di Aldo Maturo. A 14 anni è presto per salire tutte le mattine su un treno per andare a scuola ma era la scelta obbligata dei ragazzi di Telese che volevano continuare gli studi.

Fino alla fine degli anni ’60, infatti, in paese non c’erano scuole superiori e lasciate le aule della Scuola Media, lambite dalle acque del Grassano, l’alternativa era tra Cerreto e Benevento.

A Cerreto per i ragazzi c’era il Liceo Classico e per le ragazze l’Istituto Magistrale, entrambi di estrazione religiosa. Il primo era annesso alla Curia e il secondo era tenuto dalle suore in un bel palazzo antico su in cima al Corso.

Una corriera azzurra della Ditta Tinessa era sufficiente ad assicurare il collegamento tra i due paesi.

Benevento, per l’ampia offerta scolastica, era l’opzione preferita e veniva invasa giornalmente da centinaia di studenti provenienti da tutta la provincia, in corriera o in treno. Quello da Telese, “il treno degli studenti”, raccoglieva anche i pendolari dell’entroterra, partiva al mattino alle 6,05 e arrivava a Benevento dopo circa un’ora. La sveglia suonava alle 5,30 ma nessuno la sentiva ed allora, catapultati fuori dal letto dagli urli dei genitori, si usciva di casa appena vestiti e si percorreva quasi sempre di corsa tutto il viale per la stazione.

La voglia di dormire era comune a tutti e così man mano che si avanzava verso la stazione ci si incrociava con gli altri ritardatari. Quasi sempre con Augusto di Carlo che mi abitava di fronte o con i fratelli Pacifico che abitavano nelle vicinanze. Superato il quadrivio sbucava Fulvio Vassallo e più avanti uscivano Mimmo Tammaro, Riccardo Affinito e di lì a qualche metro Franco e Antonietta D’Angicco o Beppe Carizzi seguito dallo sguardo apprensivo della nonna dietro i vetri e negli ultimi metri Giacinto Carlone. Un ciao assonnato e un occhio alle lancette dell’orologio, senza perdere il passo, con i libri che scivolavano da sottobraccio. La borsa era da secchioni ed allora erano tenuti insieme dall’elastico azzurro, teso al massimo quando c’era il vocabolario per il compito in classe.

Superata la Seneta si iniziava a correre perché davanti alla stazione c’era puntualmente qualcuno, spesso Nicola Sparano, Eduardo Presutto o Aldo Cuciniello, fratello di Osvaldo, che si sbracciavano per far capire che il treno era arrivato. Si, per fortuna c’era sempre chi arrivava prima. Erano i più mattinieri o i figli dei ferrovieri che avevano la fortuna di abitare alle “palazzine”, un passo dalla stazione: Tonino Conte, Annamaria, Elena, Ettore e Ubaldo Cuccillato, Luca de Crescenzo, Trentino Bosco, Mimmo e Elvira Follo e tanti altri purtroppo sfumati nella memoria.

Il punto di ritrovo – se si arrivava prima – era la sala d’aspetto con le quattro panche in legno, il fumo delle prime sigarette e i capannelli formati di mattina in mattina per affinità scolastica o per amore del pallone, con una spontanea divisione tra i “piccoli” del primo o secondo anno e i “grandi” del quarto o quinto.

Ma la tattica per rallentare la partenza e consentire a tutti di arrivare era patrimonio comune e il capostazione bonariamente faceva finta di non vedere. Si aprivano gli sportelli delle carrozze, tutte di III classe interni in legno, non si saliva e si procedeva verso le successive, a passo lento. Il tempo impiegato dal controllore per richiudere era quello concesso ai ritardatari per fare la volata finale, tagliare il traguardo del primo binario e salire di corsa sul treno in partenza dal secondo. Ma non sempre funzionava ed allora si tornava mestamente al quadrivio a prendere la corriera delle 7 pronti a subire il rimprovero del professore della prima ora, per l’inevitabile ritardo.

Il treno era praticamente degli studenti. Ne erano già saliti a Dugenta ed Amorosi e dopo Telese, dove eravamo tantissimi, sarebbero saliti quelli di Solopaca e di Ponte. All’andata il clima era sonnecchiante o teso per la paura di un’interrogazione. Era il momento dei veloci ripassi, della copia di un compito non fatto, dei furti delle colazioni con le rincorse dalla cima al fondo del treno, dei primi flirt, delle strategie per sottrarsi al controllore al ricordo improvviso dell’abbonamento scaduto. La stazione di Benevento, alle 7 di mattina, era avvolta d’inverno in una nebbia fitta che nascondeva anche i palazzi di fronte. Si sciamava sui marciapiedi verso il centro fino a Piazza Roma da dove ci si divideva tra i vari istituti, invidiando i compagni di scuola di Benevento che a quell’ora ancora dormivano.

Alle 13,20 c’era il treno del ritorno e l’aria era più festante. La giornata scolastica era passata ed era il momento di rilassarsi programmando il pomeriggio con una partitella sul campetto della Seneta, al bigliardino di Santella o sui libri, in attesa di un nuovo giorno e di una nuova levataccia. Così anno dopo anno senza sentirne il peso ma gustando al mattino il piacere di incontrarsi ed apprezzando giorno dopo giorno lo scorrere delle stagioni che a quell’ora del mattino passavano dal freddo e dal buio dell’inverno al tepore e al verde della primavera, con quell’aria frizzante e quella luce radiosa che preannunciava l’estate.

Aldo Maturo 1638 letture al 31/12/2012

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4 Commenti

  1. Troppo felice di rivedere una Telese …che era di quei telesini antichi prima che qualche assurdo signore usasse telesino D.O.C. per pubblicizzare un prodotto edulcorato! con sincera stima e affetrto anche se…virtuale Lia Buono.

  2. Prima del treno delle sei partiva quello delle 5,40 per Caserta, con le stesse dinamiche da te descritte.
    La mia famiglia aveva deciso, mio malgrado, che io studiassi a Caserta perchè vi vivevano tre mie sorelle, ma la levata al mattino era ancora più dura, si tornava a Telese alle 3, tutto questo era stancante
    tanto da influire sul rendimento scolastico.
    In gennaio la mattina la brina copriva tutto, partivamo da via Roma io ed Anna Maietta, io spesso senza guanti, a causa del freddo non riuscivo a reggere i libri legati dalla molla verde, pietosamente Anna me ne offriva uno così con una mano in tasca e l’altra con i libri si correva alla stazione. Quando il treno era in ritardo il capo stazione ci ospitava negli uffici al gradevolissimo tepore di una grande stufa a legna che i ferrovieri tenevano accesa tutta la notte.
    Per la nostra generazione i sacrifici iniziavano molto presto, non per studiare,in molti lo facevamo volentieri, ma per raggiungere le scuole.
    Viaggiavano su quel treno Anna Maietta, Pierino Leonardo, Dante Franco, Pasquale Vegliante, Roberto Avitabile che proveniva da da San Salvatore.
    Spesso prendevano quel treno anche gli studenti che si recavano alle lezioni presso l’università di Napoli : Sergio Buttà , Elena Maietta, Anna Maria Cuccillato.
    I pendolari erano :I maresciallo Foschini, la signorina Angelina Carrino, e Michele Guerra.
    Grazie per aver evocato questi ricordi. Ti leggo sempre con piacere e non ti nascondo che spesso anticipi le tematiche che io avevo in mente di trattare.
    Enza Zotti

  3. Anch’io voglio ringraziare sia Aldo Maturo che Enza Zotti non solo per il ricordo delle mie sorelle Anna Maria, Elena,e mio fratello Ettore, ma per la capacità cosi “fluida” di descrivere e far rivivere il tempo trascorso in cui anche noi “più piccoli” (sia pur di 3-4-anni soltanto, ma allora molto sentito..)guardavamo con ammirazione i più grandi! Vorrei chiedere ad Aldo se ricorda un episodio( raccontatoci da mio padre Oreste), per fortuna finito bene,quando un giorno, durante il ritorno da Benevento col solito treno delle 14, esso si fermò poco
    dopo esser partito dalla stazione di Solopaca,perchè alla sottostazione di Telese , visto che un treno merci non
    si era fermato, fu immediatamente azionata l’interruzione della corrente, evitando così una possibile tragedia…. Grazie dei vostri interventi, che spero continuerranno e che possono davvero essere un “collante” tra telesini di “ieri” e quelli di “oggi”. Ubaldo Cuccillato

  4. Caro Ubaldo, purtroppo non ricordo l’episodio di cui parli e non so che a qualcun’altro viene in mente. Non escludo che possa essere successo in uno dei tanti giorni in cui noi del classico perdevamo il treno del ritorno perchè il liceo era a Piazza Risorgimento, lontanissimo dalla stazione. La campanella suonava all’una ma se c’era compito in classe o se c’era “spiegazione” si tardava, si perdeva l’autobus e dovevamo attraversare tutta Benevento in meno di 20 minuti.
    Cordialmente

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