di Pierluigi Santillo. L’amministrazione comunale di San Salvatore Telesino aveva basato la sua campagna elettorale sul cambiamento, sulla trasparenza e sulla partecipazione dei cittadini: sono rimaste quasi solo belle parole.
D’altra parte tutti gli amministratori pubblici, a parole, mettono al centro del proprio operato i cittadini a cui devono rispondere, obbligati anche da specifiche disposizioni legislative – dalle leggi 142 e 241 del 1990 alla riforma “Brunetta” – e stimolati da un opinione pubblica sempre più informata e consapevole (grazie anche all’uso sempre più diffuso della “rete” ed in particolare dei social network).
Ma quali cittadini sono al centro dei loro pensieri? Tutti quelli amministrati o un “campione scelto” dalla massa?
Fatto sta che lo scollamento fra l’azione pubblica dei nostri amministratori e le reali esigenze dei cittadini è sempre più ampio e la delusione e l’insoddisfazione sono sempre più palesi. D’altra parte questo non è un problema solo di San Salvatore Telesino (come per esempio ci conferma il recente comunicato di Luigi Zito e Marco Falconieri su Vivitelese).
Eppure dovrebbero essere ormai chiaro che è impossibile erogare servizi adeguati ai cittadini se non si ascolta il loro parere e se non ci si fa carico delle loro istanze, “contrattando” in modo trasparente e diffuso le politiche pubbliche.
Il fatto che oggi ci sia una maggiore consapevolezza delle possibilità (sia normative che tecnologiche) di controllo diretto dell’operato degli amministratori, soprattutto dopo l’introduzione dell’obbligo di pubblicare tutti gli atti sul sito internet dell’ente, e il fatto che ci siano, almeno da parte di alcuni comitati e singoli cittadini, sempre maggiori e più diffuse richieste di attivare processi partecipati, dovrebbe consigliare un atteggiamento diverso.
Invece, dopo che persino l’ex sindaco Creta si è convinto della necessità di coinvolgere più attivamente i cittadini e di diffondere (chi meglio degli amministratori può farlo?) la “cultura della partecipazione”, qualcuno ancora sostiene di non aver mai sentito parlare di “bilancio partecipativo” e si domanda come sia possibile attuarlo!
Eppure sin dagli anni ’40 dello scorso secolo, in Paesi con “basi democratiche” ben più solide delle nostre, e con una profonda tradizione di ascolto e di coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica, come gli Stati Uniti, lo sviluppo economico e sociale dei territori è impostato su azioni non imposte “dall’alto”, ma “dal basso”, ottenendo risultati importanti anche in termini di sviluppo e riducendo i conflitti. E in Svizzera si tengono almeno due referendum (molto partecipati) ogni anno.
Ma sono innumerevoli i casi di “buon governo”, soprattutto a livello locale, anche in Italia, realizzati grazie ad una gestione della cosa pubblica basata su principi, regolamenti e metodologie concrete di democrazia partecipativa.
Invece nei nostri piccoli comuni gli “eletti” continuano ad amministrare pensando di poter decidere a prescindere dagli “elettori” che invece dovrebbero servire, e a cui devono “dare conto”, dimostrando presunzione e arroganza in misura anche maggiore rispetto ad un passato in cui era molto più facile tenere sotto controllo anche le informazioni.
Si obietta che troppo pochi cittadini partecipano, che sono indifferenti,… ma se non si dimostra che l’apertura è reale, e che concretamente i cittadini possono contribuire alle decisioni, ed hanno la responsabilità di farlo, saranno sempre pochi quelli che vorranno impegnarsi in prima persona rinunciando alle comode deleghe ai loro rappresentanti politici e ai propri “dipendenti” (impiegati e dirigenti pubblici), rendendo così “sterile” la domanda di partecipazione di pochi cittadini attivi.
Insomma a San Salvatore, come in tutti i comuni vicini, diversamente dai proclami dei “nuovi” amministratori, ancora domina un modello di pubblica amministrazione burocratico e gerarchizzato ormai superato dalle norme e che non è mai stato veramente in grado di percepire e accogliere i reali bisogni e i contributi dei cittadini nemmeno quando erano disponibili tante risorse da distribuire in modo clientelare per crearsi e mantenere il consenso.
Ed ora sono i consiglieri dell’attuale minoranza, che erano tutti in maggioranza fino a due anni fa, a reclamare più spazio per la partecipazione dei cittadini!
Mi vado quindi convincendo sempre più che le ormai tante contraddizioni che abbiamo dovuto registrare fra i proclami e i fatti concreti, rendono necessaria una riflessione, per valutare in tempo utile la possibilità di una reale alternativa di qui al 2013, quando saremo di nuovo chiamati a scegliere chi dovrà amministrare la nostra Comunità nei successivi cinque anni.
Sulla base dei fatti concreti di questi ultimi anni, infatti, nemmeno l’attuale opposizione può dare sufficienti garanzie.
E’ dunque tempo che persone nuove, possibilmente giovani, non compromesse nelle vecchie ma purtroppo ancora attuali logiche, e consapevoli della loro responsabilità civica, ma anche interessate a costruirsi un futuro migliore di quello che si profila all’orizzonte, ritrovando interesse per la “cosa pubblica”, si espongano in vista di un impegno diretto nell’amministrazione, e soprattutto sarebbe necessario che molti più uomini e donne di San Salvatore Telesino, indipendenti ed indipendentemente dagli attuali due “schieramenti”, inizino a muoversi non più come tifosi, ma come “cittadini attivi”, liberi e responsabili, portando idee nuove e tensione ideale, creatività, apertura mentale, energie … ed attivandosi per esercitare un controllo costante sull’azione dei propri amministratori e stimolarli a gestire in modo adeguato la cosa pubblica.
Lo stesso ragionamento vale anche per comuni dove si è appena votato, in perfetta continuità con il passato, come per esempio San Lorenzello e Cerreto, e per quelli dove si è votato l’anno scorso o si voterà il prossimo anno.
Sarebbe anzi molto positivo creare un movimento che coinvolga i cittadini di più comuni, riuscendo in questo modo a coordinare un vasto movimento per il cambiamento, verso forme di democrazia diretta o partecipativa, di cui si sente sempre più l’esigenza e la necessità, superando le scontate resistenze degli attuali amministratori.
I “riferimenti” politici di provenienza possono poi essere anche diversi, purché ci sia il comune denominatore della disponibilità e responsabilità personale per un impegno diretto in un sistema di democrazia partecipativa da imporre e coltivare, rifiutando definitivamente la logica della “delega”, rifiutando i proclami autoreferenziali, operando con totale trasparenza, attivando processi partecipativi e valutando l’efficacia dell’azione politica e amministrativa con idonei strumenti di rilevazione della soddisfazione dei cittadini. L’azione politica ed amministrativa, soprattutto a livello locale, non può più essere basata solo su parametri di tipo economico (sviluppo, crescita del PIL, …), ma deve mirare al benessere di tutti i cittadini (BIL – Benessere Interno Lordo), ascoltando le loro istanze, valutandole con procedimenti trasparenti, e assumendo le decisioni in base a condivise scelte di priorità.
Nel frattempo, con tutta probabilità, la crisi economica, iniziata già da tempo, ma che ormai diventa ogni giorno più evidente, facendosi “sentire” in larghi strati della società, si sarà ulteriormente aggravata, e, soprattutto, il federalismo fiscale starà per andare a regime, con tutto quel che ne consegue in termini di disponibilità di risorse economiche per l’amministrazione degli enti locali.
Proprio in tempi di crisi è necessaria una visione coraggiosa del futuro (cosa di cui i vecchi politici non sono in grado assolutamente di farsi carico) e una decisa svolta verso modelli di sviluppo diversi da quelli attuali, tutti basati sul consumo sempre maggiore delle risorse del pianeta, cioè l’avvio di una transizione verso un modello di comunità organizzate in cui dovremo essere noi stessi a poter prendere le decisioni che determineranno la qualità del nostro futuro (mi interessa molto il futuro: è lì che passerò il resto della mia vita – Groucho Marx).
Accertato che l’attuale “classe dirigente” dei nostri piccoli comuni della Valle Telesina non sembra in grado di gestire questo cambiamento e, soprattutto, che non ha nessuna intenzione di attivarlo o permetterlo, è necessario pensare ed attuare un’alternativa, possibile solo se ognuno smette di sfuggire la propria responsabilità personale e si impegna in prima persona.
Come amava dire Vittorio Arrigoni: “restiamo umani”; non facciamoci trattare come greggi di pecore da governare, ma come cittadini da “servire”. Smettiamo di essere sudditi poco avvezzi alla responsabilità individuale e pronti ad accettare compromessi e inclini a dare deleghe in bianco a chiunque ci faccia intravedere un qualche vantaggio personale, e comportiamoci finalmente da cittadini consapevoli e pensanti, ispirati da etica personale, solidarietà sociale e responsabilità verso l’ambiente.
Intanto, il 12 e 13 giugno prossimi, anche nei nostri paesi vorrei vedere una grande partecipazione ai REFERENDUM. I sindaci della Valle Telesina, in un incontro con Alex Zanotelli del 12 marzo scorso, avevano promesso pubblicamente di impegnarsi a pubblicizzare la consultazione elettorale e a stimolare la partecipazione al voto dei loro concittadini: non lo hanno fatto. Nonostante ciò, spero che anche nei nostri comuni ci sarà ugualmente una grande partecipazione, così come certamente avverrà in tutto il Paese, vista la grande mobilitazione di comitati, associazioni e singoli cittadini, per dire, con QUATTRO SI: no alla mercificazione dell’acqua, no ai profitti sull’acqua, no alla follia nucleare e no all’ il-“legittimo” impedimento per i potenti di turno.
Se si raggiungerà il quorum, e quindi vinceranno i SI, sarà non solo una grande vittoria dei cittadini contro le speculazioni a loro danno, ma anche un altro segnale dell’irreversibilità del cambiamento in atto, che non potrà essere ignorato.
Pierluigi Santillo