Masaniello, Totò e la fontana di Piazza S.Martino: ma che strano paese!di Lorenzo Morone. Tra i beni culturali di cui è così generosamente dotato il nostro Paese, i centri antichi costituiscono un patrimonio straordinario di memorie, di storia, di strutture architettoniche, di tradizioni. Ma se noi vogliamo identificare un luogo o individuare uno spazio ove quei fatti e quei valori coesistono raggiungendo la più alta densità e concentrazione, questo è la piazza.

Costruita attraverso lenta stratificazione e continua modificazione nel corso dei secoli, come a Santa Severina, o realizzata di getto per volontà di principi o di governi, come nel caso di Cerreto Sannita, la piazza della città storica è comunque il luogo privilegiato ove la comunità, nel corso del tempo, praticando commerci o svolgendo funzioni o eseguendo sentenze o dando vita a manifestazioni, celebrando i suoi riti o inseguendo i suoi miti, ha perseguito il suo disegno e realizzato il suo destino. Le Piazze sono quindi il luogo centrale della città e tramandano la storia del nostro paese. Basta ascoltarle: le piazze raccontano storie antiche come i nonni davanti al focolare. Quindi, direte Voi, anche Piazza S. Martino parla? Certo, e racconta storie che dimostrano come è proprio vero che, nella nostra splendida Italia, ogni luogo è un mondo a sé.

Piazza S. Martino, infatti, quella che avrebbe dovuto raccontare la storia delle Città della ceramica italiana con trentadue inserti nella pavimentazione, sulla scia delle Piazze di Santa Severina (Crotone), di Vinci (Empoli) o di Acquasparta (PG),  quella che avrebbe dovuto attirare turisti nelle restaurate Carceri feudali, arricchite da un preziosissimo museo della ceramica contemporanea, quella che avrebbe dovuto narrare la pagina storica di Masaniello, racconta invece storie della nostra diversità, frutto di….non lo so! Fate voi.

Vediamo con ordine.

Gli inserti in ceramica non furono messi, come da progetto “immodificabile” per legge, perché sembravano più attinenti con le nostre tradizioni gli inserti in pietra lavica. O.K.! E’ un’opinione che non mi trova d’accordo, ma è rispettabilissima.

Le carceri feudali, che da solo meriterebbero una visita, sono rigidamente chiuse da quando, prima delle elezioni, vi fu allestito un Museo della Ceramica Contemporanea grazie alle donazioni effettuate dai grandi artisti italiani che avevano partecipato alle varie edizioni della Biennale , vanto e prova della collaborazione tra Pro Loco e Comune. Perché? Perché non c’è personale! E il servizio civile?

La Fontana di Masaniello, acquistata a Napoli nel 1812, e sistemata prima nella “parte superiore” della piazza, per poi essere collocata ove ancora oggi si trova, deve il suo nome ad una ricerca della Principessa De Curtis, figlia di Totò. Il monumento sarebbe la fontana di Piazza Mercato davanti alla quale Masaniello arringava il popolo. Data la sua bellezza, sono stati spesi fior di quattrini per restaurarla ed offrirla agli occhi dei turisti che, nonostante la rigida chiusura di Musei e chiese, forse per bilanciare l’apertura al traffico di tutto il centro storico, ancora riempiono le strade di Cerreto. Ebbene, in tutto il mondo, non c’è fontana senz’acqua! In tutto il mondo, meno che a Cerreto ove, un pò alla volta, tutti gli zampilli sono stati chiusi. Perché? Perché i bambini giocano con la sua acqua e si bagnano. Vero!. Ma le mamme, i vigili? A questo punto, visto che ci sono i ladri, chiudiamo anche le banche e risolviamo il problema. Come pure, se eliminiamo le panchine, evitiamo che i ragazzi vi lascino i loro graffiti. Semplice, vero? Sarebbe una tipica soluzione “alla cerretese”.

Del resto, l’unicità di Cerreto si manifesta anche in altri settori: abbiamo quattro strade parallele, ma tre sono senso unico a scendere, una sola a salire, di modo che, se si chiude il Corso, come durante la festa dell’Assunta…ci vuole l’esercito per disciplinare il traffico di chi deve raggiungere la parte alta di Cerreto. E il senso unico di Via Telesina, che logica vorrebbe fosse a salire, è invece a scendere, secondo la mano sinistra, manco fossimo in Inghilterra.

Ma ora basta annoiarvi con i racconti delle nostre “diversità”, dico solo che tutto è il frutto delle nostre divisioni, dei nostri rancori, che ci stanno portando anche a litigare con Telese (ospedale) e San Lorenzello (campo sportivo), comuni concretamente amici da sempre. “L’unione fa la forza”, diceva un vecchio e saggio proverbio, ma noi a Cerreto ne conosciamo un altro: “ divide et impera”. Si, dico io, ma “imperiamo” solo a Cerreto, fuori non ci ama più nessuno.

Arch. Lorenzo Morone

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1 commento

  1. Ho letto attentamente l’articolo dell’ Arch.Morone che non conosco assolutamente. Non sono della zona, ma ho scelto di viverci 18 anni fa. Sono napoletana e non ho qui nè natali, nè parenti, nè interessi. Sono in conclusione una persona qualunque che ha scelto di vivere una dimensione diversa da quella di una grande e caotica città come la mia Napoli. Ma ho lavorato per quasi 18 anni a Cerreto in un Ufficio Pubblico che ho lasciato (per fortuna da quasi un anno) trasferendomi a Benevento. Posso dire senza ombra di dubbio che quello che dice il Sig. Morone sui cerretesi e sul paese è cosa da me constatata. Sono veramente tremendi e terribili, chiusi nei loro rancori, solitudini e imperversa tra loro la regola del sospetto…non fanno bene neanche se stai morendo !!!!! Io mi chiedo come ho fatto a resistervi tanti anni…chiusi nel loro mondo e poi religiosissimi (io sono atea) ma non per questo non rispetto i religiosi. Ma fanno delle azioni tremende e poi in Chiesa a “battersi il petto”…tipico di queste zone…insomma un bellissimo posto pieno di attrattive, che non ha nulla da invidiare a quei bei paesini della Toscana e dell’Umbria, ma con la differenza che quelle popolzioni hanno un’apertura e un senso civico molto diverso dagli abitanti di queste zone. Che peccato !!!!! Ma i comportamenti umani e la limitatezza caratteriale penalizzano molto la situazione. Ed è vero come dice l’articolo: “fuori non ci ama più nessuno”..io per prima non li amo e raccolgo sempre commenti di diniego quando mi trovo a parlare della zona in cui ho vissuto per tanti anni.
    Rosaria Fedele

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