
di Angelo Leone. Riprendo a parlare degli uomini che, secondo me, hanno “fatto” Telese. Quegli uomini cioè che, con il loro operato ed il loro comportamento, hanno contribuito a diffondere in modo determinante il “buon” nome di Telese nel circondario ed oltre.
Prima di ricordare altre persone, riferendomi al già citato donn’Americo Zotti, debbo precisare che l’attività della sua “famosa” officina, allorquando donn’Americo perse la vita prematuramente in seguito ad un incidente stradale, fu continuata in modo altrettanto competente dal figlio Giovanni e certamente continuerebbe tutt’oggi se Americo (il figlio di Giovanni), che, seppur molto giovane, già dava segni certi della sua grande capacità nell’ “arte della meccanica “ seguendo le orme del nonno e del padre, non avesse perso la vita in un tragico incidente ferroviario- il 5 luglio del 1975.
Dopo il doveroso riferimento, il nome che, in questo momento, risalta nella mia mente è quello di donn’Armando CUSANO. Era un possidente, con le “radici” ben infisse nella terra. La sua famiglia di provenienza, infatti, aveva aziende agricole a conduzione diretta e con l’ausilio di “braccianti” i quali ben volentieri lavoravano per loro perché ben pagati e, soprattutto, perché erano trattati benevolmente, come persone di famiglia. Donn’Armando era, soprattutto, un gran lavoratore. Semplice nell’aspetto, umile e corretto nei modi, affabile e cortese con tutti. Abitava sul Viale Minieri, verso la “Stazione”. Non conosceva giorni festivi né orari di sosta dal lavoro soprattutto quando era in pieno periodo di raccolta della frutta o dei pomodori. Egli era, infatti, il referente di zona della “Cirio” che produceva ottime confetture e buonissime salse e conserve che – all’epoca- erano esportate in tutto il mondo.
Ricordo che in un suo grosso caseggiato, posto su quella che allora era chiamata “Via Starace” ed ora “Via Caio Ponzio Telesino”, dove è stato costruito l’edificio che, attualmente, ospita il “Liceo”, di proprietà del suo unico figlio Tommaso (dottore e titolare dell’omonima Farmacia in San Salvatore Telesino, che gestisce con competenza, cordialità e professionalità con il valido aiuto della moglie Rosanna e del figlio dottor Armando che, in verità, non è soltanto portatore del nome del famoso nonno ma ne conserva anche la correttezza, l’umiltà, e la cordialità). In quel grosso caseggiato -dicevo- con vani molto ampi e puliti, erano messe, ben allineate e ben sistemate, centinaia di cassette di frutta e/o di pomodori fornite direttamente dai produttori.
Anche se soltanto stagionale, quell’attività offriva lavoro a diverse persone, che con donn’Armando Cusano stabilivano un rapporto di amicizia e, ne sono certo, nutrivano per lui sentimenti di sincera gratitudine ed anche di affetto. Donn’Armando molto indaffarato, ma sempre gentile e cortese con chiunque gli fosse vicino, si accertava, con grande competenza, della buona qualità della frutta e dei pomodori forniti ed era sorridente anche quando si asciugava il sudore che gli imperlava la fronte. Il suo rapporto di lavoro prevalente con la “Cirio” era quello di “Ispettore di zona” per la raccolta delle barbabietole da zucchero e la “zona” di competenza di donn’Armando era molto vasta.
Siamo verso la metà degli anni cinquanta quando donn’Armando Cusano iniziò ad interessarsi del “gioco del calcio” collaborando con l’allora Presidente Gennaro Macolino (Ninuccio, per gli amici) ed il V.Presidente Clemente Affinito. Era l’anno 1956/57 e i componenti la squadra di calcio erano:
Gennaro Martusciello, portiere; Attilio Romano (da Amorosi) e Fausto Marchione, terzini; Lorenzo De Francesco, (detto “’U niro”) centro mediano; Giovanni di Mezza, Bellomunno (da San Salvatore Telesino “’U Casale”), mediani; Luigi Carafa, ala destra; Lenuccio Candela, mezz’ala; Goffredo Macolino, Mario Pilla e Vittore Pascucci, attaccanti; Allenatore: Vincenzo Rapuano.
Con poche variazioni e nuovi inserimenti la squadra continuò nei campionati 1957/58, 1958/59 e 1959/60 con ottimi piazzamenti. Nella stagione calcistica 1960/61, quella del “Telese” divenne la squadra calcistica più forte della Valle Telesina e donn’Armando CUSANO divenne “Il Presidente”.
Con lui continuarono a collaborare Gennaro Macolino e Clemente Affinito.
Portiere: Giovanni Caporaso da Ponte – (riserva: Gennaro Martusciello che prestava il servizio militare di leva e non era in condizioni di assicurare la sua presenza continua); Attilio Romano e Luigino Di Gioia da Amorosi; Di Pietro, Carletto Di Rienzo, D’Aronzo e Rino Liguori da Benevento; Nicola Gallo da Ponte, Mario Pilla, Lorenzo De Francesco, Vittore Pascucci. Questa compagine vinse il campionato di 1^ categoria.
Ci fu poi la presidenza di don Guido Minieri con la collaborazione di don Tullio Pacelli, Alfredo Canelli e donn’Armando Cusano che, comunque, dava sempre il suo aiuto sia in termini economici che in quelli morali.
In questa nuova squadra che comprendeva molti calciatori della precedente, ci fu l’inserimento di Barbieri di Piana di Monteverna e del “militare” tenente Massafra che, pur essendo un bravissimo e preparato calciatore fu, purtroppo, nefasto per la compagine telesina in quanto -in seguito ad una verifica- risultò già “cartellinato” con un’altra squadra calcistica. Per tale grave infrazione, la squadra del Telese fu penalizzata di diversi punti e non riuscì a primeggiare anche se, comunque, si piazzò in posizione discreta. Nei ruoli di “riserve” di quella squadra ci furono: Ninuccio Monteforte, Mario Grillo, Nicola Gallo e Carletto Franco, tutti di Telese.
Donn’Armando, nel suo ruolo di “Presidente”, era quasi un padre per tutti i calciatori che componevano la squadra e tutti si impegnavano al massimo delle loro possibilità per non deluderlo e per vederlo contento e consenziente quando qualcuno di loro gli chiedeva i soldi necessari all’acquisto di un paio di scarpette nuove perché con quelle in uso non era più possibile giocare, tanto erano diventate sformate e bucate sopra e sotto.
Parlando di “calcio telesino” non possiamo non ricordare:
Lorenzo De Francesco (‘U niro) –il capitano- che era un centromediano, famoso per le sue giocate di “testa” (quando gli attaccanti avversari superavano il centro campo e si temeva il loro pericoloso avvicinamento alla porta del “Telese”, molte volte dal pubblico si levava un coro: “Nun ve preoccupate, ce sta ‘a cap’ ‘e Lorenzo”). Quando il “capitano” era arrabbiato per qualche azione di gioco che non aveva ottenuto risultato positivo, la sua imprecazione era : “Mannaggia Satana!” o, ancora più incisivamente, “Mannaggia Satana morta!”
La casa di Lorenzo, o meglio “’u suppigno” era il deposito di magliette, pantaloncini, scarpette e palloni. Era lui che organizzava incontri di calcio fuori dal campionato, contattando i vari dirigenti.
Gennaro Martusciello che, molto spesso, riusciva a parare anche i calci di rigore, a volte, era invocato come “San Gennaro”. Quando i giocatori avversari riuscivano a guadagnare lo spazio a ridosso della porta, immancabilmente dal pubblico si levavano delle voci: “Gennà, San Gennà, pienzece tu!”.
Giovanni Di Mezza, molte volte, dalla sua postazione di “terzino”, quando vedeva che tutte le azioni d’attacco dei “telesini” venivano vanificate, si imbronciava e, appena in possesso del pallone, partiva verso la parte di campo avversaria riuscendo spesso anche a raggiungere l’area di rigore. E’ vero che commetteva qualche infrazione e al suo passaggio molti giocatori avversari cadevano al suolo ma spesso, con questa “azione di forza”, riusciva a scuotere i suoi compagni che aumentavano il loro impegno e il ritmo di gioco ridando rosee speranze ai molti tifosi che seguivano trepidanti le sorti della partita.
Mario Pilla, giocatore d’attacco molto mobile e veloce, era un “combattente”: giocava applicando le cognizioni tecniche, ma anche e soprattutto la sua grande passione e l’amore smisurato per il suo paese per cui, nelle azioni di gioco, impegnava direttamente il suo cuore. Fausto Marchione divenne famoso per le sue spettacolari rovesciate a volo, le sue potenti “sforbiciate” che, in un baleno, cambiavano la direzione del gioco.
Vittore Pascucci, che ricordiamo sempre con la maglia numero 10, entrava in campo sempre con passo “elegante” e, cosa che le prime volte attirava l’attenzione di tutti, con il fazzoletto ripiegato per metà nell’elastico del pantaloncino.
Goffredo Macolino, era chiamato “l’appostatore”. Non correva molto, si “appostava” in un punto strategico e, appena riceveva da un compagno il pallone, tirava dei tiri potentissimi con il “suo destro” che mettevano in serio imbarazzo le difese avversarie.
Donn’Armando Cusano, sia in qualità di Presidente, sia in quella di dirigente e sia in quella di appassionato riuscì sempre a dare il suo contributo morale, affettivo ed economico. Per le notizie sul mondo del calcio telesino dell’epoca ringraziamo Gennaro Martusciello e Mario Pilla, per avercele in gran parte- fornite.
Soltanto dopo diverso tempo trascorso dalla sua morte si è saputo che donn’Armando, in modo molto semplice e del tutto anonimo, offriva il suo aiuto economico a qualche capofamiglia che, in condizioni disagiatissime, non riusciva a soddisfare le più elementari necessità di sopravvivenza dei propri figli. Donn’Armando faceva in modo che in quelle case arrivassero prodotti alimentari e una busta con un po’ di denaro.
Ancora oggi, ogni tanto ed in modo molto riservato, giungono notizie su questi “aiuti”. Quando ero ragazzino, ricordo che si parlava molto di maghi, di fate, di streghe, di janare e di magia in genere. Forse anche perché, a quei tempi, non essendoci ancora la televisione e la radio era ancora poco diffusa, si passava il tempo raccontando “fatterelli” che, il più delle volte, erano inventati di sana pianta. Questo avveniva soprattutto la sera, quando ci si raccoglieva intorno al caminetto e gli “anziani” (nonni e zii) intrattenevano i nipotini con questi racconti.
Alcuni “personaggi” dei racconti, che agivano quasi sempre a fin di bene, erano i cosiddetti “Mazzamaurielli” che, a completa insaputa dei beneficiari, facevano trovare doni sparsi per la casa. Questi, soprattutto nel napoletano, erano detti anche “munacielli” ed erano guagliuncielli piccerilli vestiti con il “saio francescano”. Andavano di nascosto (in genere di notte) dint’ ‘e case e ajutaveno a chi vulevano aiutà, ma facevano ‘e dispiette a chi era antipatico. Facevano trovare regali e denaro, però se il beneficiato diceva in giro della fortuna capitatagli, ‘e mazzamaurielle se ‘ncazzavano e lle facevano ‘nu sacco ‘e dispiette.
Ora siamo fermamente convinti che anche donn’Armando Cusano è stato, per molti, un “mazzamauriello” o un “munaciello”, facendo del bene a molti e non facendo dispetti ad alcuno.
Certamente, con il suo operato, ha molto contribuito a tener fede a tale credenza popolare.
Il Telesino doc Angelo Leone 1699 letture al 31/12/2012
Grazie, sig. Angelo Leone, per la profonda commozione che ho provato nel leggere questo Suo racconto sul calcio telesino della seconda metà degli anni ’50, di cui ha fatto parte anche il mio PAPA’ Gennaro, come sa scomparso da qualche anno….
GRAZIE per averlo chiamato ancora una volta
” Ninuccio “….
Paola Macolino