostri nonni e bisnonni, come quelli richiamati da Guccini nella postfazione si riunivano,di sera, in occasione delle festività natalizie quanto nelle sere di trebbiatura e c’era sempre un narratore che raccontava “i fatti”: storie di paura, nelle quali la natura, beffarda, da alleata diveniva acerrima nemica, con situazioni che non potevi spiegare se non con un intervento soprannaturale (e poi mica tanto: era solo una delle tante sfaccettature della natura). Bene.

E’ un libro che marchia la memoria e l’anima e che, per me, va (ris)coperto in una delle nostre fredde e nebbiose serate invernali, accanto al camino e…………meglio se in compagnia

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