di Angelo Mancini
La vicenda del dimissionario sindaco di Bologna, Delbono, ci fa riflettere sul diverso modo di comportarsi del sindaco bolognese e del Partito Democratico locale e nazionale rispetto al sindaco di Guardia Sanframondi e al coordinamento del locale Pd. L’ormai ex sindaco di Bologna ha ricevuto un avviso di garanzia per peculato e abusi in atti di ufficio per le vicende collegate alla sua ex segretaria e amante che lo accusa di averle pagato viaggi e dato del denaro di provenienza regionale e comunale. Lasciamo la vicenda giudiziaria alle aule e alle persone competenti in materia e occupiamoci dei risvolti politici.
Il sindaco si è dimesso con la motivazione che il bene della città è di gran lunga superiore al bene individuale. Qualcuno afferma che il passo indietro sia stato richiesto da Romano Prodi, amico e sponsor elettorale, con una telefonata molto sofferta, e dai vertici del partito nazionale, regionale e cittadino; altri optano per una risoluzione autonoma del sindaco motivata dal senso diresponsabilità istituzionale che dovrebbe sempre contraddistinguere un amministratore pubblico. In entrambi i casi possiamo notare una lettura della vicenda, e comportamenti conseguenti, diametralmente opposti alla lettura e ai comportamenti del nostro sindaco e del PD guardiese.
A Bologna il sindaco, in modo autonomo o su pressioni del partito, ha dovuto prendere atto che la situazione non era più sostenibile e che le dimissioni erano un atto dovuto per fare chiarezza politica e per dare una prospettiva di governo alla città. E così è stato, come nel Lazio dopo il caso Marrazzo.
A Guardia non c’è stata nessuna inchiesta giudiziaria, ma un grave vulnus democratico e cioè il venir meno di una maggioranza stabile. C’era solo la disponibilità dei due consiglieri di Guardia Libera di non far mancare il numero legale in consiglio comunale, ma questa soluzione esponeva l’ex maggioranza agli “umori politici” di una parte della minoranza e rendeva precario, a vista e a termine ( gennaio 2011) il prosieguo della vitaamministrativa cittadina. Di fronte a questo scenario ci saremmo aspettati che l’ex sindaco Ciarleglio mostrasse lo stesso senso di responsabilità istituzionale del sindaco di Bologna; abbiamo assistito, invece, ad una ostinata e prolungata manifestazione di “attaccamento” alla poltrona democraticamente inopportuna e indifendibile.
Ci saremmo aspettati, poi, che il PD locale si comportasse come il PD emiliano e nazionale, che invitasse il sindaco a formalizzare le dovute dimissioni vista l’impossibilità di formare una nuova e stabile maggioranza. Il coordinamento del PD guardiese ha , invece, sospeso a tempo indeterminato i consiglieri comunali del partito che, per senso di responsabilità e di dovere democratico nei confronti dei loro concittadini, dimettendosi , hanno posto fine all’anomalia democratica che si era creata. Il partito che, in situazioni più delicate e importanti, non ha esitato a “pretendere” le dimissioni dei suoi eletti , è lo stesso partito che, a dispetto della democrazia, vuole a tutti i costi conservare il potere? Siamo ragionevolmente convinti di no!
Se, allora, il comportamento del Partito Democratico nazionale è stato istituzionalmente corretto e rispettoso dei principi della democrazia, come valutare, allora, il comportamento del coordinamento locale del PD?
E’ strano: quando le ragioni sono fragili si irrigidiscono le posizioni!
Risorse correlate: Documento di espulsione dal PD