Originario di Casapulla, Giuseppe Arzillo ha vissuto a Telese fino al 1970 ove esercitava la professione di appaltatore edile,Peppe Arzillo ed abitava “ dint’’o vico ‘e Clevenice”. Fu sindaco dal 21/07/1947 al 28/02/1948 e durante il suo mandato ci fu l’istituzione del mercato e la costruzione del campo di calcio sul quale potè svilupparsi quel grande fenomeno di massa che fu l’U.S.Telese Terme.

Peppe era un uomo di bell’aspetto, alto e magro, grande amicone e grande simpaticone e per alcuni aspetti del suo carattere, rimane uno dei maggiori protagonisti dei famosi anni ruggenti.  La caratteristica più singolare era la sua straordinaria capacità di mangiare. Stando alle testimonianze di alcuni suoi amici, è stato in assoluto il più grande mangiatore dell’epoca. Mio zio, Gigino Affinito, diceva di lui:

Peppe tene ‘o sfùnnolo, cchiù magna e cchiù se fà sicco. Assumiglia ‘a gatta ‘e ¾: Se magnaje nu chilo ‘e carne e quanno ‘a jètteno a pesà,  pesava ¾.

Come ho già avuto modo di raccontare, le possibilità di svago della Telese degli anni 40/50 erano molto limitate e pertanto la cenetta con gli amici “c’’a chitarra e ‘o mandulino” rappresentava una delle attività più gettonate della gioventù di quel tempo e sicuramente Peppe Arzillo ne fu uno dei maggiori attori.

Il teatro più consueto per l’esercizio di queste attività, era il dopolavoro gestito da Eduardo Di Mezza; fu proprio in una di queste circostanze che potei apprezzare un’altra delle caratteristiche che lo resero famoso: le sue qualità canore.

Era una vigilia di Natale di tanti anni fa. Avevo notato che mio padre e mio zio Gigino stavano ammassando una notevole quantità di derrate alimentari; mi resi conto che si stava preparando una delle rituali festicciole tra amici alle quali mi capitava di tanto in tanto di partecipare, una volta perché mi portava mio padre, qualche volta perché mi portava mio zio e spesso perché mi portava Nunziello, grande suonatore “‘e iazz”.

Feci tanti di quei capricci finché mio padre si decise, obtorto collo, a portarmi con lui. Quando giungemmo al dopolavoro, la combriccola s’era già bella e composta e, per quello che ricordo, oltre a me, mio padre e mio zio Gigino c’erano: Eduardo Di Mezza, che faceva gli oniri di casa, Peppe Arzillo, Don Bernardo Maietta, Lucariello Viola, Capeppe, Don Vito Volpe, Salvatore Vaporieri, Don Antonio “‘assistente”, Biase “‘o barbiere” Mario Di Matteo ed altri ancora, che però non riesco a ricordare.

Tra le persone elencate c’erano, in assoluto, le più famose forchette dell’epoca e quello che riuscirono a mangiare e a bere, va al di là di ogni più fervida immaginazione.Quando l’alcool cominciò a produrre i suoi effetti, gli artisti della comitiva, che per la circostanza erano mio zio e Peppe Arzillo, cominciarono a sciorinare il loro repertorio: mio zio favceva “ ‘e macchiette” e cantava “N’accordo in <fa>”:

Fli-ppo…fli-ppó…fli-ppó…fli-ppó…

Fiore di primavera,

La donna tiene i peli sopra il cuore,

e i’ nun m’’a pigliasse pè mugliera,

nemmeno se me l’ordina il dottore…

Parola mia,

parola mia d’onore…

Peppe Arzillo, grande interprete del repertorio napoletano classico-drammatico, cantava : Zappatore, ‘O schiaffo, Brinneso, ma in particolare una canzone che rappresentava una fedele sintesi della filosofia di quegli uomini fieri, che trovavano il loro modo di essere in maniera semplice e simpatica, che si divertivano stando insieme e per il semplice piacere di stare insieme:

E io canto: Qui fu Napoli,

Nisciuno è meglio ‘e me…

Dimane penzo ‘e diébbete

Stasera so’ nu rre!

Un altro aspetto della personalità di Peppe Arzillo, era quella “‘e sfóttere ‘a mazzarella“ e, per questa sua naturale inclinazione, si diceva di lui che era peggio “d’’e scòsse ‘e terremoto”.

Una sera d’ inverno di tanti anni fa, durante le festività natalizie, stavamo tutti ammassati nel circolo sociale che a quei tempi era situato nelle proprietà di Ettore Maturo.

Quando era circa mezzanotte, Peppe Arzillo salutò la comitiva e rivolgendosi a me disse: “Riccà, arretirate ca s’è fatto tarde”. Così ci incamminammo insieme verso casa.

Era una notte fredda ed umida e, in particolare c’era una nebbia “ ca se puteva taglià c’’o curtiello”. All’altezza del quadrivio stavamo per dividerci, per raggiungere le rispettive abitazioni, quando vedemmo due ombre nella nebbia che provenivano dalla stazione e procedevano con passo lento e compassato verso di noi.

Mano mano che avanzavano, le ombre cominciarono a prendere forma e scorgemmo delle sagome amiche, benché i visi fossero siminascosti da sciarpe di lana. Si trattava di Giovanni Ceniccola e Antimo Tommaselli che tornavano dalla Germania, dove lavoravano a quel tempo, per trascorrere le vacanze natalizie a casa.

Il loro equipaggiamento era quello classico degli emigranti che tornavano da un paese freddo, “parevano Totò e Peppino quanno jetteno a Milano : purtavano dduje capputtune che l’arrivavano fino a ncopp’’e scarpe, nu pare ‘e valigiune peròne, nu sciarpone arravugliato nfaccia e na specie ‘e colbacco ncapa, ròbba ca si ‘e ncuntrave ‘e notte all’intrasatte, sbattive nterra d’’a paura!”

“Comme jammo e comme nun jammo…., bentornati e bentrovati….,tanti auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo…e pè tremente Peppe Arzillo ‘e squadrava d’’a capa ‘o père” e quando si esaurirono i convenevoli, “scapuzzianno nu poco, c’’a faccia nu poco scunsulata, dicette”:

– Certo ca so fetiente ‘e Tedeschi!… guarda nu poco comme l’hanno cumbinate a

sti’ poveri guagliune!!

E così, in una notte di nebbia di tanti anni fa, un uomo simpatico e di bell’aspetto, con l’abituale lampo di genio, confezionò una battuta che, per la sua pungente orginalità, merita di essere ricordata.

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Ma l’episodio più clamoroso accadde a seguito din un alterco con “ Nannina ‘a zengara” quando abitavano entrambi “dint’’o vico ‘e Santella. Volarono parole grosse ed alla fine Nannina, offesa, si rivolse al Maresciallo dei carabinieri per avere giustizia.

Poco tempo dopo il Maresciallo, per dovere di ufficio, chiamò Peppe Arzillo a rendere conto dell’accaduto e tra di loro si svolse, pressappoco, il seguente dialogo:

Mar. Signor Arzillo da noi si è presentata la signora Nannina ed ha presentato denunzia contro di voi perché l’avete offesa.

Peppe Mi dispiace Maresciallo, ma io non conosco nessuna “signora Nannina”.

Mar. Ma come fate a non conoscerla se abitate nella stessa strada?

Peppe Ah! Adesso ho capito: “Nannina ‘a zengara”….e voi avete detto “ la signora  Nanninna?!

Mar. Signor Arzillo non scherzate che qua c’è una denunzia precisa: La …Nannina  sostiene che voi l’avete chiamata “zoccola”.

Peppe Riconosco di aver sbagliato a chiamarla “zoccola”. Vedete, voi siete  Maresciallo, ma se io vi chiamassi Brigadiere, vi offendereste?

Mar. Certo che mi offenderei! Se sono Maresciallo, perché mi dovreste chiamare  Brigadiere.

Peppe E chello perciò Nannina s’è offesa…pecché ll’aggia chiamata “zoccola”…  e invece chella è “ na’ zucculóna!!”

 

Per chi volesse ascoltare la canzone “ Qui fu Napoli”, il cavallo di battaglia di Peppe Arzillo, può cliccare qui

Riccardo Affinito 1926 letture al 31/12/2012

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2 Commenti

  1. Ciao Riccardo
    Anche mio padre faceva parte della bella comitiva dei MAGNIFICI che tu hai elencato, spesso preparavano la cena a casa mia.
    Quando questo accadeva mio padre mandava tutti a letto, per prima mia madre perchè erano cose da uomini e basta. Della bella comitiva facevano parte anche Alfredo e Leopoldo Di mezza, e il maestro Pescatore. Mangiavano e bevevano tantissimo quasi tutti, la mattina ci toccava pulire e dalla cantina di casa mancava sempre una damigiana da un quintale di vino.
    Il cuoco era Alfredo di mezza che per la sua magrezza chiamavano “cuorio e pelle”.
    Peppe era mio vicino e l’ho conosciuto molto bene,
    spesso raccontava della campagna d’Africa ,era un antifascista e finì al confino per una sua battuta.
    Al quadrivio spesso veniva un signore che vendeva baccalà spugnato e Peppe ne stava acquistando quando notò che il venditore glielo stava avvolgendo in un giornale con una grande immagine del duce “Che fai esclamò “chisto pe quanno arrivo a casa s’è futtuto puro stu poco e baccalà” io so chi lo ascoltò ma non lo scrivo ,Peppe fu denunciato e finì confinato.
    ti leggo con piacere e ti saluto
    Enza Zotti

  2. Ciao Enza,
    è un vero piacere ritrovarti dopo tanto tempo su Vivitelese. Mi ricordo di “Donn’Amerigo” in sella alla sua inseparabile moto che lo condusse, se non ricordo male, ad una tragica quanto immatura scomparsa. Non ricordavo, invece, che facesse parte di quella famosa “combriccola”.
    Dalle cose che hai scritto e che ho letto con grande inreresse, traspare il grande amore che hai per il tuo paese e il desiderio che gli scempi che lo hanno devastato in questi anni si arrestino una volta per tutte.
    Anche mia sorella Alma andava a scuola a Caserta e quindi conosco il trauma della levataccia mattutina; però quanta tenerezza in un gesto: Anna Maietta che ti passa un guanto per proteggere la tua mano dal freddo. Semplicemente meraviglioso! Continua a scrivere, Vivitelese ha bisogno anche di te.
    Un affettuoso saluto che ti prego di estendere anche ad Anna Maietta qualora fossi in contatto con lei.

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