
La guerra era arrivata nelle nostre case. Il lugubre suono della sirena si udiva, all’improvviso e molto spesso, sia di giorno che di notte. Alla sirena seguivano il sibiloe le esplosioni delle bombe alleate e il rombo dei cannoni della contraerea tedesca. Si riparava nelle cantine delle case, che ospitavano anche le famiglie che non avevano dove rifugiarsi. La cantina di casa mia, in via Roma, ospitava le famiglie Fasolino e Manganiello.
Gli uomini erano nascosti o erano stati presi dai tedeschi, ora nemici e odiati. Arrivavano notizie di campi di concentramento e di stragi e si ascoltava di nascosto radio Londra. Nell’anno più insanguinato del mondo, nel fumo dei forni crematori, nei pianti delle madri e delle spose, nell’urlo delle sirene, i sibili e gli scoppi delle bombe, il rombo dei cannoni, nasceva la vita. La mia vita e quella di tanti che presero il sopravvento sulla morte, col coraggio di nascere, in un mondo dove gli uomini si sbranavano come belve e di umano restava ben poco.
Per mettere in difficoltà l’avanzata degli Americani, i Tedeschi avevano fatto crollare i ponti che in via Roma congiungevano le rive del Grassano. Si attraversava il torrente su grossi massi che affioravano dalla corrente.
In quella gelida sera di novembre 1943, aTelese c’era il coprifuoco. La mia famiglia , mamma, nonna, papà era nascosto nella masseria dei Moriello, e sei bambini l’ultima, io nata appena da sei mesi recitato il Rosario presso il focolare, si preparava per andare a letto.
Assalita dalla fame vagivo, mamma andò alla credenza per prendere il latte da riscaldare, lei il latte, a causa di un intervento sbagliato dell’ostetrica, lo aveva perso, ma trovò il bricco vuoto. Giovanni, uno dei miei fratelli lo aveva bevuto di nascosto .
Piangevo e niente riusciva a calmarmi, con la piega presa avrei continuato così tutta la notte, allora mia madre decise di uscire per andare, oltre il torrente, alla masseria dei Pacelli, per prendere il latte,mia nonna non riuscì ad impedirglielo.
Si ammantò dello scialle nero, che copriva anche la bottiglia per il latte e si avvio di corsa e, saltando di masso in masso, attraversò il Grassano raggiungendo così la masseria Pacelli “u cacaglio”.
Preso il latte stava tornando a casa. Raggiunto il Grassano pensò di avercela fatta, quando sentì una voce durissima che in tedesco le intimava l’alt. Si fermò raggelando e sentìi dietro la nuca la canna della mitragliatrice. Non si voltò, un militare le teneva puntata l’arma alla testa, un atro le si parava dinnanzi e, anche se lei non comprendeva, le sembrò che la stesse interrogando, allora aprì lo scialle e mostando la bottiglia colma di latte pronunciò tremando “bambina latte”.
Il soldato che aveva l’arma spianata l’abbasso e l’altro con il gesto della mano le fece capire che doveva attendere. Si allontanò e tornò di li a poco con un sacco colmo di barattoli. I due militari l’aiutarono ad attraversare il torrente, l’accompagnarono a casa, le consegnarono il sacco e con espressione, ora addolcita, salutarono in tedesco e sparirono nel gelo della notte.
Il sacco era colmo di barattoli di latte condensato.
Mia madre dopo quella terribile sera, conclusasi con un gesto d’amore, sperò in una pace dove il grande popolo tedesco avrebbe potuto riscoprire la propria umanità smarrita in quella terribile guerra, dove false e ingannevoli ideologie portate all’esasperazione avevano ottuso le menti di uomini che, aizzati da capi sanguinari e folli, si comportavano peggio delle belve e tutto per gli interessi di pochi che molti ignoravano e a loro non toccavano.
Enza Zotti 1184 letture al 31/12/2012